Utente:Giuli2797/Cromatografia/Gascromatografia: differenze tra le versioni

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=Iniettore=
Per avere una buona efficienza cromatografica è necessario che il campione sia di dimensioni adatte e venga introdotto come tappo di vapore, ovvero è necessario che l'iniezione avvenga ad una temperatura sufficientemente elevata da permettere l'istantanea vaporizzazione del campione in modo tale da non avere perdita di efficienza, ma al contempo è necessario che la temperatura sia sufficientemente bassa da evitare la decomposizione termica delle sostanze (per questo motivo infatti solitamente la camera di iniezione è termostatata ad una temperatura di circa 50°C superiore alla temperatura di ebollizione dell'analita meno volatile <ref>Fondamenti di Chimica Analitica di Skoog e West - III edizione, EdiSES S.r.l., 2015, pag 889 </ref> <ref> Basic Gas Chromatography, H.M.McNair & J.M.Miller, John Wiley & Sons, 2009, pag. 25 </ref>). Dal momento che il volume cresce velocemente al momento della vaporizzazione, è necessario introdurre un volume molto piccolo di campione. Si pensi infatti che un campione di 1 μL di benzene, una volta vaporizzato da luogo a 600 μL di vapore <ref> Basic Gas Chromatography, H.M.McNair & J.M.Miller, John Wiley & Sons, 2009, pag. 32 </ref>. Se si inserisce un volume eccessivo di campione in colonna si rischia di avere bande molto larghe in quanto si inserisce più campione di quello che è realmente in grado di interagire con la fase stazionaria della colonna. Le dimensioni dei campioni variano a seconda del tipo di colonna che viene utilizzata: da pochi decimi di μL a 20 μL per colonne impaccate e volumi anche 100 volte più piccoli per colonne capillari<ref>Fondamenti di Chimica Analitica di Skoog e West - III edizione, EdiSES S.r.l., 2015, pag 889 </ref>. <br>
A seconda dello stato fisico in cui si presenta il campione e del tipo di analisi che va eseguita, si può ricorrere a diversi tipi di iniettori. Il più semplice metodo di introduzione del campione prevede l'utilizzo di una microsiringa la quale fora un setto di gomma che serve per evitare che, al momento dell'iniezione, i vapori si disperdano <ref>Illustrated Pocket dictionary of chromatography, P.C. Sadek, Wiley Interscience, 2005, pag. 177</ref>. Il campione così introdotto entra all'interno di un liner, un inserto di vetro inerte e stabile aperto alle due estremità e all'esterno del quale è posto un sistema di riscaldamento. Qui il campione introdotto viene vaporizzato. Le eventuali sostanze non volatili vengono trattenute nel liner e quindi non raggiungono la colonna che altrimenti verrebbe danneggiata: a causa dell'accumulo di queste sostanze al suo interno è infatti necessario sostituire periodicamente il liner. Questo tipo di iniettore è di comune utilizzo per le colonne impaccate e può prevedere un sistema di introduzione con una valvola a loop come quello precedentemente illustrato per l'HPLC.
 
