Utente:Giuli2797/Cromatografia/Gascromatografia: differenze tra le versioni

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esempio di applicazione HPLC
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le '''colonne impaccate''' sono fabbricate con tubi di vetro, metallo o teflon riempite di fase stazionaria solitamente costituita da materiale solido con granulometria solitamente inferiore a 200 μm oppure da una fase liquida supportata su particelle solide. Il loro diametro è piuttosto grande e varia dai 2 ai 5 mm e la lunghezza varia tra 1 e 6 metri. <br>
Le colonne impaccate, un tempo molto utilizzate, vengono usate ormai solo per scopi preparativi (consentono infatti di lavorare con quantità relativamente grandi di campione), per le analisi quantitative si preferisce usare le colonne capillari. <br>
Le '''colonne capillari''' sono le più diffuse e le più usate ai giorni nostri. Solo costituite da un tubo capillare di silice fusa ricoperta di polimmide che le rende più robuste. Le prime colonne capillari erano costituite di materiali plastici come tygon e nylon, il che comportava diverse limitazioni dal punto di vista della temperatura di esercizio. Per ovviare a questo problema si è quindi passati a realizzare le colonne di metallo, in questo modo si è risolto il problema delle temperature, ma si è introdotto lo svantaggio dell'attività catalitica dei metalli. Si è quindi passati alla realizzazione di colonne realizzate in silice fusa <ref> Modern Prectice of Gas Chromatography, R.L.Grob & E.F.Barry, WILEYWiley INTERSCIENCEInterscience, 2004, pag 110-111 </ref>. <br>
La lunghezza è solitamente compresa tra i 10 e i 100 metri e il diametro varia da 0,25 a 0,75 mm. La fase stazionaria è liquida e costituisce il rivestimento interno della colonna, è solitamente spesso pochi decimi di micron. Queste caratteristiche conferiscono alle colonne capillari molteplici punti di forza quali ad esempio: migliore separazione con risoluzione maggiore, tempi di analisi ridotti, sensibilità maggiore e richiedono una minore quantità di campione. Le dimensioni del campione da analizzare costituiscono un aspetto molto importante: è un grande vantaggio nel caso in cui il campione di cui si dispone è molto piccolo, ma costituisce un limite importante e che richiede particolare attenzione. Le colonne capillari infatti rischiano di essere sovraccaricate molto più facilmente proprio perché la quantità di campione che è in grado di interagire con la fase stazionaria è molto piccolo: qualora si iniettasse un volume maggiore a quello sopportato dalla colonna si avrebbe la vanificazione dell'analisi. Il piccolo volume che queste sono in grado di gestire unitamente al grande numero di piatti teorici, le rende particolarmente adatte ad impieghi analitici. <br>
Dal momento che le colonne capillari forniscono un'efficienza ed una risoluzione migliore rispetto alle colonne impaccate per i motivi sopra elencati, ne consegue che i picchi sono più stretti e con uno scodamento minore, il che facilita l'analisi rendendo più semplice l'integrazione dei picchi, soprattutto nel caso di analiti in tracce: in questo modo si esegue un errore minore e di conseguenza l'analisi quantitativa, come anche quella qualitativa, risulta essere più affidabile. Il fatto di avere delle bande molto strette infatti, consente di avere un picco con altezza maggiore rispetto a quello ottenibile con un'analisi condotta con una colonna impaccata in cui invece il picco può risultare irrisolto o addirittura confondersi con il rumore di fondo<ref> Modern Prectice of Gas Chromatography, R.L.Grob & E.F.Barry, Wiley Interscience, 2004, pag 112 </ref>.<br>
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La sensibilità dipende dall'intensità della luce emessa dalle specie analizzate ed aumenta al diminuire della temperatura della fiamma. Altri aspetti che possono andare ad aumentare la sensibilità del rivelatore sono l'utilizzo di gas carrier come elio o idrogeno, in quanto dotati di alta conducibilità termica, e l'utilizzo di una fiamma ricca di idrogeno che però rappresenta un problema perché rende la fiamma instabile. L'intervallo di linearità è nel caso del fosforo di circa 10<sup>4</sup> e per lo zolfo 10<sup>3</sup> <ref> Modern Practice Of Gas Chromatography, R. L. Grob & E. F. Barry, Wiley Interscience, 2004, pag. 328 </ref>. <br>
Un'altro rivelatore che viene spesso usato in GC è lo spettrometro di massa che risulta essere un accoppiamento vincente in quanto consente di restituire informazioni sulla natura degli analiti separati e permetterne anche l'identificazione. È per questo che si parla di accoppiamento GC-MS. Alla trattazione di questo argomento verrà però riservato un capitolo nella sezione successiva.
 
