Storia della letteratura italiana/Giovanni Boccaccio: differenze tra le versioni

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Giovanni Boccaccio è il primo grande narratore italiano e le sue opere sono caratterizzate da un'esplicita consapevolezza teorica. Amico del più vecchio [[../Francesco Petrarca|Petrarca]] e grande studioso di [[../Dante Alighieri|Dante]], nella sua vita si impegnò, oltre che nella scrittura, nella costante ricerca e trascrizione di opere classiche. Nella produzione di Boccaccio si possono distinguere le opere della giovinezza (periodo napoletano), della maturità (periodo fiorentino) e della vecchiaia. La sua opera più importante e conosciuta è il ''Decameron''. Il profilo culturale di Boccaccio si delinea in tre filoni fondamentali: la tradizione medievale e i modelli cortesi, l'insegnamento dantesco e gli studi classici.
 
== La vita ==
[[File:Andrea del Castagno Giovanni Boccaccio c 1450.jpg|thumb|left|Andrea del Castagno, ''Giovanni Boccaccio'', particolare del ''Ciclo degli uomini e donne illustri'', affresco, 1450, Galleria degli Uffizi, Firenze]]
Sulla vita di Boccaccio ci rimane un'autobiografia di dubbia attendibilità: a oggi non si conoscono esattamente né il luogo né la data di nascita. Il padre, Boccaccio di Chellino, era un agente dei Bardi, una potente famiglia di banchieri fiorentini, e per motivi di lavoro soggiornava spesso a Parigi. Fino all'inizio del Novecento si è quindi ipotizzato che quella fosse la città natale dello scrittore. Studi successivi portano invece a supporre che Boccaccio sia nato tra il giugno e il luglio 1313 a Firenze oppure a Certaldo, il borgo della Val d'Elsa da cui proveniva famiglia. Sembra inoltre che fosse figlio illegittimo e che la madre fosse di umili origini.
 
Riconosciuto dal padre, che nel 1320 si sposerà con Margherita de' Mardoli, trascorre l'infanzia nella casa paterna a Firenze. Qui Boccaccio è allievo di Giovanni Mazzuoli da Strada, padre dell'amico e futuro poeta Zanobi da Strada. Nell'ambiente fiorentino Boccaccio matura una grande passione per la poesia dantesca, scontrandosi con la volontà del padre, che lo avvia agli studi per diventare mercante. Negli anni tra il 1525 e il 1528 si trasferisce a Napoli, dove l'occupazione di commesso al banco dei Bardi sollecita in lui un penetrante spirito di osservazione. La sua formazione umana va arricchendosi tra le esperienze nell'ambiente mercantile e nella corte angioina, a cui può accedere grazie all'amicizia di suo padre con Niccolò Acciaiuoli, una delle personalità più influenti nella Napoli del tempo.
 
Negli anni trenta Boccaccio, forte della solida condizione economica garantita dal padre, matura la sua vocazione letteraria. È suggestionato dalle esperienze culturali che incontravaincontra nella corte angioina, di cui può consultare i volumi della biblioteca: si appassiona alla cultura latina, alla letteratura cortese proveniente dalla Francia, all'erudizione storica. Scrive in latino ma soprattutto in volgare, lavorando a testi per la corte napoletana. Compone ''La caccia di Diana'' (forse 1334) e il ''Filostrato'' (forse 1335). Dà inoltre forma letteraria alla sua storia d'amore con Fiammetta, protagonista assoluta della sua produzione precedente al ''Decameron''. Per la donna amata, che viene presentata come una figlia del re Roberto, Boccaccio scrive il ''Filocolo'' (1336) e a lei dedica il ''Teseida'' (forse 1340-1341), il primo poema epico in volgare italiano. Nell'ambiente di corte inventa e diffonde inoltre alcuni miti sulla sua vita e le sue origini.
 
Nel 1340 torna a Firenze, a causa della crisi dei Bardi e di problemi familiari. Dalla vita gaudente che conduceva a Napoli, Boccaccio piomba nelle ristrettezze economiche. Trascorre comunque brevi periodi lontano dalla città, in cerca di una sistemazione migliore. Compone la ''Comedia delle ninfe'', l<nowiki>'</nowiki>''Amorosa visione'', l<nowiki>'</nowiki>''Elegia di Madonna Fiammetta'' e il ''Ninfale fiesolano''. Nel 1348 assiste alla peste di Firenze, che ucciderà sia il padre sia la matrigna. La descrizione del morbo sarà alla base del ''Decameron''. Proprio in questi anni, mentre è impegnato ad amministrare i beni di famiglia, Boccaccio lavora alla sua opera più importante, che vedrà la forma definitiva nel 1351.
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[[File:Casa Boccaccio.JPG|thumb|La casa di Boccaccio a Certaldo]]
 
