Missione a Israele/Paolo e Gesù: differenze tra le versioni

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E allora, Gesù di Nazareth fece miracoli? Qui io, come storico, devo soppesare la testimonianza della tradizione contro ciò che penso sia possibile in linea di principio. Non credo che Dio di tanto in tanto sospenda l'operato di quella che [[w:David Hume|Hume]] chiamava "legge naturale". Ciò che Gesù potrebbe forse aver fatto, in altre parole, deve essere conforme a ciò che penso sia possibile in ogni caso.<ref>Coloro che non hanno problemi ad accettare questi resoconti di miracoli come descrizioni fattuali e attendibili, possono saltare i prossimi due paragrafi del testo. Ma dovrebbero comunque ricordarsi che Gesù, secondo l'evidenza, non fu affatto unico nell'eseguire tali atti.</ref> Pertanto, rispondendo alla mia stessa domanda,: sì, io penso che Gesù probabilmente fece tali atti che i suoi contemporanei reputarono essere miracoli. Quelli che ho meno difficoltà ad immaginarmi che fece si conformano a quelli citati anche da Paolo: guarigioni ed esorcismi. Anche la cultura moderna ha familiarità con cure carismatiche eseguite per suggestione. Le nostre spiegazioni differiscono da quelle date da fonti antiche – dove noi usiamo il linguaggio dell'infermità psicosomatica e della suggestione, gli antichi parlavano invece di demoni e poteri speciali – ma il fenomeno osservato sembra identico.
 
Un'abilità di far guarigioni è inoltre coerente con un altro dato della missione di Gesù: egli aveva un seguito popolare, che una tale abilità aiuta a supportare (si veda {{passo biblico2|Marco|1:23-28,32,39,45}}: "Ma quegli [un lebbroso curato], allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto [di essere guarito], al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città... e venivano a lui da ogni parte"). Per includere il più possibile come storico, includerei in questa categoria anche le storie dei sinottici riguardo a Gesù che risuscita i morti. In questi casi io considero la "morte" come un tipo di coma: queste occasioni rappresenterebbero un tipo estremo di guarigione. Ma tali abilità guaritive, in un'epoca di così tanti guaritori e taumaturghi, non conferiscono a Gesù una distinzione unica: di nuovo, come vediamo negli stessi Vangeli, la stessa abilità viene conferita ad altri contemporanei. I Vangeli, piuttosto, usano questo materiale per sottolineare un punto particolare su Gesù, come vedremo fra breve. I miracoli di per se stessi non sono il punto.
 
Le altre meraviglie attribuite a Gesù – camminare sull'acqua ({{passo biblico2|Marco|6:45-52}}//{{passo biblico2|Giovanni|6:16-21}}); calmare la tempesta ({{passo biblico2|Marco|4:35-41}} e parall.); provocare una pesca miracolosa ({{passo biblico2|Luca|5:1-11}}; {{passo biblico2|Giovanni|21:1-14}}; far seccare un fico con una maledizione ({{passo biblico2|Marco|11:12-14,20-21}}; trasformare l'acqua in vino ({{passo biblico2|Giovanni|2:1-11}}; sfamare una moltitudine ({{passo biblico2|Marco|6:32-44}}) – non possono essere razionalizzate così facilmente. Io le vedo che funzionano nella tradizione più come modi di proclamare la potenza di Gesù piuttosto che testimonianze di eventi ricordati. Nell'ambito di questa categoria ci includerei la risuscitazione di Lazzaro, presente solo nel Vangelo di Giovanni. Questo Vangelo insiste che Lazzaro era morto da quattro giorni e che il cadavere già puzzava ({{passo biblico2|Giovanni|11:17,39}}). L'intero accaduto proclama il messaggio teologico dell'evangelista riguardo a Gesù: "Io sono la Risurrezione e la Vita", questo Gesù dice alla sorella affranta di Lazzaro; "chi crede in me, anche se muore, vivrà" (v. 25). Come osserva il Gesù di questo Vangelo, quando sente la notizia della malattia del suo amico, "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato" (v. 4), che è precisamente come funziona questa storia in questo Vangelo.
 
Gli stessi Vangeli sinottici pongono i miracoli di Gesù nell'ambito della più ampia cornice della sua autorità profetica: i miracoli dimostrano l'autorità di Gesù nell'annunciare la venuta del Regno. Rispondendo ad una domanda di Giovanni il Battista ("Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?"),<ref>Strana domanda, dato che Giovanni il Battista stesso aveva riconosciuto Gesù, lo aveva battezzato e gli aveva reso testimonianza, cfr. {{passo biblico2|Matteo|3}}//{{passo biblico2|Marco|1:2-8}}; {{passo biblico2|Luca|3:1-18}}; {{passo biblico2|Atti|19:4}}; {{passo biblico2|Giovanni|1:6-8,15-37}})</ref> Gesù, secondo la tradizione-''Q'', dice ai discepoli di Giovanni: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella", e poi continua parlando del Regno ({{passo biblico2|Matteo|11:2-24}}//{{passo biblico2|Luca|7:18-35}}). I miracoli confermano la potenza di Dio che entra nel presente, in preparazione dell'arrivo del Regno.
 
