Missione a Israele/Contesti sociali: differenze tra le versioni

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Gli studiosi designano il secondo tipo di impurità col termine "morale" o "spirituale" per distinguerlo dal primo. L'impurità morale ha a che fare con la natura contaminante del peccato. Tali contaminazioni, poiché si presume che siano contratte volontariamente, riguardavano esclusivamente il peccatore individuale. Il suo rimedio aveva un duplice punto centrale, che noi potremmo interpretare come "morale" e "rituale". Il rimedio morale era il pentimento, il rimedio rituale l'espiazione. Ma le prescrizioni bibliche e, possiamo immaginarci, i popoli antichi che le osservavano, le considerano due aspetti di un singolo movimento di "ritorno", di far ''ritornare'' il cuore a Dio. Era l'idea e l'attività di purificazione che univa il morale/interiore e il rituale/esteriore in un solo processo, come in effetti afferma Flavio Giuseppe riguardo a Giovanni Battista: Giovanni immergeva i penitenti per la purificazione della carne una volta che essi avevano già purificato le proprie anime con la rettitudine (''AJ'' 18.117). Attraverso l'atto interiore di pentimento il peccatore scacciava da sé l'attività contaminante; mediante purificazione ed espiazione – una qualche sorta di offerta, spesso misurata secondo i mezzi economici del peccatore – il penitente rimuoveva l'inquinamento del suo peccato dall'altare di Dio, dove si era accumulato.
 
Giovanni il Battista aveva collegato i suoi ammonimenti apocalittici e la sua chiamata al pentimento con un rituale di purificazione. Se Gesù in effetti praticava l'immersione di peccatori penitenti, come afferma il Quarto Vangelo, allora anche lui aveva fatto tale collegamento. Ma anche se non l'avesse fatto, entrambi gli uomini, quali ebrei che chiamavano i propri correligionari a pentirsi, essortavano comunque i loro ascoltatori a ritornare "alle vie del Signore" — alle istruzioni di pietà e rettitudine come enunciate dalla Torah. Parte integrante di questa istruzione erano le leggi di purezza.
 
Cioò potrebbe sembrare un'osservazione incontrovertibile. Tuttavia è stata contestata vigorosamente in molte recenti ricostruzioni del Gesù storico. Queste ricostruzioni sostengono che, come parte della sua missione a Israele, Gesù prese posizione precisamente ''contro'' le leggi bibliche di purezza. Quale che sia il contenuto morale che questi studiosi attribuiscono alla missione di Gesù – un ethos e una politica di compassione; un impegno ad egalitarismo sociale radicale; un ripudio di nazionalismo ebraico violento – le leggi di purificazione funzionano come rappresentazione del suo opposto. Valutazioni di stato, gerarchia sociale e sessuale, distribuzione ingiusta di potere che si cristallizza specialmente intorno al Tempio di Gerusalemme: le leggi di purezza ed il tipo di religione e società che supportavano, affermano questi studiosi, incarnano letteralmente tutto ciò che Gesù ricusava.
 
Tale interpretazione delle testimonianze aggiungeva una profondità morale alle rappresentazioni dell'attività di Gesù da parte degli evangelisti. Cosa fece veramente Gesù durante la sua missione? Viaggiò, mangiando insieme alla gente che incontrava e condividendone la loro tavola ("praticando commensalità"). Guarì gli infermi, spesso toccandoli. Chiamava le donne, insieme agli uomini, a ricevere il messaggio del Regno. Ad infine, nell'ultima settimana di vita, contestò la costruzione sacerdotale della corretta adorazione ribaltando i banchi dei cambiavalute nel Tempio.
 
Codificate in questa attività, sostengono questi studiosi, sono i contorni della visione di Gesù. Egli combattè congtro le stratificazioni sociali, economiche e sessuali della sua società. Di conseguenza, egli combattè anche contro i codici di purezza. Mangiando coi poveri, abbracciando gli emargfinati ed i peccatori, Gesù in effetti ignorò le distinzioni di purezza. Toccando e guarendo gli infermi – il lebbroso, il posseduto, l'emorroissa – "infranse" o "sovvertì" la legge rituale. E dimostrando il suo disprezzo per il monopolio del perdono proclamato dal Tempio con il suo sistema di sacrifici espiativi, Gesù indipendentemente proclamò il perdono del peccato, sapendo che Dio desiderava misericordia e non sacrifici.
 
