Storia della letteratura italiana/Giovanni Boccaccio: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
mNessun oggetto della modifica
mNessun oggetto della modifica
Riga 77:
=== ''Ninfale fiesolano'' ===
{{vedi source|Ninfale fiesolano}}
Il ''Ninfale fiesolano'' è un poemetto eziologico di 473 ottave in cui si raccontano le origini di Fiesole e Firenze:, l'operaed è un cordiale omaggio alla città di Firenze. La composizione si colloca probabilmente tra il 1344 e il 1346, poco prima del ''Decameron''. Il giovane pastore Africo, che vive sulle colline di Fiesole coi genitori, sorpresa nei boschi un'adunata didelle ninfe di Diana, si innamora di Mensola, che, con le altre ninfe della dea, è obbligata alla castità. Vaga inutilmente a lungo alla sua ricerca. Venere, apparsagli durante il sonno, promette di aiutarlo.
 
Della sua sofferenza e delle nascoste ragioni di tale sofferenza si accorge il padre di Africo, che con grande affetto lo ammonisce a non cercare le ninfe, ricordandogli con una storia la terribile sorte che colpisce coloro che osano sfidare la dea. Africo e Mensola, però, con uno stratagemma riescono ad amarsi ede innamorarsi. La ninfa però, resasi conto del suo errore, e del rischio in cui stava mettendo se stessa e il suo innamorato, decide di sfuggirgli. Africo, disperato, si uccide e il suo sangue cade nel fiume che poi assumerà il suo nome. La ninfa però è incinta, e, nonostante si sia nascosta in una grotta, aiutata dalle ninfe più anziane, viene un giorno scoperta da Diana, che la trasforma nell'acqua del fiume che da quel giorno in poi assumerà il suo nome. Il bambino viene invece affidato ada una vecchia ninfa che lo consegnerà alla madre del povero pastore. Verrà chiamato Pruneo e sarà il reggitore della città di Fiesole, fondata da Atlante, e il capostipite di una famiglia che sarà destinata a mischiarsi con i cittadini di Firenze.
 
Verrà chiamato Pruneo e sarà il reggitore della città di Fiesole, fondata da Atlante, e il capostipite di una famiglia che sarà destinata a mischiarsi con i cittadini di Firenze. Con elegante semplicità riprende le cadenze e le formule linguistiche del "cantare" popolare toscano, a cui sovrappone fitti motivi di derivazione classica, tratti specialmente da Ovidio. Non vici èsono né allegorie né l'erudizione che caratterizza le altre opere fiorentine; non ci sono allegorie. L'amore e il desiderio sono considerati sentimenti naturali che, per contrasto, fanno apparire barbare le ferree leggi della dea Diana che impone la castità alle ninfe.
 
== Il ''Decameron'' ==
{{vedi source|Decameron}}
[[File:Waterhouse decameron.jpg|thumb|I protagonisti del ''Decameron'' in un dipinto di John William Waterhouse, ''A Tale from Decameron'', 1916, Lady Lever Art Gallery, Liverpool]]
L'opera maggiore di Boccaccio è il ''Decameron''. Lo scrittore inizia a lavorarvi subito dopo la peste di Firenze del 1348 e lo completa nel 1351. Tuttavia, sembra che molte novelle siano state abbozzate prima del 1348, anche se non è possibile ricostruire le fasi della redazione. Non sono note neanche le modalità con cui il libro fu diffuso. La IV giornata inizia infatti con un'introduzione che sembra rispondere a delle critiche: da qui nasce l'ipotesi che le prime tre giornate fossero state pubblicate a parte, prima che le altre fossero finite. Boccaccio inoltre continuerà a lavorare al testo per tutta la vita, rileggendo e revisionando le novelle. Questo è dimostrato da un importante manoscritto autografo risalente al 1370, conservato nel codice di Berlino Hamilton 1470.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=171 }}</ref>
 
Volto ad alleviare le pene amorose delle fanciulle, il ''Decameron'' contiene cento novelle, dieci al giorno per dieci giorni (da qui il titolo, dal greco ''deka'', "dieci", ed ''hemérai'', "giorni"), ognuna introdotta da una rubrica, narrate da dieci giovani rifugiati a Fiesole per sfuggire alla peste di Firenze, che fa da cornice all'intera opera. Per '''cornice''' si intende un racconto al cui interno sivengono sviluppanoinserite le cento novelle, fornendo loro un contesto. È una forma che Boccaccio riprende dalla tradizione medievale, ma che è rintracciabile anche in altre culture (si pensi alle fiabe arabe delle ''Mille e una notte'').
 
