Chimica forense/Applicazioni: differenze tra le versioni
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[[File:EB1911 - Fibres - Fig. 11.jpg|thumb|Fibre viste al microscopio ottico]]
Le fibre sono una tipologia di campione analizzabile tramite metodi di microscopia e di spettroscopia. Esistono però altri metodi utilizzabili che si basano ad esempio sulla solubilità e sul punto di fusione, ma non trovano un largo impiego dal momento che sono distruttivi nei confronti del campione e com'è già stato detto, in ambito forense vengono fornite pochissime quantità di campione per conseguire l'analisi. Per questo e visto che si tratta di metodi più qualitativi, si tende
L'analisi strumentale viene sfruttata per determinare la composizione polimerica alla base delle fibre. Per farlo viene sfruttata la loro diversa tendenza a reagire con lo strumento utilizzato; a tale scopo è spesso utilizzato il FTIR o l'accoppiata
Analizzare i colori è uno dei metodi più caratterizzanti quando si ha a che fare con le fibre. Le fibre vengono colorate industrialmente con coloranti o con pigmenti: i coloranti sono sostanze organiche che presentano una proprietà molto importante al fine analitico, ovvero l'assorbire e riflettere una determinata lunghezza d'onda della luce visibile. I pigmenti invece sono molecole che presentano una scarsa solubilità in acqua, vengono solitamente incorporate all'interno della fibra o vengono legate sulla sua superficie nel momento della fabbricazione. <br>
Per la determinazione dei pigmenti o dei coloranti vengono utilizzati principalmente tre metodi: esaminazione visiva, analisi chimica e analisi strumentale. Essendo il primo un metodo qualitativo non verrà trattato.
Il metodo più utilizzato a tale scopo in chimica forense è l'analisi spettrofotometrica nel range UV-vis. Si usa uno microspettrofotometro (MSP)
Nel caso in cui non si possano usare metodi spettroscopici per eseguire la determinazione dei coloranti si possono sfruttare dei metodi chimici. Questi prevedono l'estrazione del colorante e successivamente lo si caratterizza tramite l'identificazione della sua struttura chimica. A questo scopo viene molto usata la cromatografia su strato sottile (TLC); essendo però una tecnica distruttiva nei confronti del campione, quando si può si opta sempre per metodi spettroscopici. <br>
Una tecnica molto utilizzata, in particolar modo in Europa, è la spettroscopia Raman. Con questa tecnica è possibile rivelare, oltre ai polimeri costituenti le fibre, anche la concentrazione di colorante presente con un LOD molto buono (0
== Pittura ==
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[[File:Multicolored tempera paints.jpg|thumb|left|Pitture multicolore]]
Le vernici, come già detto nel capitolo apposito, sono miscele omogenee complesse formate da composti organici
Quando si ha un campione di vernice il primo procedimento analitico prevede che questo venga osservato con un microscopio che consenta di eseguire un ingrandimento di almeno 10 - 80 volte <ref> Siegel, pag. 95 </ref>. Già in questa prima fase è possibile escludere dei campioni se presentano una superficie diversa rispetto al campione prelevato sulla scena. A questo punto si sfrutta l'applicazione di equipaggiamenti più sofisticati, ad esempio la luce trasmessa, il campo chiaro, il campo scuro, la fluorescenza o addirittura il microscopio a luce polarizzata per permettere all'operatore di indagare ulteriori differenze altrimenti impercettibili tra i vari campioni. Per esempio, se si utilizza il microscopio a luce polarizzata è possibile differenziare diversi
Per analizzare campioni di vernici si può sfruttare la spettrometria infrarossa; si tratta di una tecnica utile
Per ottenere più informazioni si può utilizzare la spettrometria Raman che consente di discriminare più componenti rispetto alla spettrometria IR. Ad esempio con la Raman è possibile discernere due forme differenti dell'ossido di titanio (anatasio e rutilio) cosa non possibile con uno spettro IR che li vedrà come un unico picco. Un
Un'altra tecnica spesso utilizzata per analizzare questo tipo di campioni è il SEM-EDX. Anche se molto costosa, presenta numerosi punti di forza; quello più degno di nota è sicuramente dovuto al fatto che fornisce un'immagine del campione, anche se non fornisce informazioni relativamente ai colori, permette comunque di mettere in risalto gli strati interni cosa molto difficile se non impossibile da vedere con un microscopio. Se poi si utilizza la BSE è possibile ricavare informazioni sugli elementi presenti. Grazie a questa tecnica è possibile anche individuare i cluster di pigmenti e possono essere analizzati e guardati grazie agli enormi ingrandimenti che è possibile fare con il SEM. Un secondo punto di forza è la sua impareggiabile praticità nell'analisi elementare dei campioni di taglia forense. L'elevato LOD del SEM rende possibile l'analisi di una regione più vasta di campione rispetto ad altre tecniche (ICP o XRF ad esempio) per identificare gli elementi presenti in elevata abbondanza e poi è possibile ingrandire in determinate zone di interesse e ottenere l'analisi elementare di quel punto.
