Storia della letteratura italiana/Lo stilnovo: differenze tra le versioni

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== Firenze nel Duecento ==
Due sono gli aspetti che caratterizzano la storia di Firenze nel XIII secolo: l'affermazione della borghesia come nuova classe sociale dominante e le lotte tra guelfi e ghibellini. Nel 1250 i guelfi conquistano il potere e istituiscono un regime democratico detto "del primo popolo", nel quale i diritti del popolo vengono formalmente tutelati da un capitano del popolo contro le ingerenzaingerenze dell'aristocrazia. Questa situazione dura un decennio, finché nel 1260 i ghibellini riprendono il potere dopo la battaglia di Montaperti. Si tratta però di un regime destinato a cadere presto: nel 1266, con la sconfitta delle forze imperiali nella battaglia di Benevento, i ghibellini vengono cacciati da Firenze.
 
Nel 1293 Giano della Bella istituisce gli Ordinamenti di Giustizia, in base ai quali per poter partecipare alla vita politica della città è necessario essere iscritti a un'Arte. I ghibellini sono definitivamente banditi da Firenze, mentrei guelfi prendono il potere ma la città è scissa in due fazioni:
 
* il "popolo grasso", noti anche come i Neri'''neri''', composto da iscritti alle cosiddette Arti maggiori;
* il "popolo magro", noti anche come i Bianchi'''bianchi''', composto da iscritti alle cosiddette Arti minori.
 
Sono i Nerineri a controllare la città: nel 1295, sostenuti dal papa Bonifacio VIII e dal re Carlo VIII, riescono a ottenere saldamente il governo. Molti Bianchibianchi sono processati e condannati a morte o all'esilio; tra questi c'è anche Dante.
 
VolgendoNel intantoresto lodella sguardopenisola ad altre aree d'Italiaitaliana, neldurante corso delil Duecento molte città italiane iniziano a costituirsi in signorie. La prima è Verona, dove prende il potere la famiglia degli Scaligeri. L'apice della potenza sarà raggiunta però nel Trecento con Cangrande (1311-1329), che svolgerà anche un'importante opera di mecenatismo (tra gli altri, diede ospitalità a Dante dopo l'esilio). A Venezia si consolida l'oligarchia, mentre a Milano, a partire dal 1237, si consuma la contesa tra le famiglie dei Torriani (ghibellini) e dei Visconti (guelfi), che si concluderà nel 1310 con la vittoria di questi ultimi, sostenuti dall'imperatore Enrico VII.
 
== La poetica stilnovista ==
Gli autori della nuova corrente intrattenevano tra di loro stretti rapporti personali e artistici. Tuttavia non si può considerare lo stilnovo come una scuola. Piuttosto si è trattato di un insieme di esperienze poetiche, tra loro diverse, che convergevanoconvergono verso l'obiettivo di dare vita a una nuova poesia d'amore. Per questo prendono le distanze dalla precedente [[../Rimatori toscani|lirica siculo-toscana]].<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=78 }}</ref>
 
L'iniziatore del stilnovo è considerato '''Guido Guinizzelli''', coetaneo di Guittone d'Arezzo, ma la sua formulazione più articolata è avvenuta a Firenze negli anni ottanta del Duecento, a opera di Guido Cavalcanti, Dante e alcuni loro amici. Proprio a Dante si deve il nome di "dolce stil novo". Nel canto XXIV del ''Purgatorio'', quando incontra nel girone dei golosi il poeta lucchese Bonagiunta Orbicciani, Dante pronuncia una dichiarazione di poetica:
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Bonagiunta riconosce nelle parole di Dante la distanza rispetto alla sua poesia, a quella di Guittone e del siciliano [[../La lirica siciliana|Iacopo da Lentini]] ("'l notaro"). La novità consiste nel fatto che lo stilnovo ha una concezione precisa degli effetti dell'amore sull'anima dell'innamorato, e si sofferma su alcuni dibattiti morali, come quello relativo al rapporto tra amore e nobiltà.<ref name="Ferroni79">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=79 }}</ref>
 
L'unico tema trattato dagli stilnovisti è quello amoroso, attorno al quale si sviluppa una concezione della nobiltà fondata sul '''cor gentil''', l'animo gentile, l'unico in grado di vivere l'esperienza amorosa e di coltivare l<nowiki>'</nowiki>'''amor fino''' (cioè in grado di comprendere e comporre le poesie d'amore). La poesia e l'amore sono i caratteri distintivi di un gruppo ristretto di persone, e la "dolce" lingua consente la comunicazione tra questi pochi privilegiati., Questiche in particolare si riconoscono nel concepireconcepiscono l'esperienza amorosa come un valore assoluto. Si tratta quindi di, un sentimento d'elezione, che porta il poeta ada innalzarsi dalla classe sociale di provenienza.<ref name="Ferroni79" />
 