La cornice del ''Decameron'' fornisce una descrizione della peste fiorentina che l'autore ha vissuto in prima persona e da cui è rimasto sconvolto sia per l'orrore della morte sia per il decadimento di tutti i valori civici e morali dei cittadini. L'antitesi di tutto questo si rispecchia nella vicenda della brigata in fuga nella campagna attorno a Firenze, descritta come ''locus amoenus'', simbolo di rinnovamento di tutto ciò che in città stavasi andandostava perdutoperdendo. Così alla confusione fiorentina si contrappone l'ordine, che si esprime nella pianificazione delle giornate, comee neinel "governo" dei re e delle regine che a turno scelgono il tema delle novelle;. ilIl periodo di convivenza, seppur all'insegna del diletto, diviene quindi esemplare sotto il profilo etico, morale e virtuosomorale. QuestoDa èqui ilsi secondocomprendono finei dell'opera,due fini che l'utile,opera mentrevuole ilraggiungere: primoda eraun quellolato il dilettevole (ed è il fine più evidente) e dall'altro l'utile.
 
=== Struttura ===
Il ''Decameron'' ha per sottotitolo ''Prencipe Galeotto'', a indicare la funzione che il libro avrà di intermediario tra amanti (così come, nel ciclo bretone, Galeotto aveva aiutato gli amori tra Lancillotto e Ginevra).<ref>{{cita libro|autore=Giovanni Boccaccio|curatore=Vittore Branca|titolo=Decameron|editore=Mondadori|città=Milano|anno=1989|p=917}}</ref> Il titolo è invece ricalcato dal trattato ''Hexaemeron'' di sant'Ambrogio. Il libro narra di un gruppo di giovani (sette ragazzefemmine e tre ragazzimaschi) che, durante l'epidemia di peste del 1348, incontratisi nella chiesa di Santa Maria Novella, decidono di rifugiarsi sulle colline presso Firenze. Con loro si spostano anche i servitori. Per due settimane l'«onesta brigata» si intrattiene serenamente con passatempi vari, e in particolare raccontando a turno le novelle. Poiché il venerdì e il sabato non si raccontano novelle, queste sono disposte in un periodo di '''dieci giorni''' come indica in greco il titolo dell'opera: ''Ta tòn deca emeròn biblìa'', ossia ''I libri delle dieci giornate''. Quindi il libro è composto da cento novelle narrate dai dieci protagonisti, più una narrata da Boccaccio stesso nell'introduzione alla IV giornata.
 
I nomi dei dieci giovani protagonisti sono Fiammetta, Filomena, Emilia, Elissa, Lauretta, Neifile, Pampinea, Dioneo, Filostrato e Panfilo. Ogni giornata ha un '''re''' o una '''regina''' che stabilisce il tema delle novelle; due giornate però, la prima e la nona, sono a tema libero. L'ordine col quale vengono decantateraccontate le novelle durante l'arco della giornata da ciascun giovane è prettamente casuale, a eccezione di Dioneo (il cui nome deriva da Dione, madre della dea Venere), che solitamente narra per ultimo e non necessariamente sul tema scelto dal re o dalla regina della giornata, risultando così come una delle eccezioni che Boccaccio inserisce nel suo progetto così preciso e ordinato.
 
{{trama libro|titolo=Contenuto|testo=Riportiamo la suddivisione degli argomenti nelle dieci giornate, così come indicata nel ''Decameron''.
Riga 116:
 
=== Le donne, l'Amore e la Fortuna ===
Nel proemio Boccaccio fornisce una giustificazione della sua opera, definendone lo scopo e i destinatari. Le novelle del ''Decameron'' vogliono dare '''sollievo a chi soffre per pene d'amore''', e si rivolge in particolare alle '''donne «che amano»'''. L'amore a cui si riferisce Boccaccio è ancora una volta l'amore cortese, visto come sentimento nobile ed elevato. La sua è quindi una '''letteratura dilettevole''', che mira al divertimento di un pubblico molto ampio ma allo stesso tempo raffinato. Le donne, in particolare, dalla fortuna hanno avuto minori possibilità di svago. Il richiamo alla fortuna è però anche un riferimento a uno dei temi centrali del libro: la capacità di superare le avversità e di governare la Fortuna.
 