Un'altra famiglia di tecniche che si possono utilizzare per analizzare tali campioni sono le tecniche pirolitiche. Con queste il campione viene portato a temperature elevate in un'atmosfera di totale assenza di ossigeno per poi campionare e analizzare i vapori prodotti usando lo spettrometro di massa oppure la spettrometria infrarossa. Il vantaggio della Py-GC-MS è che con la pirolisi vengono prodotte molecole con composizione sempre abbastanza costante, rendendo questo metodo riproducibile. Il più semplice pirogramma che si può ottenere dall'analisi di una vernice è quello dato solo dalle resine acriliche; questo
Per l'analisi dei colori è molto utilizzata la MSP come metodo diretto. Come metodo indiretto invece si può utilizzare la
== Incendio ==
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[[File:Kyoto animation arson attack 1 20190721.jpg|thumb|Incendio doloso a Kyoto]]
Un'analisi sui detriti rinvenuti in seguito
Nel momento in cui si presenta una scena di questo tipo la parte più difficile è quella di riconoscere e classificare i liquidi infiammabili,
Una volta che il campione raggiunge il laboratorio bisogna pre-trattare il campione per far sì che sia compatibile con le tecniche analitiche che verranno utilizzate. Per capire al meglio tale argomento, si riveda il capitolo inerente alla classificazione dei liquidi infiammabili. La gascromatografia è una tecnica che si presta molto bene per analizzarli, questo
Per migliorare la risoluzione dell'analisi si può accoppiare alla GC un spettrometro di massa (MS) potendo prevedere e riprodurre la frammentazione di ogni classe di idrocarburi (si veda come esempio la frammentazione dell'alchilbenzene tramite impatto elettronico a 70 eV: lo spettro risultante presenterà sempre dei picchi a 91, 105 e 119.<ref> Siegel,
Un campione proveniente da un incendio può essere di qualsiasi natura: oltre ai detriti carbonizzati, si possono rinvenire pezzi di vestiti, arredamenti, materiali edili, suolo, tessuti biologici e liquidi vari. Il pre-trattamento da eseguire sul campione per analizzarlo con la tecnica accoppiata GC-MS dipende principalmente da
L'estrazione semplice in spazio di testa consiste in un'estrazione diretta dei composti volatili presenti nello spazio sovrastante il campione posto in un contenitore sigillato. Questo metodo viene utilizzato quando sono presenti molecole ossigenate con basso peso molecolare. Il contenitore può essere scaldato fino a 60-80 °C <ref> Siegel, pag. 162 </ref> per aumentare la concentrazione della sostanza volatile. Questo tipo di campionamento viene eseguito con una siringa la cui punta viene poi rilasciata all'interno dell'iniettore della GC. <br>
L'estrazione con solvente prevede la dissoluzione del campione con un solvente appropriato (ad esempio pentano, dietil etere, cloroformio)<ref> Siegel, pag. 162 </ref>. Il problema è che vengono solubilizzate tutte le sostanze presenti nel campione e affini al solvente, quindi non solo gli analiti di interesse ma anche quello che non ci interessa, complicando in questo modo la matrice. <br>
Il metodo più utilizzato per campionare i liquidi infiammabili è tramite concentrazione passiva in spazio di testa con carbone. Per questa tecnica si utilizza una striscia di carbone depositato su matrice polimerica che viene posizionata e mantenuta al di sopra del campione posto all'interno del contenitore chiuso ermeticamente. Il contenitore viene scaldato per un determinato lasso di tempo così che la volatilità dei composti presenti nel campione aumenti; questo permette al carbonio presente sulla striscia di catturarli in quantità ben note e quindi rappresentative del campione.
