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{{Storia della letteratura italiana|sezione=6}}
Il [[../Romanticismo|Romanticismo]], nonostante la sua affermazione
== La vita ==
[[File:Giosuè Carducci2.jpg|thumb|left|Giosuè Carducci]]
Nel 1859
Nel 1870 Carducci
== Poetica e pensiero ==
[[File:Amicipedanti.jpg|thumb|Gli Amici pedanti: Torquato Gargani, Giosue Carducci, Giuseppe Chiarini. Manca Ottavio Targioni Tozzetti]]
L'amore per la patria al di sopra di tutto: se si comprende a fondo questo motto la poetica carducciana risulta già spiegata nelle sue linee essenziali. Si aggiunga un innato amore per il bello, per la natura, un'incondizionata adesione alla vita nelle sue espressioni più genuine, e il quadro potrà dirsi completo. Le scelte di campo contingenti, i diversi schieramenti politici e ideologici cui dovette aderire nel tempo, sono solo una conseguenza del suo carattere schietto e impermeabile a ogni forma di doppiezza, e non contengono al loro interno alcuna contraddizione.<ref>{{cita libro | autore=Benedetto Croce
Per questo con Carducci si ebbe una reazione al tardo romanticismo (Giovanni Prati, Aleardo Aleardi, Francesco Dall'Ongaro), perché il raggiungimento dell'unità nazionale richiedeva forza e virilità, non l'abbandono a svenevoli malinconie. In particolare la sua reazione vide il ritorno ai classici e la ricerca di una lingua che avesse dignità letteraria. La poetica romantica andava sempre più declinando verso una tenerezza piagnucolosa, verso il facile sentimentalismo e una sorta di languore del tutto contrari all'impetuoso temperamento carducciano, volto a ristabilire attraverso l'esempio antico un modello di società in cui regnino la giustizia e la libertà.<ref>{{cita libro | autore=Francesco Flamini
La poetica
Dei francesi trascurò quelli saliti alla ribalta negli anni della sua giovinezza; non si entusiasmò quindi per Hippolyte Taine o Gustave Flaubert, tanto per estrapolare due nomi soltanto dalla nutrita schiera di pensatori positivisti o scrittori naturalisti che avranno in Émile Zola l'esponente più maturo e culminante. Al contrario, gli ardori carducciani portavano il giovane
[[File:Giosuè Carducci1.jpg|thumb|left|Giosuè Carducci negli anni settanta dell'Ottocento]]
Il sentimento della vita, con i suoi valori di gloria, amore, bellezza ed eroismo, è senza dubbio la maggior fonte d'ispirazione del poeta, ma accanto a questo tema, non meno importante è quello del paesaggio. Un altro grande tema dell'arte carducciana è quello della memoria che non fa disdegnare al poeta vate la nostalgia delle speranze deluse e il sentimento di tutto quello che non c'è più, anche se tutto viene accettato come forma della vita stessa. La storia, però, governata da una legge imperscrutabile procede verso il meglio, ed è attraverso la lezione dei classici prima, dei Comuni medioevali e del Risorgimento poi, che il presente deve esprimere una società migliore.<ref>{{cita libro | autore=G. Bertoni | titolo=La lingua poetica di Giosue Carducci | pp=98-100}}</ref>
La costruzione della poesia
Il suo spirito fu veramente erede del primo Romanticismo, da cui riprese l'amore della libertà, la fede pugnace negli ideali, l'esaltazione gloriosa della storia medievale, la contemplazione commossa e nostalgica della natura, il rimpianto dei sogni giovanili, la pensosa meditazione sul destino umano e sulla morte. Non manca però anche un evidente legame con la cultura del positivismo: fiducia nella ragione, nella scienza e nel progresso, negazione di ogni prospettiva metafisica ed escatologica. Bisogna tuttavia prestare molta attenzione circa il rapporto tra Carducci e la religione. Parlare di un Carducci ateo o antireligioso sarebbe un grave errore. Dopo la formazione cattolica ricevuta in famiglia e presso gli Scolopi, il poeta assunse un atteggiamento estremamente aggressivo nei confronti della Chiesa e dei preti, ma ciò fu dovuto ad altri motivi, e potrebbe essere paradossalmente addirittura assunto a prova della sua profonda religiosità e di una naturale affinità con l'insegnamento di Cristo: insegnamento che vedeva sbeffeggiato proprio da coloro che lo predicavano. La Chiesa era contraria alle ideologie risorgimentali e alla Rivoluzione Francese, e in virtù dell'alleanza con gli austriaci predicava una morale della rinuncia che costituiva un chiaro ostacolo sulla via dell'unità nazionale. In quanto tale Carducci, naturalmente innamorato dell'energia vitale dell'uomo, oltre che della storia d'Italia, non poté che avversarla.<ref>{{cita libro | autore=Giuseppe Basilone
▲La costruzione della poesia del Carducci fu di ampio respiro, spesso impetuosa e drammatica, espressa in una lingua aulica senza essere sfarzosa o troppo evidenziata. Carducci sentì vivamente il clima di fermo impegno morale del Risorgimento e volle, in un momento di crisi di valori, far rinascere quella forza interiore che aveva animato le generazioni del primo Ottocento. La ricostruzione storica per i romantici era pretesto di esortazione all'azione, mentre per lui è solo ripensamento nostalgico di un tempo eroico che ormai non c'è più (per esempio esalta la civiltà romana in ''Dinanzi alle terme di Caracalla'' o gli ideali del libero Comune medievale ne ''Il comune rustico''. Nel componimento ''Nell'annuale della fondazione di Roma'' mostra il suo spirito retorico, come nel verso "cantici di gloria di gloria correran per l'infinito azzurro").
