Missione a Israele/Dio e Israele: differenze tra le versioni

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Le leggi della purezza in entrambe le sue applicazioni, domestica e comunitaria, riceveva molta attenzione. Anche nella Diaspora, dove la distanza dal Tempio implicava che molti di questi regolamenti non avevano grande rilevanza, troviamo testimonianze che (alcuni) ebrei in linea di principio ritenevano la purezza importante. Per esempio, Filone di Alessandria, contemporaneo anziano di Gesù, cita aspersioni non bibliche eseguite per purificazione dopo un funerale o dopo rapporti sessuali; forse prima di entrare in sinagoga, e forse prima di pregare. La tendenza ebraica di riunirsi per le preghiere o di costruire case di preghiera vicino a corsi d'acqua (fiumi, spiagge; cfr. {{passo biblico2|Atti|16:13}}) potrebbe essere interpretata come espressione di tale istinto "purificatorio": l'acqua veniva universalmente considerata un mezzo di purificazione.
 
Più vicini a casa, in patria diciamo, si constata un'intensificazione ed estensione di queste leggi nelle tradizioni attribuite ai Farisei di fama evangelica. Questi interpreti laici della Legge sembra fossero preoccupati di estendere lo scopo e il dettaglio dell'ingiunzione biblica, specificamente in merito alla purezza.<ref>Si veda, ''inter al.'', J. Neusner, ''The Idea of Purity in Ancient Judaism'', ''passim''.</ref> I Farisei ritenevano tra loro, in comune, certe credenze e pratiche — Flavio Giuseppe specifica la credenza nella risurrezione, nell'autorità delle proprie tradizioni d'interpretazione (la "tradizione dei padri"), e nell'interazione tra libero arbitrio e divina provvidenza nell'esperienza umana. Ma qui come altrove, il consenso non implica mai l'unanimità. Gli studiosi laici della Torah si dividevano inoltre tra la [[w:Dispute talmudiche tra Bet Shammai e Bet Hillel|Casa di Hillel e quella di Shammai]] due saggi della generazione prima di Gesù, che dibattevano aspramente il modo giusto di adempiere ai comandamenti della Legge. Ed avevano le rispettive vedute su come anche i sacerdoti dovessero osservare le proprie leggi.
 
Non che i ranghi dei sacerdoti fossero uniti. Tutt'altro. A seguito della vittoriosa guerra di indipendenza condotta dagli [[w:Asmonei|Asmonei]] (166-142 p.e.v.), i sacerdoti della famiglia [[w:Sadoc|sadochita]], per i quali il sommo sacerdozio era una questione ereditaria, si separarono quando gli Asmonei stessi si assunsero tale carica. Una branca stabilì il proprio tempio a [[w:Leontopoli|Leontopoli]] nel [[w:Basso Egitto|Basso Egitto]]; altre trovarono modo di continuare la vocazione di famiglia stabilendo altri templi nella [[w:Samaria|Samaria]] ed in quello che oggi è la [[w:Giordania|Giordania]]. Un altro sadochita si stanziò presso una comunità di devoti separatisti sacerdotali – "i custodi del patto dei figli di Sadoc" – nel deserto giudeo fuori Gerusalemme. Nei [[w:Manoscritti del Mar Morto|Manoscritti del Mar Morto]], biblioteca della comunità, egli appare come il "Maestro di Giustizia". Il suo gruppo, gli [[w:Esseni|Esseni]], estesero le regole della purezza in maniera elaborata (cosa comprensibile, penso, date le loro origini sacerdotali), evitando l'adorazione nel Tempio di Gerusalemme (macchiato, ai loro occhi, da sacerdoti inetti) e sognando visioni apocalittiche di ricompensa in un nuovo o rinnovato Tempio, alla fine del mondo, di proporzioni gigantesche, gestito secondo la loro interpretazione della Legge.
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Quest'ultima distinzione, presa insieme alle regole della purezza, ci può assistere nella comprensione della struttura del Tempio, e del modo in cui veniva disposto lo spazio sacro. Gli ebrei consideravano la Torah come privilegio e responsabilità esclusivi di Israele (cfr. per esempio Paolo in {{passo biblico2|Romani|9:4-5}}). I suoi comandamenti, di conseguenza, incombevano solo sugli ebrei. La Torah di Dio a Israele era parte esclusiva della Sua elezione di Israele: nel linguaggio della Bibbia, gli ebrei erano un popolo che Dio aveva messo da parte per Se Stesso, "un regno di sacerdoti e una nazione santa". Rabbini successivi, nella loro ricerca di precisione interpretativa, la precisarono in modi assai pratici. Solo un cadavere ebreo, asserivano, poteva procurare impurità; un cadavere gentile/pagano non dava impurità. Parimenti, solo un contatto con fluido mestruale ebreo influenzava lo stato di purezza. Che succedeva se, camminando nei pressi di un bagno pubblico, un ebreo calpestava una macchia di fluido mestruale? Dobbiamo supporre, dicevano i rabbini, che sia fluido mestruale gentile e quindi non dobbiamo preoccuparci dell'imperità. In poche parole, i Gentili non erano soggetti ai regolamenti della purezza d'Israele. Ce ne accorgiamo dalla disposizione del Tempio: i Gentili avevano accesso alla corte più grande e più esterna nell'ambito del complesso. Per ottenere accesso alle proprie sezioni entro l'area templare, gli ebrei dovevano attraversare le folle di Gentili nella corte esterna. Se i Gentili potevano causare impurità, gli ebrei avrebbero corso il rischio di contrarlaper contatto proprio mentre andavano al sacrificio, quando dovevano preoccuparsi il più possibile di essere puri.
 