Essendo i residui di un incendio una tipologia di prova eterogenea, la loro analisi risulta complicata dalla presenza di molte sostanze presenti nella matrice. Fortunatamente però i composti presenti all'interno della matrice non presentano uno schema dei picchi specifico e riproducibile. Quindi il chimico analitico si concentrerà solamente sul riconoscimento dello schema dei picchi di
== Esplosivi ==
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Prima di poter effettuare all'analisi di un esplosivo rinvenuto sulla scena di un crimine è necessario che il personale autorizzato proceda alla messa in sicurezza dell'esplosivo, raccogliendo i resti dei dispositivi come prova forense. L'iter ufficiale prevede una serie di operazioni: le prove devono essere fotografate, impacchettate, etichettate, registrate e messe in sicurezza. Dopo un'accurata ispezione della scena del crimine, gli oggetti raccolti vengono inviati al laboratorio, accompagnati da un documento: la catena di custodia. Le informazioni presenti in tale documento riguardano il mittente, il sospetto, la vittima, l'incidente, la natura della prova e gli esami che sono stati richiesti. Inizialmente in laboratorio si procede con l'esaminare l'esplosivo per poi documentarne l'aspetto. Gli esplosivi possono essere campionati in due stati: intatti oppure frammentati a seguito dell'esplosione. <br>
'''Intatti'''. Attraverso l'osservazione del campione attribuiamo all'esplosivo una delle due possibili tipologie (low oppure high)
'''Frammentati'''. In questo caso è necessario indagare i componenti volatili presenti, i prodotti di combustione osservabili oppure si procede con l'estrazione di residui invisibili. Il punto critico dell'analisi è rappresentato dalla preparazione del campione, un'operazione che si rivela essere molto complessa. In questo caso occorre eseguire un'estrazione sui residui, la procedura può essere eseguita in
* l'estratto con acqua si analizza mediante tecniche in grado di identificare tracce di anioni o di cationi (ad esempio con la cromatografia liquida)<ref> Siegel, pag. 198 </ref>;
* l'estratto con acqua fatto evaporare viene analizzato mediante tecniche in grado di identificare materiale inorganico solido (vedi Raman, XRD, FTIR)<ref> Siegel, pag. 198 </ref>;
* l'estratto con solvente organico si analizza mediante tecniche in grado di identificare basse concentrazioni di esplosivo organico (LC-MS, GC-MS, TLC, FTIR)<ref> Siegel, pag. 198 </ref>.
Il solvente ideale dovrebbe essere in grado di solubilizzare perfettamente l'esplosivo di interesse e, allo stesso tempo, presentare pochissima (o addirittura nulla) affinità con il substrato. I solventi più impiegati per l'estrazione e che presentano caratteristiche che si avvicinano a quelle ideali sono l'acetonitrile, il metanolo, l'acetone o il diclorometano<ref> Siegel, pag. 198 </ref>. La scelta ricade su di uno piuttosto che un altro in funzione della matrice. <br>
Le tecniche analitiche da utilizzare per la determinazione di tracce di esplosivo in un campione richiedono un controllo qualità sfruttando appositi standard, in modo tale da rendere l'analisi affidabile. Per eseguire suddette analisi si impiegano tecniche combinate con lo spettrometro di massa (GC-MS, LC-MS)<ref> Siegel, pag. 198 </ref> in quanto l'MS è caratterizzato da grande sensibilità. Le tecniche possono essere automatizzate, ma di contro, sono in grado di analizzare un solo campione alla volta. In analisi routinarie si usano i campioni di controllo della qualità e prevedono:<ref> Siegel, pag. 198 </ref>
* bianco strumentale (opzionale): viene eseguita un'analisi senza inserire il campione, serve per verificare che lo strumento sia pulito (condizione necessaria per eseguire un'analisi);
* bianco del solvente: si inietta in colonna un'aliquota di solo solvente, serve per verificare che il solvente sia libero da contaminanti;
* materiale di controllo: un'aliquota di solvente viene analizzata parallelamente al campione impiegando gli stessi filtri, stessi reagenti, stessi vials. Ciò serve per evitare che delle contaminazioni strumentali falsifichino l'analisi.