Qui l'interpretazione evangelica dei miracoli di Gesù fornisce un'idea del modo in cui Gesù di Nazareth stesso può averli interpretati; poiché sia i miracoli sia Gesù si collocano nell'ambito del più vasto contesto delle interpretazioni ebraiche di potenza e profezia, l'autorità di annunciare il messaggio di Dio.
 
I miracoli non devono essere quindi considerati da soli, ma insieme al messaggio morale di Gesù e la sua chiamata a prepararsi per la venuta del Regno. I miracoli non volgiono dimostrare la sua potenza personale, bensì – come per i taumaturghi della tradizione talmudica – la sua intimità con Dio, la vera fonte di tale potenza. I miracoli come opere rinforzano l'autorità della parola: incrementano e sostengono la reputazione di Gesù quale autorevole profeta del Regno:
{{q|Ma se io scaccio i demòni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio.|{{passo biblico2|Matteo|12:28}}//{{passo biblico2|Luca|11:20}}}}
I miracoli sono il mezzo, ma il Regno è il messaggio.
 
La nostra ipotesi sulla visione che Gesù stesso ha dei propri miracoli ci riporta, per altra strada, alla nostra precedente osservazione sulla sua etica perfezionista, come anche al nostro punto d'origine in questo ciclo di ricerca, vale a dire, la missione alla Diaspora e le lettere di Paolo. L'escatologia cristiana in quanto tale, distinta dalla sua matrice, l'escatologia ebraica, esprime nei suoi primi strati più fortemente apocalittici – Paolo e Marco – il paradosso tra "Ora" e "Non ancora". Il Regno di Paolo – con la Parusia del Figlio, la sconfigtta della morte, la risurrezione dei morti, e la trasformazione di vivi – sta proprio al vicino orizzonte storico; e finché tali cose non si sono realizzate, il Regno non è arrivato. Tuttavia nell'ambito della ''ekklēsia'', la svolta delle epoche in un certo senso si è realizzata. Lo Spirito si è manifestato, cosicché i Gentili-in-Cristo hanno già rinunciato ai propri idoli e riconosciuto "ilvero Dio vivente"; anche loro possono già compiere azioni carismatiche di potenza. Spiritualmente, se non fisicamente, la redenzione si è già compiuta, poiché Cristo, "la primizia di coloro che dormono", è già risuscitato dai morti ({{passo biblico2|1Corinzi|15:20}}; cfr. {{passo biblico2|1Corinzi|2:14-16,3:16}}; capp. 12-14; {{passo biblico2|Galati|4:3-9}}; {{passo biblico2|Romani|8:10-17}}, ecc.).
 
Stessa cosa per quanto riusviamo a discernere del movimento intorno a Gesù. Parlò di un Regno ancora da venire; tuttavia la misura della sua autorità come suo portavoce venne diffusa per sconfiggere il male, le malattie e la morte, in attuazione della sua propria missione mediante esorcismi e miracoli di guarigione. Coloro che accettarono sia lui che il suo messaggio di prossima salvezza – la restaurazione di Israele e la redenzione del mondo – furono in una posizione privilegiata: potevano prepararsi per un evento che sapevano imminente vivendo secondo i precetti intinsificati ed interiorizzati della Torah che Gesù predicava, rinunciando non solo al peccato (omicidio, adulterio) ma addirittura le emozioni che precedono il peccare (ira, lussuria); ripagando il male col bene ({{passo biblico2|Matteo|5:17-48}}); forse – se avessero imitato Gesù stesso – rinunciando alla falsa sicurezza dei possedimenti, abbracciando la povertà, vivendo per strada nel portare ad altri il messaggio del Regno ({{passo biblico2|Marco|6:7-13}}, specificamente per i Dodici; cfr. {{passo biblico|Marco|9:42-47,10:17-22}}, il ricco; {{passo biblico2|Luca|10:9-11}}, la commissione ai Settanta).
 
Gli insegnamenti etici perfezionisti e i miracoli, quindi, sono tutti una cosa sola, sia per la missione propria di Gesù, sia vent'anni dopo la sua esecuzione, nella Diaspora, coi Gentili di Paolo. Entrambi ''insieme'' attestano la vicinanza – ora ma non ancora – del Regno.
 
== ''"Questo è il mio corpo, che è per voi": La Cena del Signore'' ==
{{Immagine grande|The Last Supper - Leonardo Da Vinci - High Resolution 32x16.jpg|800px|L’''[[w:Ultima Cena (Leonardo)|Ultima Cena]]'' di [[Leonardo da Vinci]]}}
Il galateo comunitario difettava a Corinto. Tra le varie lamentele sul loro comportamento, Paolo cita l'irritabilità e la maleducazione: piuttosto che un evento comunitario, il pasto consumato insieme dalla ''ekklēsia'' sembrava un parapiglia generale.
 
 
 
 
== ''Il Figlio di Dio "nato dalla stirpe di Davide secondo la carne": Gesù il Cristo'' ==