I Gentili erano quindi ammessi nella propria corte. Ed erano quindi limitati ad essa, nello stesso modo in cui le donne potevano inoltarsi solo fino alla propria area, senza poter entrare in quella degli uomini, e gli uomini potevano accedere la corte di Israele, ma non la corte dei sacerdoti, e i sacerdoti potevano servire nella propria corte, ma solo il Sommo sacerdote poteva entrare il santuario. Flavio Giuseppe descrive la corte dei Gentili affermando che era delimitata da "una balaustra di pietra, alta tre cubiti [circa 140 centimetri] e di squisita fattura. In questa, ad intervalli regolari, si trovavano lastre di pietra che ammonivano, alcune in greco, altre in latino, riguardo alla legge di purificazione, cioè che ''a nessun straniero era permesso accedere al luogo sacro'', poiché così veniva chiamata la seconda sezione del Tempio" (''BJ'' 5.193-94). Una di queste iscrizioni, rinvenuta il secolo scorso, riporta:
{{q|Nessun uomo di un'altra nazione può entrare dentro il recinto e sezione intorno al Tempio. E chiunque viene preso deve incolpare solo se stesso per la pena di morte che ne consegue.<ref>Jonathan Klawans, "Notions of Gentile Impurity in Ancient Judaism", ''Association of Jewish Studies Review 20.2 (1995):285-312; si veda inoltre il suo "The Impurity of Immorality in Ancient Judaism", ''Journal of Jewish Studies'' 48.1 (1997):1-16.</ref>}}
L'obiezione contro l'accesso dei Gentili non poteva riferirsi, come abbiamo visto, alla loro impurità: non erano infatti soggetti alle leggi di purezza che regolavano l'accesso all'altare. Il problema, piuttosto, riguardava il loro ''status'' rispetto a Israele. Israele era stato "eletto a parte" da Dio: tale è il significato di "santo" o "santificato". Così anche, per esempio, la formula pronunciata dallo sposo alla propria sposa durante la cerimonia delle nozze: "Io ti ''santifico'' a me secondo la legge di Mosè e Israele" — la sposa viene consacrata a suo marito. Il termine binario con "santo" è "comune/profano" — che è ciò che sono i Gentili, rispetto a Israele. E proprio come il sacerdote menomato era "comune/profano" e non poteva servire all'altare, stessa cosa per il Gentile: egli stava alla corretta distanza dall'altare, come la donna stava alla sua, e come l'ebreo laico alla sua. Ma un Gentile poteva avvicinarsi all'altare più di un'ebrea mestruante o di un ebreo lebbroso che, secondo le leggi di purezza d'Israele, era bandito da l'intera area templare.
 
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I calendari sono un modo estremamente efficace per costruire comunità a vaste distanze; per converso, le differenze di calendario delimitano gruppi differenti. Ne constatiamo entrambi gli effetti quando esaminiamo Israele nelle Diaspora, dove risalta specialmente l'osservanza dello Shabbat, e quando esaminiamo gli ebrei stessi, quando gruppi differenti misuravano tempi differenti. Il Tempio, e il successivo ebraismo rabbinico, per esempio, seguivano un calendario lunare, coi mesi che corrispondevano alle fasi della luna. Ma la comunità rappresentata dal documento settario chiamato ''[[w:Libro dei Giubilei|Giubilei]]'' (una parafrasi di Genesi) come anche gli Esseni usavano il tempo solare, la cui enfasi sta nel numero di giorni all'anno. Ne risultava che i calcoli delle festività nell'ambito di questi due diversi sistemi indicavano giorni diversi. Tuttavia, nonostante le discrepanze, tuitti igruppi seguivano i dettami biblici nel determinare e osservare i tempi e le stagioni — Yom Kippur nel decimo giorno del settimo mese dell'anno ({{passo biblico2|Levitico|16:29}}); la Pesach nel quattordicesimo giorno del primo mese ({{passo biblico|Levitico|23:5}}); Shavuot/Pentecoste, cinquanta giorni dopo ({{passo biblico|Levitico|23:15}}); il festival delle trombe che segnava il primo giorno del settimo mese (settembre/ottobre, che corrisponde a Rosh Hashanah, {{passo biblico2|Levitico|23:24}}); Sukkot/Capanne, il quindicesimo giorno del settimo mese ({{passo biblico|Levitico|23:33}}).
 