* campione di controllo:
Saranno ora riportati alcuni esempi di tecniche utilizzate per eseguire l'analisi chimica di tale campione, suddivisi in diversi gruppi.
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=== Test chimici ===
Tra i test chimici per l'analisi di questa tipologia di campioni trovano largo impiego i test di suscettibilità di innesco. Si tratta di un test veloce e conveniente, utile a determinare se un materiale sconosciuto sia potenzialmente esplosivo. Il test viene effettuato raccogliendo una quantità molto piccola di campione con delle pinze, in seguito lo si pone su di una fiamma. L'osservazione dell'innesco può includere diversi fattori, si prendono in considerazione caratteristiche visive, di suono, di odore oppure il residuo che si genera. La maggior parte dei materiali esplosivi si innescano immediatamente e generano una combinazione di luce, suono e fumo. I materiali non esplosivi, al contrario, non bruciano completamente, inoltre la combustione procede lentamente. Il metodo è piuttosto utile per l'osservazione di un esplosivo
Un altro test chimico molto utilizzato è il test del colore. Alcuni anioni possono indicare la presenza di materiale esplosivo, il metodo in questione è stato ideato per individuare tali specie. Si riportano alcuni esempi di test
* Greiss test (identifica la presenza di NO<sub>3</sub><sup>-</sup>)<ref> Siegel, pag. 203 </ref>;
* test del blu di metilene (identifica ClO<sub>4</sub><sup>-</sup>)<ref> Siegel, pag. 203 </ref>;
* reagente di Nessler (NH<sub>4</sub><sup>+</sup>)<ref> Siegel, pag. 203 </ref>.
I test colorimetrici hanno il vantaggio di essere veloci, sensibili e difficilmente danno falsi negativi, tuttavia non sono specifici in quanto possono reagire con diversi materiali presenti oltre all'analita di interesse. Un altro punto a sfavore di questa tecnica è di essere distruttiva nei confronti del campione.
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=== Tecniche a raggi X ===
All'interno di questa famiglia di tecniche, la più utilizzata è rappresentata dall'accoppiamento del microscopio a scansione elettronica con lo spettrometro a dispersione di energia (EDS). La tecnica è molto adatta per l'analisi di esplosivi intatti caratterizzati da una struttura microscopica specifica. All'interno di un esplosivo è possibile osservare delle microsfere immerse in un'emulsione, queste possono esplodere nel momento in cui sono sottoposte alle elevate pressioni della detonazione. Questo fenomeno causa la formazione di hot
Un'altra tecnica molto popolare è la fluorescenza ai raggi X. Lo svantaggio principale di questa tecnica è legato al fatto che elementi con basso numero atomico Z sono interessati da uno scarso fenomeno di fluorescenza (elementi che si trovano prima del sodio)<ref> Siegel, pag. 206 </ref>. Risulta però molto utile per verificare la presenza di elementi pesanti. <br>
Infine un'altra tecnica di routine per l'analisi di esplosivi inorganici e dei loro residui di esplosione è la diffrazione
=== Tecniche separative ===
La tecnica principe è rappresentata dalla gascromatografia, estremamente utile nella separazione di miscele di esplosivi. Per l'analisi di esplosivi a base di nitrati una combinazione valida ed economicamente vantaggiosa prevede l'accoppiamento della GC con un rivelatore a cattura di elettroni. Ma l'accoppiamento che risulta essere più efficace e quindi più utilizzato è quello GC-MS in quanto combina le alte efficienze separative della GC con l'elevatissima sensibilità e specificità dello spettrometro di massa. Un esempio di applicazione di questa tecnica è dato dalla separazione e l'identificazione in modalità EI
Un'altra combinazione efficace è rappresentata dalla LC-MS, molto utile quando si deve eseguire un'analisi di esplosivi termicamente sensibili e/o non volatili. La tecnica presenta un limite di rilevabilità molto basso (siamo nell'ordine dei ppb)<ref> Siegel, pag. 217 </ref> e risulta essere molto utile per analizzare le tracce di esplosivo in campioni prelevati a seguito dell'esplosione. Alcuni esempi di analiti che si possono rivelare con la suddetta tecnica accoppiata sono: i nitroaromatici, le nitroammine e gli ossidi<ref> Siegel, pag. 217 </ref>. Il tipo di ionizzazione più adatta viene scelta in funzione della tipologia di analita, le più impiegate sono electronspray o quella a pressione atmosferica.