=Esempio di applicazione=
Nell'esempio qui riportato si vedrà come la gas cromatografia possa essere applicata alla determinazione quali-quantitativa di idrocarburi lineari. La metodologia analitica impiegata prevede una separazione GC e rivelazione tramite FID. <br>
Viene fornito un campione contenente un analita incognito da identificare e da determinarne la concentrazione. Vengono preparate delle soluzioni standard a concentrazione nota e crescente delle seguenti specie: C<sub>10</sub>H<sub>22</sub>, C<sub>11</sub>H<sub>24</sub>, C<sub>12</sub>H<sub>26</sub>, C<sub>13</sub>H<sub>28</sub>. Per identificare l'analita presente nel campione in esame si confronta il tempo di ritenzione ottenuto dall'analisi cromatografica del campione incognito con i tempi di ritenzione delle specie delle varie soluzioni standard, avendo cura di mantenere inalterate le condizioni operative durante tutte le analisi. <br>
L'analisi delle varie soluzioni standard a concentrazione 30 ppm ha riportato i seguenti risultati:
 
<table width="60%" height="30%" cellspacing="0" cellpadding="2" border="1">
<th>Analita</th>
<th>Tempo di ritenzione[min] </th>
</tr>
<tr>
<td>C<sub>10</sub>H<sub>22</sub></td>
<td align="center">3,454</td>
</tr>
<tr>
<td>C<sub>11</sub>H<sub>24</sub></td>
<td align="center">4,048</td>
</tr>
<tr>
<td>C<sub>12</sub>H<sub>26</sub></td>
<td align="center">4,630</td>
</tr>
<tr>
<td>C<sub>13</sub>H<sub>28</sub></td>
<td align="center">5,186</td>
</table>
 
 
Si è quindi eseguita l'analisi sul campione incognito che ha portato ai seguenti risultati:
 
<table width="80%" height="30%" cellspacing="0" cellpadding="2" border="1">
<th>Campione</th>
<th>Tempo di ritenzione[min] </th>
<th>Area analita [mAU*s]</th>
<th>Area media [mAU*s]</th>
</tr>
<tr>
<td>Replica 1</td>
<td align="center">3,462</td>
<td align="center">6116</td>
<td align="center">6225</td>
</tr>
<tr>
<td>Replica 2</td>
<td align="center">3,457</td>
<td align="center">6333</td>
</table>
 
 
Andando a confrontare i valori ottenuti nel campione con quelli delle soluzioni standard analizzate si può quindi affermare che l'analita presente nel campione in esame è C<sub>10</sub>H<sub>22</sub>.
 
Per quanto riguarda la determinazione della concentrazione dell'analita si procede costruendo la retta di taratura sulle aree dei picchi del C<sub>10</sub>H<sub>22</sub> a diverse concentrazioni. I risultati ottenuti sono i seguenti:
<table width="80%" height="30%" cellspacing="0" cellpadding="2" border="1">
<th></th>
<th>Tempo di ritenzione[min] </th>
<th>Area [mAU*s]</th>
</tr>
<tr>
<td>Std 10 ppm</td>
<td align="center">3,454</td>
<td align="center">3792</td>
</tr>
<tr>
<td>Std 20 ppm</td>
<td align="center">3,451</td>
<td align="center">8827</td>
</tr>
<tr>
<td>Std 30 ppm</td>
<td align="center">3,454</td>
<td align="center">13279</td>
</tr>
<tr>
<td>Std 40 ppm</td>
<td align="center">3,454</td>
<td align="center">18098</td>
</table>
 
Andando a riportare i dati sopra riportati in un grafico area picco in funzione della concentrazione si ricava la retta di taratura del tipo y = mx + q, dove y è l'area del picco e x la concentrazione. Dal grafico risulta che l'equazione della retta è y = 473,7x - 843,5. <br>
Essendo l'area del picco relativo al campione pari a 6225, andando a sostituire tale valore nell'equazione della retta è possibile ricavare la concentrazione:
 
<math>C_{decano} = \frac {6225+843,5}{473,7} = 14,9 ppm</math>
 
=Note=