Missione a Israele/Contesti sociali: differenze tra le versioni

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[[Image:AlexanderI.jpg|thumb|right|[[w:Siclo|Siclo]] di [[w:Tiro (città antica)|Tiro]] emesso da [[w:Alessandro I Bala|Alessandro I Bala Epifane]], 152–145 p.e.v.]]
Gli ebrei in tutto l'impero e oltre, contribuivano volontariamente mezzo siclo di tassa al Tempio proprio per il supporto di questi sacrifici. "Pensare di tralasciare quei sacrifici per qualsiasi ebreo è del tutto impossibile", dice Flavio Giuseppe. La gente avrebbe "dato la propria la vita piuttosto che abbandonare quell'adorazione che erano abituati ad offrire a Dio" (''AJ'' 15.248). Anche i sacerdoti prendevano il loro mandato in maniera seria. Flavio Giuseppe riporta come, nel 63 p.e.v., quando il generale romano Pompeo aveva assediato Gerusalemme con successo, i sacerdoti continuarono a fare offerte anche mentre Pompeo prendeva d'assalto il Tempio (''AJ'' 14.65-68). "Proprio nell'ora in cui il Tempio venne preso, mentre venivano massacrati vicino all'altare, essi non desistettero mai dai riti religiosi del giorno" (''BJ'' 1.148). Ancor più incrediblmente, alla luce del più grande caos sociale ed estrema sofferenza e carestia prevalente nella città durante l'assedio finale di Tito, sia i sacerdoti che la popolazione collaborarono a continuare le offerte quotidiane quasi fino alla fine (''BJ'' 6.93-95).
 
Allora, come inseriamo questo resoconto sull'azione di Gesù nella solida testimonianza che ovunque gli ebrei sostenevano in modo straordinario il servizio del Tempio? Se con tale gesto egli stava ripudiando i sacrifici stessi, sarebbe stato del tutto unico sia tra gli ebrei e sia tra i Gentili del suo tempo: in antichità, il culto comportava offerte. Anche gli Esseni, estraniati dal sacerdozio corrente e mantenendo le distanze dal Tempio, non repudiarono i sacrifici di per se stessi: piuttosto, pensavano che il servizio dovesse essere condotto seondo le loro interpretazioni, e non vedevano l'ora di farlo una volta che Dio li avesse stabiliti a Gerusalemme. Inoltre, un tale ripudio da parte di Gesù sarebbe equivalso a rifiutare i cinque libri della Torah, dove Dio aveva rivelato a Israele i protocolli e i fini di questi sacrifici.
 
Se, tuttavia, Gesù prendeva di mira non le offerte stesse bensì il commercio nell'ambito dei recinti del Tempio – i servizi di supporto di queste offerte – cosa significava? La sua azione non avrebbe avuto un significato pratico. Allora i pellegrini, che venivano dall'Egitto o dall'Italia o da Babilonia, dovevano forse portarsi appresso i propri uccelli? Prenderli oveunque, lungo la strada? Avere le proprie scorte di sicli di Tiro, o sperare di prednerli da qualche parte durante il viaggio? E in entrambe le ipotesi, contro i sacrifici o contro i relativi servizi di supporto, anche se esaminiamo solo le testimonianze cristiane, un tale Gesù appare un un clamoroso fiasco. Quelli più vicini a lui, i suoi propri discepoli, evidentemente non capirono questa idea religiosa rivoluzionaria. Secondo le testimonianze delle lettere paoline, dei Vangeli, e degli Atti degli Apostoli, questi primi cristiani scelsero di vivere a Gerusalemme, di adorare nel Tempio, di osservare le festività, lo Shabbat, e le leggi alimentari, e di considerare la Torah quale parola rivelata di Dio. Se Gesù agì veramente e insegnò contro il servizio del Tempio, allora i suoi immediati seguaci non se ne accorsero per niente.
 
Alla luce di tutte queste considerazioni, l'opinione degli studiosi sul significato dell'incidente al Tempio è cambiata. L'attenzione si concentra non su quello che Gesù presumibilmente disse (la maggioranza degli studiosi considera le frasi prese da Isaia e da Geremia come aggiunte evangeliche), ma su quello che fece. Senza quelle linee guida scelte dai profeti e fornite dagli evangelisti, come dobbiamo interpretare il suo gesto, di rovesciare i tavoli?