== Suolo ==
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[[File:Stagnogley.JPG|thumb|Sezione trasversale suolo]]
Come è stato approfondito nel capitolo relativo alle tipologie di campioni rinvenibili e analizzabili a scopo forense i suoli hanno moltissime caratteristiche da indagare, ma quella più importante da valutare è il colore al fine di caratterizzare e confrontare dei campioni di suolo. Questo fattore infatti dipende dall'orogenesi di quel determinato suolo (risente infatti di parametri come il clima, l'età, i materiali da cui si è originato, la geochimica, l'accumulo di sostanze organiche e così via). È quindi estremamente importante specificare e mantenere costanti al fine di avere un risultato riproducibile le condizioni operative durante l'analisi comparativa tra diversi suoli.
Quando si dispone di un campione di suolo di modeste dimensioni per prima cosa lo si osserva documentando la struttura. Successivamente si macina al fine di renderlo omogeneo, lo si divide, lo si mischia
Un secondo parametro avente una certa importanza è la sua struttura; è importante sapere però che questa analisi si può eseguire solamente se si dispone di quantità di campioni sufficientemente grandi. Per osservare la struttura del suolo si osserva in particolare la quantità relativa di sabbia, di sedimenti e di argilla contenuti all'interno. Dal momento che questi si differenziano in base alla loro granulometria,
Nel caso invece il terreno sia bagnato si fa passare del vapore d'acqua attraverso i diversi piani del setaccio per far si che questo lavi i grani mentre scendono. Alla fine l'ultimo strato viene posto in una stufa a 100 °C<ref> Siegel, pag. 294 </ref> e successivamente pesato per sapere la massa dell'insieme delle tre parti costituenti i terreni. Per indagare ogni singola frazione si utilizza uno stereomicroscopio, che consente di osservare delle parti specifiche di interesse. <br>
Una volta
* sistemare in modo il microscopio per garantire la massima risoluzione;
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* osservare possibili figure di interferenza.
A questo punto si può passare alle modalità di analisi di un suolo. Tale procedimento serve per conoscere la composizione mineralogica interna di un campione di suolo. Come è stato già detto nell'apposito capitolo,
Esistono però, e vengono usati, metodi più pratici; uno di questi è la diffrazione a raggi X di polveri. Questo tipo di analisi fornisce dati quantitativi relativi all'abbondanza relativa dei minerali nell'intero bulk del campione. Presenta però un lato negativo dal momento che identifica solamente materiali cristallini, non materiali amorfi. Un'altra tecnica che non presenta questa problematica è il SEM-EDS che consente di identificare anche altre tracce che possono essere spesso presenti all'interno di un terreno (ad esempio i residui di sparo o la presenza di vernici). La parte difficile dell'usare tale apparecchiatura è riuscire a classificare per composizione le particelle che si vedono.