La donna viene idealizzata e smaterializzata: di lei non vengono fornite descrizioni fisiche, mentre è frequente l'immagine della '''donna-angelo''', che con il suo saluto taumaturgico risana l'animo di chi lo riceve. Grande importanza è data infatti alla '''fenomenologia d'amore'''. La donna si presenta al poeta attraverso fuggevoli incontri in contesti cittadini. L'evento si situa in una dimensione corale: il poeta non è mai solo, ma si trova con un gruppo di amici che gli offrono il loro sostegno, mentre la donna è in compagnia di altre dame, tra le quali spicca per la sua bellezza.
 
Il poeta è sconvolto da questi incontri e la poesia registra accuratamente i processi fisici e psicologici che lo colpiscono. Questi, secondo le teorie dell'epoca, sono provocati dal movimento di sostanze spirituali che, dotate di una loro autonomia, agiscono sull'animo umano. Possonoe possono inoltreaddirittura lasciare l'individuo a cui appartengono e spostarsi verso un altro, per esempio verso la donna amata. La donna stilnovista, per altro, è sempre irraggiungibile e molto spesso è legata a un altro uomo. L'amore d'altra parte non ha come scopo il soddisfacimento di un desiderio, ma la continua tensione verso qualcosa che non si può raggiungere.<ref name="Ferroni80">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=80 }}</ref>
 
Le opere stilnoviste, dirette a un pubblico ristretto e fondate perlopiù sulle strutture metriche della '''canzone''', del '''sonetto''' e della '''ballata''', sono caratterizzate da una sintassi lineare e dal limitato ricorso ad artifici retorici. Viene inoltre usata una '''lingua cittadina colta''', priva di espressioni plebeepopolari.
 
== Guido Guinizzelli ==
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Anche su Guido Cavalcanti le notizie biografiche sono poche. Le fonti lo descrivono come una personalità altera e sprezzante del volgo, amico stretto di Dante e suo compagno sia nelle lotte politiche sia nell'esperienza poetica.
 
Nasce intorno al 1260 a Firenze in una nobile e ricca famiglia guelfa, e sposa la figlia del ghibellino Farinata degli Uberti. Si interessa fin da giovane di filosofia, e in particolare del pensiero di Averroè: per questi suoi studi viene accusato di essere miscredente e ateo. Nel 1293 è escluso da ogni carica pubblica. Partecipa però ai conflitti interni a Firenze, sostenendo i Bianchibianchi. In questa scelta ha un peso la sua inimicizia con il capo dei Nerineri, Corso Donati, che secondo alcune testimonianze nel 1292 aveva inviato dei sicari a ucciderlo mentre compiva un pellegrinaggio a Compostela. Coinvolto in episodi violenti, Cavalcanti viene esiliato da Firenze il 24 giugno 1300. Il provvedimento è però revocato poco dopo: tornato in città, vi muore il successivo 29 agosto.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=81 }}</ref>
 
Quella di Cavalcanti è una poesia melodica, dietro alla quale si cela un sapiente uso di tecniche retoriche. Il suo componimento più famoso è la canzone ''Donna me prega, per ch'eo voglio dire'', un testo complesso in cui è possibile riconoscere elementi provenienti dalla filosofia di Averroè. Tema centrale è il modo in cui l'amore agisce sulle facoltà dell'anima umana. La bellezza della donna genera un'immagine intellettuale, la quale ha un'azione dirompente sulle anime sensitive: queste vanno incontro a una radicale scissione, con effetti fisici e psicologici che non possono essere controllati dall'anima razionale, e che vengono analizzati attraverso la poesia.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | pp=81-82 }}</ref>
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Nato nel 1270 e morto nel 1337, Cino da Pistoia è stato legato a Dante da un forte sentimento di amicizia e stima reciproca. Dopo gli studi come giurista a Bologna e forse a Parigi, ha insegnato nelle università di Siena, Perugia e Napoli. Come Dante, inoltre, ha sostenuto il progetto di restaurare l'impero promosso da Arrigo VII.
 
Cino da Pistoia è l'autore del più vasto canzoniere stilnovista: comprende 165 poesie, a cui si aggiungono varie altre composizioni che però sono di dubbia attribuzione. La maggior parte dei suoi componimenti sono dedicati a una nobildonna, Selvaggia. Influenzato dalle ''Rime'' di Dante, segue una poesia illustre ma equilibrata, pacata e priva di sorprese. Per questo motivo è possibile riconoscere in lui un tramite che collega lo stilnovismo a [[../Francesco Petrarca|Petrarca]].<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=83 }}</ref>
 
== Note ==