Per altro verso, il tema dell'amore ritorna in molte novelle, assumendo anche forme licenziose che generanogenerarono scandalo in parte del pubblico. Boccaccio tuttavia rivendica il diritto della letteratura a trattare tutti gli aspetti della realtà, senza costrizioni di carattere moralistico. Questo viene affermato sia nell'introduzione alla IV giornata sia nella Conclusioneconclusione dell'opera. La sua è quindi una '''letteratura laica e mondana''', differenziandosi così dalla religiosità che aveva invece caratterizzato molta parte della letteratura medievale.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Petrarca e Boccaccio | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=83 }}</ref>
 
=== La realtà mercantile ===
In accordo con l'epoca in cui fu scritto, dove sempre maggior rilievo assumeva il ruolo dei mercanti, nella società del ''Decameron'' predominano le capacità personali rispetto alla posizione sociale:. ogniOgni personaggio, anche se di bassa estrazione sociale, può riscattare se stesso con la sua intelligenza e abilità, spesso usate come strumento di affermazione personale: nasce in questo modo la beffa, una storia falsa architettata per raggiungere un'utilità pratica. Ricorrenti sono inoltre i temi del viaggio e dell'avventura e, immancabile, la denuncia della corruzione, della malvagità e dell'ipocrisia del clero, evidenziando come la profonda spiritualità della fede fosse ottenebrata da superstizione, idolatria e falsi miracoli.
 
Raramente le novelle hanno un'ambientazione puramente fiabesca. La maggior parte sono ambientate nelle contemporaneità dell'autore oppure in epoche storiche ben determinate. Boccaccio presta molta attenzione agli aspetti concreti della vita, come gli affari, l'accumulo di ricchezza, la prudenza negli investimenti e la capacità di ottenere guadagni. Guarda alla realtà senza un atteggiamento moralistico, interessato piuttosto all'intraprendenza umana.
 
Boccaccio celebra una serie di valori borghesi, che vengono corretti da virtù riprese dal mondo cortese. Ecco quindi che accanto all'industriaindustriosità e alla capacità di iniziativa trovano spazio anche la generosità, la passione per la bella vita signorile e altri valori cavallereschi. La nostalgia per il passato cortese non porta però a una contrapposizione tra passato e presente. Viene piuttosto vagheggiata una possibile fusione tra i due mondi, come se la realtà mercantile del Trecento potesse conservare le cortesie del vecchio sistema sociale medievale.
 
Questo era peraltro il proposito perseguito dalla grande borghesia fiorentina dell'epoca, di cui Boccaccio diventa cantore e interprete. I banchieri e i ricchi mercanti sentivano il fascino per lo stile di vita raffinato dell'età cortese, e cercavano di imitarlo. Allo stesso modo, l'antica nobiltà si era integrata nel nuovo ordine sociale ed economico. La grande borghesia tuttavia, una volta raggiunta una posizione sociale pari a quella dell'aristocrazia, si chiudeva e impediva la salital'ascesa delle classi subalterne. Anche questa chiusura sociale ètrova espressaspazio nel ''Decameron'': uomini delle classi inferiori dimostrano di possedere virtù cortesi, ma è completamente esclusa la mescolanza tra i ceti.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Petrarca e Boccaccio | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=84-85 }}</ref>
 
=== Lingua e stile ===
Boccaccio interviene direttamente nel testo solo in tre punti: nel proemio, nell'introduzione alla IV giornata e nella conclusione. Nel resto della narrazione segue uno stile puramente oggettivo, evitando le allusioni autobiografiche che avevano caratterizzato la sua produzione precedente.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=172 }}</ref> La lingua utilizzata è il volgare fiorentino, a volte affiancato da espressioni di altri dialetti italiani. Il suo modello è però la prosa latina, alla quale cerca di conformare il ritmo della sua prosa in volgare. Stile e registro sono molto vari, tuttavia i più utilizzati sono il comico e il realistico.
 
Anche Brunetto Latini e Dante avevano seguito la strada della latinizzazione della prosa volgare, costruendo il periodo secondo rigore razionale. Boccaccio invece tenta di unire razionalità e aderenza alle situazioni. Utilizza periodi molto ampi, che descrivono con precisione i diversi aspetti della realtà. È però anche una prosa che si compiace della propria elevazione, e che quindi può descrivere le cose mantenendo sempre un certo distacco. Allo stesso tempo è in grado di fare propri tutti i diversi livelli linguistici, dal sublime a quello più basso e concreto.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | pp=179-180 }}</ref>
 