In queste ricostruzioni revisioniste, il Tempio stesso si prefigura come bersaglio ultimo della critica di Gesù. Più di un semplice ''locus'' privilegiato della "elite della purezza" (cioè i sacerdoti), il Tempio secondo la sua visione sosteneva esattamente quella gerarchia oppressiva economicamente e socialmente che questo Gesù vuole minare. Irato per il suo splendore, disgustato dalla sua grandiosa prodigalità, ripugnato dal monopolio del perdono sfruttato col culto dei sacrifici, o forse allarmato dal nazionalismo belligerante che incoraggiava, Gesù simbolicamente ribaltò la funzione del Tempio – o forse dei sacerdoti – quando ribaltò i tavoli dei cambiavalute. E quindi infuriò i sacerdoti e corteggiò la propria morte.
 
Una virtù di questa interpretazione è che può unire coerentemente la missione galilea di Gesù con la sua morte giudea. Le leggi di purezza forniscono la trazione all'intero movimento della carriera pubblica di Gesù, che di conseguenza deve essere ricostruita basilarmente su linee marciane, poiché la sua azione nel Tempio è ciò che provoca la sua morte.<ref>Ricordiamoci che il Vangelo di Giovanni presenta una cronologia alquanto diversa. Il suo Gesù ribalta i banchi già al capitolo 2 e successivamente fa molti viaggi a Gerusalemme.</ref> Inoltre, concentrandosi sulle leggi di purezza, queste ricostruzioni uniscono insieme ciò che Gesù predicò col perché morì, o perlomeno con la ragione per cui i sacerdoti lo volessero morto: la sua posizione anti-purezza, messa in scena praticamente davanti a loro, minava la loro autorità e insultava il loro servizio.
 
Un'altra virtù è il modo in cui questa interpretazione chiude il divario tra il tempo di Gesù e il nostro. Un tale Gesù – amorevole, fermamente egualitario, antinazionalista – è immediatamente e confortevolmente pertinenete coi nostri interessi. Infatti, egli combatte gli stessi mali sociali che affliggono persone riflessive nel moderno Occidente: disparità economica, pregiudizio razziale e nazionale, persino il sessismo. E lo fa – terza virtù – ripudiando energicamente i codici di comportamento religioso che sono stati in gran parte insignificanti nella pratica del Cristianesimo a partire dal 70 e.v., vale a dire, le regole riguardo alla purezza e l'etichetta da seguire nell'appropinquarsi all'altare sacrificale.
 
Tuttavia questa interpretazione del materiale evangelico viene compromessa, prima di tutto, dal fallimento di pensare concretamente. Se le storie degli evangelisti su Gesù colmano il divario tra il tempo della loro composizione (c. 75-90 e.v.) e la sua missione (c. 28-30 e.v.) – presupposizione di qualsiasi ricerca del Gesù storico – allora devono essere interpretate nell'ambito del contesto sociale che pretendono di descrivere, cioè l'ebraismo del Secondo Tempio nel primo secolo. Pertanto: perché supporre che Gesù, toccando qualcuno (per esempio, il lebbroso di {{passo biblico2|Marco|5:41}}) o venendo toccato da qualcuna (la donna emorragica di {{passo biblico2|Marco|5:25}}) che era ritualmente impura, in tal modo "ignorasse" e quindi "sovvertisse" le leggi della purezza? Al suo tempo e nella sua cultura, dopo tali contatti contaminanti, Gesù avrebbe semplicemente svolto un rituale di purificazione per riacquisire purezza. Assente l'ipotesi di ostilità verso i codici di purezza, perché pensare che egli non l'avrebbe fatto o voluto fare? Parimenti, col mangiare insieme con noti peccatori e/o cambiavalute: Gesù facendo così non correva alcun pericolo di contrarre una contaminazione (morale) da tale associazione. Né tale suo comportamento doveva scandalizzare altri. Come i Vangeli rappresentano la sua missione, Gesù non disse