Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: Marina: differenze tra le versioni

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La situazione politico-militare nel Mediterraneo alla fine del decennio imponeva nuovi compiti alla Marina Militare con la Guerra dei sei giorni che aveva finito per rafforzare l'influenza sovietica su alcune nazioni arabe del Medio Oriente, con Egitto e Siria in prima fila, con il conseguente consolidamento della presenza sovietica nel Mediterraneo orientale. L'espansionismo sovietico nel bacino del Mediterraneo venne ulteriormente favorito dal colpo di stato in Libia che aveva portato al potere Gheddafi ed in tale contesto diventava crescente l'importanza della Marina Militare Italiana, per le forze della NATO che operavano nella regione, e l'entità delle risorse che la Marina Militare poteva mettere a disposizione per migliorare le capacità d'intervento dell'alleanza in caso di crisi.
 
Gli anni anni '70 si aprivano con la messa in disarmo nel 1971 dell'ammiraglia 'Garibaldi' e del 'San Marco', ex 'Giulio Germanico', mentre nel corso del decennio uscivano progressivamente di scena le corvette 'Gabbiano'. Intanto la minaccia sovietica si materializzava nella squadra del Mediterraneo ed era appoggiata da una consistente forza aerea che aveva le sue basi sul litorale nord-africano, imponendo la necessità di adeguare lo strumento navale nazionale. Il bilancio era tuttavia carente e nel 1970, dei 1.510 miliardi destinati alla Difesa l'aliquota devoluta alla Marina fu di soli 200 miliardi, a causa di concezioni strategiche che privilegiavano le esigenze delle forze aeree e di terra che operavano in difesa del confine nord-orientale.
 
Con gli esigui fondi destinati dal bilancio della difesa alla marina lo Stato Maggiore preferì concentrare le risorse disponibili sulle costruzione di nuove unità navali, limitando al massimo i lavori di ammodernamento sul naviglio in servizio. Il programma a medio termine da portare avanti con gli stanziamenti ordinari prevedeva la realizzazione di quattro fregate lanciamissili 'Lupo', due sottomarini 'Sauro', otto aliscafi 'Sparviero' una rifornitrice di squadra 'Stromboli', una nave idrografica e altro naviglio d’uso locale fra cui due rimorchiatori d’altura e dieci costieri, mentre la componente aerea sarebbe stata potenziata con la graduale acquisizione di 28 elicotteri AB 212 da destinare alle unità di navali e con dodici SH-3D destinati alle basi a terra. Le modifiche alle unità in servizio vennero limitate all'installazione sui Toti dei siluri A-184, già programmati per i battelli di nuova costruzione, e la trasformazione di dieci dragamine tradizionali in cacciamine.
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Il risultato della missione, ampiamente positivo, confermava la bontà delle scelte a suo tempo operate per l'ammodernamento della flotta[15] ma rendeva evidente l'improrogabile necessità di un terzo rifornitore di squadra.
 
Gli anni anni '90 iniziarono per la Marina Militare con un ritorno nel Golfo Persico. Dopo che era terminata nel settembre 1988 la guerra Iran-Iraq, il 2 agosto 1990 il ra‘īs iracheno Saddam Hussein invase il vicino stato del Kuwait in nome di un'antica pretesa di Baghdad di recuperare un territorio che sarebbe stato iracheno. L'invasione provocò le immediate sanzioni da parte dell'ONU che lanciò un ultimatum, imponendo il ritiro delle truppe irachene. La richiesta non conseguì risultati e il 17 gennaio 1991 iniziò la Guerra del Golfo e le navi della Marina Militare si trovarono a far parte della coalizione internazionale. Sin dall'agosto del 1990 il governo italiano deliberò l'invio delle fregate 'Orsa' e 'Libeccio', del rifornitore di squadra 'Stromboli' e di due corvette 'Minerva' a cui si aggiunsero a settembre, otto cacciabombardieri Tornado e la fregata Zeffiro. Altre unità in seguito parteciparono alle operazioni avvicendandosi alle altre, tra cui l'Audace e varie unità Lupo e Maestrale, con Orsa e Stromboli che sulla via del ritorno furono impegnate nell'evacuazione di cittadini italiani e di altri stati europei dalla Somalia. Dislocate nelle acque del Golfo Persico, le unità italiane assicurarono, in concorso con le altre Forze Multinazionali, l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, partecipando al controllo dell’embargo, conducendo azioni di controllo del naviglio sospetto e potenzialmente ostile. Successivamente, durante la fase delle operazioni militari, le unità italiane in concorso con altre forze navali contribuirono alla protezione diretta delle principali unità della forza multinazionale. Al termine delle operazioni militari poi, ripresero l’attività di embargo, partecipando allo stesso tempo alla bonifica delle acque del Golfo dai campi minati. Per questa missione, durata esattamente un anno e terminata nell'agosto del 1991, la bandiera della Marina Militare venne nuovamente decorata con la croce di cavaliere dell'Ordine militare d'Italia.
 
Successivamente la Marina Militare prese parte insieme all'Esercito e all'Aeronautica con l'invio del battaglione san Marco alla missione Ibis svolta tra il maggio 1993 e il marzo 1994 nell'ambito della missione delle Nazioni Unite UNOSOM II, che a sua volta era parte dell'operazione Restore Hope il cui compito era quella di fornire, facilitare e proteggere gli aiuti umanitari in Somalia e il monitoraggio del cessate il fuoco ottenuto con la mediazione ONU nel conflitto civile somalo nei primi anni novanta.