La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah/Ritorno: differenze tra le versioni

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In questo rispetto, l'atto di Dio nel dare i comandamenti è simile alle sue azioni in natura, che non sono inutili o frivole, ma si conformano alla sua saggezza,<ref>Vedi Hadad, "Natura e Torah in Maimonide" {{he}}.</ref> sebbene dobbiamo ricordarci che, mentre i comandamenti sono destinati al beneficio umano, la natura non esiste per amore del genere umano e invero conduce all'errore poiché non permette di comprendere i fenomeni naturali e fa concludere che alcune delle azioni di Dio siano inutili. La creazione è "il fare esistere tutto quello la cui esistenza sia possibile, dato che l'esistenza è indubbiamente un bene",<ref>''Guida'' iii.25 (p. 506).</ref>, vale a dire, un bene di per se stesso, senza riferimento a beneficio umano.
 
Non sempre riusciamo a penetrare fino in fondo la saggezza di Dio rispetto alla legge o alla natura. Sebbene tutti gli atti di Dio procedano dalla sua saggezza, "noi, tuttavia, siamo ignoranti di molte delle vie in cui la saggezza si trova nelle Sue opere".<ref>''Guida'' iii.25 (p. 506).</ref> Parimenti, "tutte le Leggi hanno una causa, sebbene noi ignioriamo le cause di alcune e non sappiamo la maniera in cui si conformano alla saggezza... sia a motivo dell'incapacità dei nostri intelletti sia della carenza della nostra conoscenza",<ref>''Guida'' iii.26 (p. 507).</ref> ma non perché una causa non sia rilevabile in principio. Tuttavia, anche se conosciamo la causa, ciò non ci dà una comprensione assoluta del comandamento, perché la causa non determina tutti i particolari del comandamento, che rimangono dipendenti dalla volontà di Dio.<ref>Ciò segue Funkenstein, ''Maimonides: Nature, History''. Funkenstein prende per valore nominale la dichiarazione in ''Guida'' iii.26 (p. 508) che "Le generalità dei comandamenti di necessità hanno una causa e sono stati dati per una certa utilità; i loro particolari sono ciò che è stato detto dei comandamenti che furono dati soltanto per il motivo di comandare qualcosa" (i dettagli dei rituali sacrificali forniti come esmpioesempio), e vede l'opinione di Maimonide come asserisse che un elemento di arbitrarietà deve essere presente sia nei comandamenti sia nella natura, onde dare spazio alla provvidenza divina e alla compulsione divina, dato che se le leggi della natura fossero completamente deterministiche, Dio nn avrebbe un ruolo continuativo nel mondo dopo la Creazione, e se i comandamenti fossero completamente razionalizzati, verrebbero obbediti solamente in base a quello e non per pura obbedienza alla volontà divina. Come in natura una forma non può determinare ogni particolare della sua manifestazione in materia o, come potremmo dire, il genotipo non determina ogni caratteristica del fenotipo, così l'idea o scopo del comandamento non può determinare ogni dettagli fisico del comandamento.<br/>Stern respinge questa affermazione di Maimonide come "niente di più di una cortina di fumo" ("Idea of a Hoq", 102) e reputa che la sua vera ipotesi sia che le incognite delle ragioni per i comandamenti sono sempre e solo epistemiche.Ciononostante, Stern e Funkenstein sono d'accordo sull'importanza per Maimonide del confronto tra comandamenti e natura — vedi ''supra'', [[La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah/La "Mishneh Torah" come Microcosmo#cite note-58|Capitolo 2, nota 58]].</ref>
 
In tal modo Maimonide evita due estremi ugualmente ripugnanti: l'idea aristotelica che tutto in natura fluisce dalla necessità, non lasciando spazio alla volontà di Dio, e l'occasionale opposto della scuola [[w:Kalām|mutakallimun]] della teologia islamica, la dottrina che non c'è nessuna regolaità in natura, che le percezioni di causa ed effetto sono illusorie, e che tutto ciò succede in qualsiasi momento è esclusiva materia di Dio soltanto. Parimenti, riguardo alla legge, Maimonide si muove tra la posizione di coloro che rifiuterebbero qualsiasi legge non immediatamente accessibile alla ragione, e la posizione opposta che la legge è interamente una questione di decreto divino in cui la ragione non ha alcun ruolo.