Missione a Israele/Paolo e Gesù: differenze tra le versioni

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umile, cavalca un asino,<br/>
un puledro figlio d'asina.|{{passo biblico2|Zaccaria|9:9}}}}
Deciso a rappresentare Gesù che adempie queste visioni profetiche alla lettera, Matteo risolutamente lo presenta che cavalca addirittura ''due'' animali, sia un'asina che un puledro, allo stesso tempo ({{passo biblico2|Matteo|21:7}}). Le masse dei pellegrini di Pesach che lo fanno sfilare a Gerusalemme lodano Gesù come Messia: "Osanna al figlio di Davide!" (v. 9), ed egli acconsente a tale acclamazione, con grande irritazione dei sommi sacerdoti e degli scribi (vv. 14-17). Seguendo Marco, il Gesù di Matteo dice ai Farisei che il Messia è superiore a Davide; egli è il Signore di Davide, non suo figlio ({{passo biblico2|Matteo|22:41-46}}). Alla luce dell'inquadramento della storia della natività da parte di Matteo, il passo qui non smentisce l'importanza della discendenza da Davide, ma piuttosto asserisce semplicemente la superiorità del Messia.
 
Il Vangelo di Matteo, in poche parole, riconosce e proclama Gesù quale Messia figlio di Davide, mentre è in vita. Il suo Gesù approva e abbraccia questa designazione pubblicamente. La tensione tra l'occultamento e la rivelazione che forma l'ironia e l'appresnione della sua fonte – Marco – scompare: Matteo nella sua storia rivela il "segreto messianico". Così fa inoltre un bel gioco di prestigio interpretativo: i particolari biografici della vita di Gesù, secondo Matteo, forniscono una definizione narrativa del termine "messia". I profeti, sostiene l'evangelista, avevano predetto un messia che avrebbe fatto ciò che ha fatto Gesù; pertanto Gesù è il Messia.
 
La familiarità della storia di Matteo non deve mascherare qui la sua creatività, o il suo risultato. Tramite la sua rappresentazione della missione di Gesù, Matteo dà una nuova definizione, precisamente cristiana, del termine "messia", sebbene la presenti come profondamente tradizionale. Da cui la sua strategia di composizione, che associa il versetto profetico all'evento biografico. La frase "questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta" viene ripetuta costantemente, sottolineando verbalmente e drammatizzando l'intero testo. Matteo quindi collega intimamente la vita di Gesù alla storia antica della salvezza di Israele.
 
Con particolari differenti, e con un'appropriazione della Septuaginta ugualmente profonda ma più sottile, il Vangelo di Luca dimostra un punto simile: anche il suo Gesù è riconosciuto come Messia Figlio di Davide mentre è in vita. L'[[w:Arcangelo Gabriele|arcangelo Gabriele]] parla a Maria, dicendole che il figlio che concepirà, il Figlio di Dio, "sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" ({{passo biblico2|Luca|1:32-33}}). In seguito il sacerdote Zaccaria, padre di Giovanni il Battista nella storia di Luca, benedice Dio "perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente ''nella casa di Davide, suo servo'', come aveva promesso
per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo" ({{passo biblico2|Luca|1:68-70}}). Alla nascita di Gesù, gli angeli annunciano ai pastori "oggi vi è nato ''nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo'' Signore" ({{passo biblico|Luca|2:11}}). Simeone lo loda come "il Cristo del Signore" ({{passo biblico|Luca|2:26-33}}). E Luca in seguito ripete la storia di Marco che narra del cieco a Gerico che chiede guarigione chiamando Gesù ''"figlio di Davide"'' ({{passo biblico|Luca|18:35-43}}). Una volta che la missione post-Risurrezione è avviata, i discepoli di Gesù regolarmente predicano che egli è/era "il Cristo" (per es. {{passo biblico2|Att|3:19-21,5:42,17:3,18:5,28}}).
 
Inoltre – del tutto differentemente da Marco, sua fonte, e da Matteo, suo contemporaneo – Luca integra Gerusalemme profondamente nella predicazione del Vangelo. Nonostante gli angeli annunciatori, Gerusalemme, non Betlemme (in ogni caso, semplice villaggio), era la "città di Davide", inneggiata come tale nei Salmi e nei Profeti. Luca quindi apre la sua storia non sulle rive del Giordano, ma a Gerusalemme, all'altare del Tempio ({{passo biblico|Luca|1:9}}). È al Tempio che i genitori di Gesù portano il neonato nelle settimane dopo la sua nascita, e dove egli viene per la prima volta riconosciuto come Salvatore ({{passo biblico|Luca|2:22}}). Lì Anna la profetessa parla intermini della "redenzione di Gerusalemme" (v. 38). La famiglia di Gesù, devoti osservanti ebrei, vanno in quella città "tutti gli anni per la festa di Pesach" (v. 41); ed il giovane Gesù, insegnando nel Tempio, vi riferisce come "la casa del Padre mio" (v. 49).
 
Luca inoltre colloca le apparizioni di Gesù post-Risurrezione a Gerusalemme e dintorni, piuttosto che in Galilea (come Marco e Matteo; {{passo biblico2|Luca|24:34-52}}). I discepoli, avendo visto il Cristo Risorto, lodano Dio nel Tempio, dove continuano ad adorare man mano che il movimento si sviluppa ({{passo biblico2|Luca|24:53}}; {{passo biblico2|Atti|3:1}}). La primissima comunità si trasferisce a Gerusalemme permanentemente ({{passo biblico2|Luca|2:12}}) e per il resto della sua storia, Gerusalemme serva da sito della chiesa madre. Per Luca, la redenzione viene letteralmente da Sion. La sua chiara enfasi sulla città è il suo modo originale di intrecciare le antiche tradizioni del Messia figlio di Davide nella sua presentazione di Gesù.
 
Tuttavia Luca usa anche un'altra idea messianica per articolare la dimensione biblica della missione di Gesù: non solo il re-messia, ma il profeta-messia. Drammaticamente, proprio all'inizio della sua predicazione in Galilea, Gesù entra nella sinagoga di Nazareth durante lo Shabbat "come era sua abitudine". Quando gli consegnano un rotolo del profeta Isaia, Gesù legge:
{{q|Lo spirito del Signore Dio è su di me<br/>
''perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione'';<br/>
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri,<br/>
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,<br/>
a proclamare la libertà degli schiavi,<br/>
la scarcerazione dei prigionieri,<br/>
a promulgare l'anno di misericordia del Signore.|{{passo biblico2|Isaia|61:1,2,58:6}}}}
Gesù poi riferisce il passo a se stesso e immediatamente invoca due episodi scritturali – Elia e la vedova di Sidone; Eliseo e Naaman il Siriano – quando Gentili, piuttosto che Israeliti, avevano ricevuto il beneficio dei poteri di un profeta ({{passo biblico2|Luca|4:14-27}}). Costruendo questa scena in tal modo, Luca combina questa idea non-davidica, il profeta-messia, con il tema (alla fine messianico-davidico) dell'inclusione dei Gentili.
Anche Giovanni e Matteo identificano Gesù come profeta. Per il quarto evangelista, questo è uno dei temi maggiori, che spesso appare insieme alle nozioni regali di messia. Pertanto in {{passo biblico2|Giovanni|6:14}} troviamo Gesù che viene acclamato dalla folla come "il profeta che deve venire nel mondo", e subito dopo egli si va a nascondere sulla montagna "sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re" (v. 15).