I motivi per cui Manzoni ammirava Virgilio o Orazio erano del tutto simili, e anche se sulla pagina scritta il giovane Giosuè si scagliò contro il romantico per antonomasia, i due professavano in realtà la stessa cosa.<ref>{{cita libro | autore=Alfredo Galletti | titolo=L'opera di Giosue Carducci. Il poeta, il critico, il maestro | città=Bologna | editore=Zanichelli | anno=1929 | volume=I | pp=85-86}}</ref> Uno la poneva sul piano cristiano-cattolico, l'altro su quello pagano, ma gli obiettivi che si prefiggevano e che davano all'arte erano affatto sovrapponibili. Passati i fermenti storici e quelli della gioventù, lo stesso Carducci poté riconoscerlo in ''A proposito di alcuni giudizi su A.Manzoni'' (1873). Si rese anche conto di come il furore giovanile l'avesse portato ad associare clericalismo e spiritualità, Chiesa e idea di Dio. Certo non si autodefinì mai credente nel senso tradizionale, ma ciò accadde perché gli ideali carducciani, in fondo, sono rimasti immutati durante tutta la sua esistenza, e in realtà non riuscì mai del tutto a distinguere la Chiesa dai suoi ministri. Carducci non fu mai contro il divino, contro Dio. Basti pensare alle composizioni giovanili, o, esempio ancor più lampante, alle parole rivolte nel 1889 agli studenti dell'università di Padova: «Il Dio dell'amore e del sacrificio, il Dio della vita e dell'avvenire, il Dio delle genti e dell'umanità è in noi, con noi e per noi».<ref>«Confessioni e battaglie», in ''Opere'', XIII, serie II, p. 339.</ref>▼
▲La Chiesa era contraria alle ideologie risorgimentali e alla Rivoluzione Francese, e in virtù dell'alleanza con gli austriaci predicava una morale della rinuncia che costituiva un chiaro ostacolo sulla via dell'unità nazionale. In quanto tale Carducci, naturalmente innamorato dell'energia vitale dell'uomo, oltre che della storia d'Italia, non poté che avversarla.<ref>Giuseppe Basilone, Guida allo studio dell'opera letteraria di Giosue Carducci, Napoli, Federico & Ardia, 1953, pp.20-24</ref> La missione morale e civile da lui affidata alla poesia, la necessità di conformare la propria vita a quanto predicato artisticamente e la profonda convinzione di un imperscrutabile motore della Storia (evidente più che mai nelle ''Odi barbare'') sono però in totale sintonia con lo spirito cristiano, oltre che con gli amatissimi modelli classici.<ref>Alfredo Galletti, ''L'opera di Giosue Carducci. Il poeta, il critico, il maestro'', Bologna, Zanichelli, 1929, vol. I, pp.85-97</ref>
▲Si rese anche conto di come il furore giovanile l'avesse portato ad associare clericalismo e spiritualità, Chiesa e idea di Dio. Certo non si autodefinì mai credente nel senso tradizionale, ma ciò accadde perché gli ideali carducciani, in fondo, sono rimasti immutati durante tutta la sua esistenza, e in realtà non riuscì mai del tutto a distinguere la Chiesa dai suoi ministri. Carducci non fu mai contro il divino, contro Dio. Basti pensare alle composizioni giovanili, o, esempio ancor più lampante, alle parole rivolte nel 1889 agli studenti dell'università di Padova: «Il Dio dell'amore e del sacrificio, il Dio della vita e dell'avvenire, il Dio delle genti e dell'umanità è in noi, con noi e per noi».<ref>«Confessioni e battaglie», in ''Opere'', XIII, serie II, p. 339.</ref>
== Produzione poetica ==
Non è sempre facile seguire lo sviluppo della poesia
* ''Juvenilia'' in sei libri (1850-1860)
=== ''Juvenilia'' ===
{{vedi source|Juvenilia}}
La prima raccolta di liriche
In seguito a questa prima esperienza
▲In seguito a questa prima esperienza il Carducci, che nel frattempo aveva allargato i suoi orizzonti culturali con le letture di Hugo, Barbier, Shelley, Heine e Von Platen, assorbe le esperienze della poesia romantica europea e le ideologie di tutti quei movimenti democratici nati dalla rivoluzione francese diventando acceso repubblicano e mazziniano. Nasceranno in questo periodo di grande fervore ideologico ''Giambi ed Epodi'' che seguono il noto ''Inno a Satana'' e si intrecciano con le poesie di ''Levia Gravia''.