Questi giorni di convocazione santa e di assemblea solenne, come Dio le chiama in Levitico, formavano l'anno ebraico. Nell'ambito della terra di Israele – unico scenario contemplato dalla Torah – agli Israeliti maschi veniva specificamente ingiunto di radunarsi per presentare offerte: al tempo di Gesù, naturalmente, ciò significava il Tempio di Gerusalemme. Gli ebrei che vivevano fuori del territorio – la maggioranza al tempo di Gesù – svilupparono varie improvvisazioni per compensare o sostituire l'adorazione al Tempio: un esempio potrebbe essere, la ripetizione di preghiere durante i tempi approssimativi delle offerte al Tempio, negli ambienti comunitari della sinagoga. Oppure si faceva un pellegrinaggio dalle terre della dispersione durante le festività. O, più concretamente, si contribuiva il mezzo siclo annuale della tassa del Tempio – obbligatoria per gli Israeliti maschi residenti nella Terra d'Israele, ma volontaria nel periodo del Secondo Tempio per coloro che ne stavano fuori – che veniva assegnato alle spese generali del Tempio, specialmente per i sacrifici a nome della comunità che venivano offerti nello Shabbat e durante le festività. Pertanto, il tempo sacro condiviso dava la possibilità, culturalmente e religiosamente, di abbreviare la distanza tra Gerusaleme – spazio sacro – e tutte le altre località.<ref>Per una particolareggiata analisi del periodo di Gesù, si veda E. Sanders, ''Jewish Law from Jesus to the Mishnah'', partic. pp. 29-41, 131-254 (Farisei), 258-71 (Diaspora).</ref>
 
Il legante temporale ultimo per la vita, la famiglia e la comunità ebraiche, era lo Shabbat. Qui le testimonianze sia dalla Diaspora sia dalla Terra d'Israele è fuori discussione. Lo Shabbat fu una delle pratiche ebraiche che gli scrittori pagani commentarono più frequentemente; e abbiamo testimonianze in tutto l'impero delle leggi speciali che esentavano gli ebrei dal servizio militare, o dal testimoniare in tribunali, a causa del loro obbligo ad osservare lo Shabbat. Come dimostrano le storie dei Vangeli, c'era un notevole spazio interpretativo nel definire cosa significasse "osservare lo Shabbat". Ma il principio di osservare lo Shabbat stesso non era in discussione: era, come Dio aveva detto nel Libro dell'Esodo...
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Ma questo Dio che crea non è un essere supremo generico, che sta in un qualche rapporto vagamente causale rispetto a tutto il resto. Il Dio Unico era specificamente il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Lo stesso Dio che aveva fatto i cieli e la terra e tutto ciò che vi stava era anche interessato ai particolari della vita matrimoniale di Israele, all'educazione dei loro figli, alle loro giuste misure e tribunali imparziali. Più specificamente, Egli era il Redentore di Israele, che realizzava la Sua promessa ad Abramo liberando il suo popolo dalla schiavitù in Egitto. Il Dio di tutta la Creazione era, allo stesso tempo, il Dio della storia ebraica.
 
Questo tema verrà ripetutamente sottolineato dalla stessa storia biblica, invocata per l'osservanza domestica e comunitaria dello Shabbat, e ricordata durante ciascuna della Festività principali, che vennero associate a momenti specifici nella creazione del popolo di Israele: Sukkot, quando Israele viveva in capanne nel deserto; Shavuot, quando Israele ricevette la Legge al Sinai; e soprattutto, Pesach, con la liberazione del popolo dall'oppressivo dominio straniero. Pertanto, proprio come l'ebraismo non faceva distinzioni tra comportamento "secolare" e "religioso" o tra "etica" e "rituale" – entrambi erano soggetti a interesse e direttiva divini; Dio specifica con pari insistenza come prendersi cura dei poveri e come adorare al Suo altare – così non c'era una netta distinzione tra il "religioso" ed il "nazionale". Le convocazioni festive che radunavano insieme grandi folle a celebrare la redenzione di Israele da parte di Dio, poteva benissimo includere sia fini che potremmo considerare politici che quelli spirituali. Non c'è quindi da meravigliarsi che, una volta che la Giudea venne sotto il controllo diretto delle autorità romane, il prefetto portasse le sue truppe da Cesarea a Gerusalemme. E che il luogo sorvegliato più attentamente fosse il Tempio stesso, dove i soldati stavano a sentinella sul tetto del colonnato, a sorvegliare dall'alto gli ebrei ammassati sotto di loro.
 
 
 
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== Note ==
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{{Avanzamento|75100%|21 novembre 2020}}
[[Categoria:Missione a Israele|Dio e Israele]]