== Armi da fuoco ==
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Nelle analisi forensi sulle armi da fuoco si tenta di associare uno dei componenti della munizione sparata (proiettili, cartuccia o bossolo) all'arma che ha fatto fuoco. <br>
La prima domanda fondamentale che richiede una risposta in un
Un altro aspetto molto importante, di cui daremo soltanto un breve accenno, è la ricostruzione dei numeri seriali presenti sulle armi da fuoco. Tali numeri consentono di ricostruire la "storia" dell'arma e conoscere quindi eventuali movimenti, a chi appartiene o chi l'ha venduta. Capita molto spesso che tali numeri vengano cancellati, tuttavia è possibile recuperarli sfruttando metodiche ad hoc che differiscono le une dalle altre in base alla zona in cui i numeri sono stati stampati o in base al tipo di materiale con cui è fatta l'arma. Si riporta di seguito il metodo più generico che permette il recupero dei numeri seriali. Il primo passaggio consiste nel fotografare l'area dell'arma da trattare. Successivamente si esegue una pulitura di tale area con carta vetrata sempre più fine oppure con della carta smeriglio. Successivamente si procede con un attacco chimico sulla zona che è stata pulita o semplicemente applicando la soluzione sulla superficie oppure costruendo prima una sorta di muro di contenimento in argilla o cera intorno alla zona target e successivamente eseguire l'attacco. Un modo alternativo più rapido
# 40 mL di acido cloridrico diluito, 30 mL di acqua distillata, 25 mL di etanolo e 5 g di cloruro rameico;<ref> Siegel, pag. 407 </ref>
# 120 mL di acido cloridrico concentrato, 100 mL di acqua distillata e 90 g di cloruro rameico.<ref> Siegel, pag. 407 </ref>
Tutti questi dati vengono successivamente forniti ai criminalisti per poter ricostruire alla fine la scena del delitto. A questo punto il chimico forense può essere ancora interpellato per rilevare la presenza di residui di sparo sulle mani di un indiziato. Per far ciò bisogna prima fare un breve ripasso su come viene sparato un proiettile. Si può dire che la pistola sia come un motore termico in quanto converte l'energia chimica del propellente in energia cinetica del proiettile. Uno tra i propellenti più usati nelle armi, soprattutto nelle pistole o armi che sparano a distanza ravvicinata, è la polvere nera (una polvere che fu sintetizzata
A seguito di uno sparo quindi verranno espulsi dalla pistola composti inorganici e organici. Tali composti prendono il nome di GSR (''residui di sparo'') e si possono dividere in OGSR (''residui di sparo organici'') o IGSR (''residui di sparo inorganici''). Per la raccolta dei GSR è fondamentale il tempismo in quanto si trasferiscono con estrema facilità da una superficie all'altra e andare
Il primo test eseguito storicamente per la determinazione dei nitrati che si basava su metodi colorimetrici venne denominato ''
Per avere un risultato più attendibile e non affetto da interferenze si è sviluppato un test colorimetrico che non utilizza il guanto di paraffina e che permette di identificare la presenza di piombo, antimonio e bario (questa combinazione di elementi è molto spesso presente nei residui di sparo proprio per come sono fatti i proiettili). Questo test si esegue tamponando le mani dell'indiziato con del cotone imbevuto in una soluzione 0
Questi metodi funzionano ma forniscono un dato qualitativo, quindi per ovviare a questo problema si eseguono analisi in laboratorio all'ICP-MS dove il campione viene disciolto in un solvente adeguato in modo da permettere l'aspirazione della soluzione per raggiungere la torcia al plasma ed essere ionizzato. Gli ioni successivamente raggiungono l'MS e vengono analizzati. Questa tecnica viene utilizzata per determinare la presenza e la concentrazione di piombo, antimonio, bario
Per essere sicuri che la presenza di questi tre elementi sia dovuta allo sparo e non a contaminazioni esterne, si utilizza il SEM-EDS. Tale tecnica infatti permette di discriminare tra le due casistiche in quanto permette di osservare la forma e la superficie degli agglomerati di particelle e anche la loro composizione. Infatti, se si tratta di residui di sparo osserveremo delle particelle sferoidali con una superficie pressoché liscia.
È possibile anche analizzare i composti organici dei residui di sparo. Per identificarli bisogna utilizzare tecniche analitiche che presentino un alto potere discriminante e un basso limite di rilevabilità. Questo
Anche la spettroscopia vibrazionale è utilizzata per la rilevazione degli OGSR, ad esempio lo spettroscopia Raman viene utilizzata per individuare i fiocchi di polveri che non producono fumi prelevate dai vestiti.
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