== Opere della vecchiaia ==
[[File:Giovanni Boccaccio 05.jpg|thumb|Ritratto di Giovanni Boccaccio in tarda età, particolare da un ciclo d'affreschi dell'Antica sede dell’Artedell'Arte dei Giudici e Notai (Firenze)]]
=== Le opere umanistiche in latino ===
Negli ultimi due decenni della sua vita Boccaccio di dedica prevalentemente a studi eruditi e umanistici, scrivendo principalmente opere in latino. Tra queste ricordiamo le ''Bucolicum carmen'' (1367), una raccolta di 16sedici ecloghe pastorali ispirate a Petrarca. Sempre in latino sono scritte molte delle ''Epistole'', molto importanti per comprendere l'interesse di Boccaccio per i classici. Tra i trattati si possono citare invece il ''De casibus virorum illustrium'' (1373) e il ''De claris mulieribus'' (1362). L'opera principale di questi anni è però ''De genealogiis deorum gentilium'', un'opera di carattere enciclopedico sulla mitologia classica a cui Boccaccio lavora fino alla morte.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Petrarca e Boccaccio | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=92 }}</ref>
 
=== Gli studi su Dante ===
Molto importanteimportanti èsono anche ili suo lavoro disuoi studiostudi su Dante e sulla ''Commedia'', al cui titolo aggiunge la parola ''Divina''. Discutendo con Petrarca, Boccaccio difende il capolavoro dantesco, che addita come l'opera in grado di dare alla letteratura volgare una rilevanza e un livello equiparabili a quelli della letteratura latina. A Dante sono dedicate le ''Esposizioni sopra la "Commedia"'', frutto del ciclo di letture pubbliche che Boccaccio tiene a Firenze tra il 1373 e il 1374. L'opera in particolare contiene un commento ai primi 17diciassette canti dell<nowiki>'</nowiki>''Inferno''. A questo si affianca il ''Trattatello in laude di Dante'', diin cui ne ripercorre la biografia e la formazione culturale, poetica e spirituale. Dante diventa qui l'immagine del poeta ideale, che con il suo canto si innalza fino ai livelli raggiunti dai classici.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Petrarca e Boccaccio | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=93 }}</ref>
 
=== Il ''Corbaccio'' ===
Il ''Corbaccio'' (o ''Laberinto d'amore'') vieneè stato inizialmente datato tra il 1354 e il 1356, calcolando l'età del protagonista (quindi Boccaccio) basandosi sul passo. Viene cioè effettuato il calcolo della stesura del ''Corbaccio'' sommando quarantuno anni (viene aggiunto un anno perché è l'età alla quale non si è più in fasce) all'anno di nascita di Boccaccio. Il filologo Giorgio Padoan però espone diverse e valide critiche al metodo utilizzato per la datazione dell'opera posticipandoposticipandola al 1365 o 1366, valutando la similitudine con le altre opere di quegli anni, in particolare le ''Esposizioni sopra la Comedia''. Riguardo al titolo, il significato di ''Corbaccio'' non è mai stato del tutto chiarito,; molti studiosi avvalorano la tesi che possa provenire da ''corvo'', viste le molteplici analogie fra l'animale, che prima mangia gli occhi delle proprie vittime per poi cibarsi del cervello, e l'amore che rende prima ciechi e poi privi di senno.
 
LaSi narrazionetratta èdi un breve scritto in prosa volgare, incentratacon sullun'invettiva contro le donne. Il poeta, illuso e rifiutato da una vedova, sogna di giungere in una selva (che richiama il modello dantesco) nella quale gli uomini che sono stati troppo deboli per resistere alle donne vengono trasformati in bestie orribili: il Laberinto d'amore o il Porcile di Venere. Qui incontra il defunto marito della donna che gli ha spezzato il cuore, il quale dopo avergli elencato ogni sorta di difetto femminile, lo spinge ad allontanare ogni suo pensiero dadalle essedonne lasciando più ampio spazio ai suoi studi, che invece innalzano lo spirito.
 
Questa satira si basa in particolare sulla concezione medievale, e tutto il pensiero giovanile deldi Boccaccio viene capovolto. Soprattutto nel ''Decameron'', infatti, l'amore era visto al naturale, come forza positiva e incontrastabile e quellele opere stessedel periodo napoletano e fiorentino erano dedicate proprio alle donne, un pubblico non letterato da allietare con opere gradevoli; ora invece l'amore è visto come causa di degrado e le donne sono respinte in nome delle Muse, emblema di una letteratura più elevata e austera. Questo capovolgimento è da attribuire in particolar modo ai turbamenti religiosi propri di Boccaccio negli ultimi periodi della sua vita e il trasporto maggiore che egli ebbe per una letteratura di alto livello, i cui destinatari non potevano che essere solo ed esclusivamente dotti.
 
== Note ==