Tra il 1355 e il 1365 Boccaccio è membro dell'ufficio «della condotta». Svolge poi nuove missioni diplomatiche: nel 1354 è ambasciatore ad Avignone presso papa Innocenzo VI; nel 1359 è per un breve periodo in Lombardia, durante una fase di distensione tra Firenze e Milano, e con l'occasione visita la biblioteca di Petrarca; nel 1365 è di nuovo ad Avignone, presso Urbano V; nel 1367 porge, a nome dei fiorentini, gli omaggi allo stesso pontefice, tornato a Roma. Persistono tuttavia le difficoltà economiche seguite alla crisi dei Bardi. Aiutato da Acciaiuoli tenta di tornare a Napoli ma le due esperienze nel regno, nel 1355 e nel 1362, si rivelano infruttuose. Come risultato della sua delusione, 1363 invieràscriverà contro Acciaiuoli un feroce ''pamphlet''. Nel 1355 era intanto morta la figlioletta Violante, una dei vari figli illegittimi che BoccacccioBoccaccio aveva avuto da diverse relazioni.
 
Continua la corrispondenza con Petrarca, a cui seguono vari incontri durante i quali i due letterati si scambiano volumi di classici. Boccaccio scrive ora opere in latino, in cui riflette con toni moralistici sulle vicende umane. Abbandona così l'idea della letteratura come diletto e inizia a scrivere opere per un pubblico dotto. Influenzato dal pacato cristianesimo dell'amico, dopo il 1350 conosce un rivolgimento spirituale, durante il quale dà ordine all'irrequietezza che aveva caratterizzato i suoi anni giovanili, prende gli ordini minori, diventa chierico e gli viene assegnata una cura d'anime. Dopo il 1360 Petrarca e Boccaccio sono ormai due protagonisti del rinnovamento culturale europeo: la casa di Boccaccio a Firenze diventa un punto di riferimento per gli intellettuali dell'epoca.
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=== ''La caccia di Diana'' ===
{{vedi source|La caccia di Diana}}
Poemetto di 18 canti in terzine, risalente a prima del 1334. Celebra in chiave mitologica alcune gentildonne napoletane. Le ninfe, seguaci della casta Diana, si ribellano alla dea ede offrono le loro prede di caccia a Venere, che trasforma gli animali in bellissimi uomini. Tra questi vi è anche il giovane Boccaccio che, grazie all'amore, diviene un uomo pieno di virtù: il poemetto propone, dunque, una concezione cortese e [[../Lo stilnovo|stilnovisticastilnovista]] dell'amore che ingentilisce e nobilita l'uomo.
 
=== Il ''Filostrato'' ===
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=== Il ''Filocolo'' ===
{{vedi source|Filocolo}}
Il ''Filocolo'' (che, secondo un'etimologia approssimativa, significa "fatica d'amore") è un romanzo in prosa e rappresenta quindi una svolta rispetto ai romanzi delle origini scritti in versi. Anche in questo caso la datazione non è agevole, ma sembra plausibile che sia stato concluso nel 1336. Boccaccio in particolare riprende una materia già trattata dalla tradizione romanza, narrata dapprima in un poemetto francese del XII secolo e poi nel ''Cantare di Fiorio e BrancifioreBiancifiore'', uno dei primi cantari toscani, forse risalente ai primi due decenni del Trecento. Boccaccio però riprende la trama ampliandola sul modello del romanzo alessandrino, moltiplicando le vicende e ricorrendo ad antefatti e digressioni.<ref name="Ferroni167" />
 
La storia ha due protagonisti, Florio, figlio di un re saraceno, e Biancifiore, una schiava cristiana abbandonata da bambina. I due fanciulli crescono assieme e da grandi, in seguito alla lettura del libro di Ovidio dell<nowiki>'</nowiki>''Ars Amatoria'' di Ovidio si innamorano, come era successo per Paolo e Francesca dopo avere letto di Ginevra e Lancillotto. Tuttavia il padre di Florio decide di separarli vendendo Biancifiore a dei mercanti. Florio decide di andarla a cercare e dopo mille peripezie la reincontra. Infine il giovane si converte al cristianesimo e sposa la fanciulla.
 
=== ''Teseida delle nozze d'Emilia'' ===
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La vicenda descrive l'esperienza onirica di Boccaccio che, sotto la guida di una donna gentile giunge a un castello, sulle cui mura sono rappresentate scene allegoriche che vedono protagonisti illustri personaggi del passato. Più in dettaglio in una stanza sono rappresentati i trionfi di Sapienza, Gloria, Amore e Ricchezza, nell'altra quello della Fortuna.
 