=== ''Levia Gravia'' ===
{{vedi source|Levia Gravia}}
Nella seconda raccolta, ''Levia Gravia'' (1861-1871), che accosta nel titolo due plurali senza congiunzioni come era nell'uso classico, vengono raccolte poesie di poca originalità, di imitazione e spesso scritte per particolari occasioni secondo l'uso della retorica. In molte di queste poesie si avverte la delusione di chi ha visto il compiersi dell'unità d'Italia. Tra le poesie maggiormente riuscite vi è ''Congedo'', dove si vive lo stato d'animo nostalgico di chi ha visto la giovinezza tramontare, mentre importante dal punto di vista storico è ''Per il trasporto delle reliquie di U. Foscolo in S. Croce '' e politicamente significativo il canto ''Dopo Aspromonte'', dove viene celebrato un Garibaldi ribelle e fiero.
=== ''Giambi ed epodi'' ===
{{vedi source|Giambi ed epodi}}
[[File:Giambi ed epodi.jpg|thumb|''Giambi ed epodi'', edizione del 1921]]
La raccolta intitolata ''Giambi ed epodi'' (1867-1879) viene citata dalla critica come il libro delle polemiche. In essa, pur non essendoci ancora la vera poesia carducciana, si coglie tutta la passione del poeta e vi sono tutti, anche se non ancora affinati, i temi della sua poesia. Si avverte nel titolo il desiderio di riproporre l'antica poesia polemico-satirica, come quella greca di Archiloco e quella latina di Orazio che nel suo ''Libro di epodi'' si ispira al poeta-soldato. In ''Giambi ed epodi'' vi è l'esaltazione dei grandi ideali di libertà e giustizia, il disprezzo per i compromessi dell'Italia unificata, la polemica contro il papato e contro molti aspetti di costume della vita italiana.
=== ''Rime nuove'' ===
{{vedi source|Rime nuove}}
Nella raccolta ''Rime nuove
=== ''Odi barbare'' ===
{{vedi source|Odi barbare}}
''Odi barbare'' è una raccolta di cinquanta liriche scritte tra il 1873 e il 1889. Rappresenta il tentativo da parte del Carducci di riprodurre la metrica quantitativa dei Greci e dei Latini con quella accentuativa italiana. I due sistemi sono decisamente diversi, ma già altri poeti prima di lui si erano cimentati nell'impresa, dal Quattrocento in poi, su tutti [[../Leon Battista Alberti|Leon Battista Alberti]], Gabriello Chiabrera e
Nella raccolta non si trovano quindi forme metriche tipiche della tradizione italiana, come sonetti, canzoni e canzonette. Piuttosto, il poeta ricorre a metri classici come la strofe saffica e alcaica o il distico elegiaco. Questa scelta ricercata e colta distingue Carducci dai poeti suoi contemporanei, cioè sia da quanti erano rimasti legati alle forme tradizionali, con risultati banali, sia da chi, come gli [[../Scapigliatura|scapigliati]], cercava una nuova poesia influenzata dalle poetiche del naturalismo e del positivismo. Allo stesso tempo, vuole però anche sollecitare il pubblico a non adagiarsi sulle forme consuete, sensibilizzando verso una poesia più raffinata. Lo stile carducciano ebbe grande influenza nella cultura italiana: diffuse infatti un gusto per la classicità preziosa che si ritrova, per esempio, in certe forme del liberty italiano e in alcuni componimenti di [[../Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]].<ref>{{cita libro | autore=Alberto Asor Rosa | titolo= Storia europea della letteratura italiana | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2009 | vol=III. ''La letteratura della Nazione'' | p=71 }}</ref>
Predomina nelle ''Odi barbare'' il tema storico e quello paesaggistico con accenti più intimi, come nella poesia ''Alla stazione in una mattina d'autunno''. E ancora una volta i temi fondamentali della poesia carducciana sono gli affetti familiari, l'infanzia, la natura, la storia, la morte accettata con virile tristezza come nella poesia ''Nevicata''.
=== ''Rime e ritmi'' ===
{{vedi source|Rime e ritmi}}
Nella raccolta ''Rime e ritmi'' (1889-1898), formata da 29 poesie, le composizioni in metrica tradizionale si affiancano a quelle in metrica barbara, come sottolinea lo stesso titolo; in esse vengono ricapitolati i motivi già presenti nelle precedenti opere, non senza delle interessanti novità. Se le odi storiche e celebrative, da ''Piemonte'' a ''Cadore'', un tempo famose, non incontrano più il gusto dei lettori moderni, alcune altre liriche godono oggi di una notevole fortuna, mostrando un Carducci più intimo e sensibile ai cambiamenti di gusto che segnano la fine dell'Ottocento. Molto apprezzate, in particolare, sono le liriche che vanno sotto il nome di ''Idillii alpini'', ossia ''L'ostessa di Gaby'', ''Esequie della guida E. R.'', ''In riva al Lys'', ''Sant'Abbondio'' e l'''Elegia del monte Spluga'', alle quali va aggiunto l'incantevole ''Mezzogiorno alpino''. ''Presso una Certosa'' è invece una sorta di testamento ideale, nel quale, di fronte alla morte, Carducci riafferma la sua fede nei valori della poesia. Significative sono anche le tristi elegie ''La moglie del gigante'' e ''Jaufré Rudel'' (Jaufré Rudel).
▲=== ''Della canzone di Legnano'', parte I (''Il Parlamento'') (1879) ===
{{vedi source|Canzone di Legnano}}
Fa parte a sé ''Il Parlamento'', frammento de ''La canzone di Legnano'' che è senza dubbio uno dei capolavori del Carducci e dove si trova l'ispirazione maggiore delle maggiori raccolte. È la prima parte di quello che doveva essere un lungo componimento patriottico; fu iniziata nel 1876 e completata nel 1879, anno in cui fu anche pubblicata per la prima volta. Le altre due parti, dedicate rispettivamente alla battaglia di Legnano e alla fuga di Barbarossa, furono solo abbozzate e ne rimane un frammento risalente al 1900. Carduci da qui voce alle sue idee democratice e socialiste e il proprio spirito libertario, che vengono riversati su questo episodio della storia medievale.
== Produzione storico-letteraria ==
Carducci svolse un'intensa attività di docente, critico e storico della letteratura. Scrisse vari saggi critici, tra cui ''Della varia fortuna di Dante'' (1866-1867), ''Dello svolgimento della letteratura nazionale'' (1868-1871), ''Storia del «Giorno» di Giuseppe Parini'' (1892), ''Dello svolgimento dell'ode in Italia'' (1902). Accanto a questi, si devono ricordare anche le edizioni critiche di classici come il ''Canzoniere'' di Petrarca (1899), le ''Odi'' di Parini (1858), le ''Stanze'' di Poliziano (1863). In tutte queste opere traspare l'atteggiamento antistoricistico di Carducci, che si collocava in una posizione esplicitamente contrapposta a quella di [[../Nascita della storiografia letteraria|De Sanctis]]. L'inquadramento storico, nei suoi scritti, si limita a considerazioni sulle scelte stilistiche e retoriche adottate dai diversi autori.<ref>{{cita libro | autore=Alberto Asor Rosa | titolo= Storia europea della letteratura italiana | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2009 | vol=III. ''La letteratura della Nazione'' | p=67 }}</ref> La critica carducciana guarda infatti principalmente al testo poetico e al modo in cui i poeti costruiscono le loro opere.<ref name="Ferroni783">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=783 }}</ref>
Il poeta-professore scrisse anche opere di polemica, intervenendo non solo su temi letterari, ma anche politici e ideologici, con una prosa che mescola ironia, invettiva e ricordi di episodi autobiografici. Gli scritti di questo tipo, pubblicati su varie riviste, furono infine raccolti nel volume ''Confessioni e battaglie'' (1884). Da non dimenticare poi il ricco epistolario carducciano, nel quale spiccano le lettere d'amore con Carolina Cristofori Piva.<ref name="Ferroni783" />
== Note ==
== Altri progetti ==
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[[Categoria:Storia della letteratura italiana|Carducci]]
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