Inevitabile segnalare l'affinità con i pressoché contemporanei ''Trionfi'' deldi Petrarca. Inoltre la precisa descrizione degli affreschi ha permesso ad alcuni critici di identificare il castello boccacciano con Castel Nuovo di Napoli, affrescato da Giotto. Dopo essersi soffermato con sfoggio di erudizione sulle bellezze degli affreschi Boccaccio passa in un giardino dove incontra Madonna Fiammetta e tenta di abusare di lei nel sonno.
 
Il risveglio tempestivo della donna e il fatto che questa ricordi al poeta il pericolo dell'imminente ritorno della guida prevengono l'attuarsi del gesto. Di lì a poco infatti la "donna gentil" torna affermando che il poeta potrà giungere al pieno possesso dell'amata conducendo una vita improntata ai virtuosi precetti il cui apprendimento era stato scopo essenziale del viaggio.
 
L'opera ha diversi debiti nei confronti di Dante e della ''Divina Commedia'', soprattutto per quanto riguarda l'esperienza della ''Visio in somnis'' e la guida di una "donna gentil", ma va sottolineata anche la forte tendenza all'emancipazione deldi Boccaccio: mentre Dante segue in tutto e per tutto i dettami di Beatrice, Boccaccio in numerosi casi si ribella al patrocinio della guida, ad esempio nel preferire la via larga della mondanità, con le sue fatue attrattive, a quella stretta e impervia che conduce alla virtù. Il tono sublime contrasta con la comicità di certe situazioni (''in primis'' l'incontro con Fiammetta) cosicché alcuni critici hanno pensato a un intento parodistico da parte di Boccaccio nei confronti del poemetto allegorico didattico.
 
=== ''Elegia di Madonna Fiammetta'' ===
{{vedi source|Elegia di madonna Fiammetta}}
[[File:A Vision of Fiammetta by Dante Gabriel Rossetti.jpg|thumb|Dante Gabriel Rossetti, ''Visione di Fiammetta''. Andrew Lloyd Webber Collection, 1878]]
Romanzo in prosa suddiviso in nove capitoli, composto forse tra il 1343 e il 1344. Racconta di una dama napoletana abbandonata e dimenticata dal giovane fiorentino Panfilo. La lontananza di Panfilo le crea grande tormento, accresciuto dal fatto che Fiammetta è sposata e deve nascondere al marito il motivo della sua infelicità. L'opera ha la forma di una lunga lettera, rivolta alle donne innamorate; la lunga confessione della protagonista consente una minuziosa introspezione psicologica. La vicenda è narrata dal punto di vista della donna, un elemento assolutamente innovativo rispetto a una tradizione letteraria nella quale la donna era stata oggetto e non soggetto amoroso: essa non viene più a essere ombra e proiezione della passione dell'uomo ma attrice della vicenda amorosa; vi è, quindi, il passaggio della figura femminile da un ruolo passivo ada un ruolo attivo.
 
Il romanzo racconta di Fiammetta che incontra Panfilo in una chiesa e ne diviene subito amante; segue un periodo felice, interrotto dalla partenza dell'innamorato per Firenze. La vicenda continua con una successione di peripezie: inizialmente viene a sapere che Panfilo si è sposato, per cui si rassegna alla dolorosa verità; la notizia viene smentita e l'eroina scopre che il suo amato è felicemente fidanzato con una fiorentina. Presa allora dalla gelosia tenta di uccidersi, ma la nutrice glielo impedisce. A questo punto Fiammetta tenta di consolarsi rievocando amori infelici di personaggi mitici o storici, solo per scoprirsi più misera ede infelice di loro e giungere ada una rivendicazione del primato nella sofferenza. Alla fine si viene a sapere di un prossimo ritorno di Panfilo a Napoli, ed ella ritorna a sperare.
 
=== ''Ninfale fiesolano'' ===
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I nomi dei dieci giovani protagonisti sono Fiammetta, Filomena, Emilia, Elissa, Lauretta, Neifile, Pampinea, Dioneo, Filostrato e Panfilo. Ogni giornata ha un '''re''' o una '''regina''' che stabilisce il tema delle novelle; due giornate però, la prima e la nona, sono a tema libero. L'ordine col quale vengono decantate le novelle durante l'arco della giornata da ciascun giovane è prettamente casuale, a eccezione di Dioneo (il cui nome deriva da Dione, madre della dea Venere), che solitamente narra per ultimo e non necessariamente sul tema scelto dal re o dalla regina della giornata, risultando così come una delle eccezioni che Boccaccio inserisce nel suo progetto così preciso e ordinato.
 
{{trama libro|titolo=StrutturaContenuto|testo=Riportiamo la suddivisione degli argomenti nelle dieci giornate, così come indicata nel ''Decameron''.
 
* '''I giornata''' (mercoledì): «sotto il reggimento di Pampinea si ragiona di quello che più aggrada a ciascheduno»;