Un altro tipo di iniettore più complesso, ma molto usato, è l'iniettore '''split-spitless''' il quale ha due diverse modalità di funzionamento a seconda di come viene suddiviso il volume di vapore ottenuto a seguito dell'iniezione:
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* FPD - Flame Photometric Detector;
* MS - Mass Spectrometry.
Il '''rivelatore a termoconducibilità''' è un detector universale e non distruttivo il cui funzionamento si basa sulla differenza di conducibilità termica del gas carrier causata dalla presenza di sostanze nel flusso in uscita dalla colonna. Viene molto spesso utilizzato nella determinazione di sostanze gassose che sono altrimenti difficili da determinare con altri metodi, in particolare è adatto a sostanze inorganiche quali ad esempio NH<sub>3</sub>, CO<sub>2</sub> e H<sub>2</sub>O <ref>Illustrated Pocket dictionary of chromatography, P.C. Sadek, Wiley Interscience, 2005, pag. 198</ref>. <br>
Questa tipologia di detector utilizza elio o idrogeno come gas carrier in quanto hanno conducibilità maggiore di tutte le sostanze organiche. <br>
All'interno del rivelatore è presente un filo metallico che viene scaldato elettricamente: se il flusso di gas in arrivo è a composizione costante la temperatura del filo metallico sarà costante, quando però all'interno del flusso si trova un analita organico la conducibilità termica diminuisce (le sostanze organiche hanno conducibilità termica minore di quella del gas usato), e quindi la temperatura del filo aumenta. Questa variazione di temperatura provoca uno squilibrio nel circuito con conseguente variazione della resistenza che viene misurata attraverso un ponte Wheatstone. <br>
Può capitare che al posto di un filamento metallico si utilizzi un termistore ovvero un resistore la cui resistenza varia significativamente al variare della temperatura. Il vantaggio principale legato al loro uso è dato dal fatto che sono inerti in condizioni di ossidazione ma per contro sono molto fragili e sensibili in ambiente riducente. Un'altra problematica relativa al loro utilizzo è data dal fatto che la rivelabilità di un analita diminuisce velocemente quando la temperatura del rivelatore aumenta sopra i 50°C, inoltre le condizioni operative sono piuttosto complesse da settare. Per questa serie di motivi vengono usati principalmente quando si lavora con volumi ridotti e si richiede una risposta rapida, come nel caso di analisi su campioni gassosi eseguite a bassa temperatura con colonne capillari <ref> Modern Practice Of Gas Chromatography, R. L. Grob & E. F. Barry, Wiley Interscience, 2004, pag. 295 </ref>. <br>
Il segnale ottenuto è proporzionale alla concentrazione degli analiti. Si tratta di un rivelatore non specifico in quanto risponde ad ogni tipo di composto ed è inoltre universale, questo perché ogni composto modifica la conducibilità termica del flusso di gas in modo differente: per questo motivo è necessaria una standardizzazione. Anche la sensibilità è molto ridotta, una delle peggiori se confrontata con quella degli altri rivelatori. Tollera un rumore fino a 2 μV e ha una rivelabilità compresa tra 10^6 e 10^8 g/mL nel gas carrier, il LOD è nell'intorno dei 10 ppm e il LOL di 10<sup>4</sup> <ref>Illustrated Pocket dictionary of chromatography, P.C. Sadek, Wiley Interscience, 2005, pag. 5</ref>. Si possono impiegare entrambi i gas anche se l'idrogeno si addice meglio a misure quantitative. Viene spesso aggiunto uno standard interno che arreca importanti vantaggi all'analisi: innanzitutto in questo modo le temperature della cella e del filamento sono indipendenti le une dalle altre, il risultato fornito è inoltre indipendente dal tipo di detector (se a filamento o a termistore), dalla corrente misurata, dalla concentrazione del campione e dal flusso del gas carrier. <br>
Per minimizzare le fluttuazioni termiche il rivelatore viene posizionato all'interno di un blocco metallico dotato di grande inerzia termica che viene mantenuto ad una temperatura di circa 50°C maggiore di quella della colonna: è infatti molto importante controllare la temperatura in quanto si possono registrare variazioni di resistenza significative al variare della temperatura. La variazione della resistenza del filamento varia con la temperatura con la seguente relazione:
<math> R_1 = R_0[1+0,004(T_1-T_0)] </math>. <br>
Si possono trovare strumenti a singolo o a doppio canale. Nel primo caso è necessario avere un sistema di correzione per le variazioni di temperatura, nel secondo invece si confrontano i due filamenti di cui uno esposto ad un flusso di una colonna di un bianco e l'altro al flusso uscente dalla colonna di analisi. Il secondo caso è ovviamente il preferibile in quanto consente di compensare non solo le variazioni di temperatura del forno ma anche il fenomeno di bleeding. <br>
 
Il '''rivelatore a ionizzazione di fiamma ''' è un detector adatto pressoché ad ogni sostanza organica. Richiede un'elevatissima purezza del gas carrier, del combustibile e del comburente impiegato nella fiamma ma la sua risposta non è influenzata da piccole variazioni di pressione, temperatura e velocità del flusso. Non risente inoltre di impurezze eventualmente presenti all'interno del gas carrier quali ad esempio la presenza di CO<sub>2</sub> o acqua. In compenso anche piccolissime tracce di idrocarburi possono andare ad intaccare la stabilità della linea di base<ref> Modern Practice Of Gas Chromatography, R. L. Grob & E. F. Barry, Wiley Interscience, 2004, pag. 298 </ref>. Il FID è costituito da una fiamma alimentata da idrogeno ed aria che sono rispettivamente il combustibile e il comburente. Quando il flusso contenente gli analiti raggiunge la fiamma si ha la combustione con formazione di nuove specie cariche. A seguito della ionizzazione di queste specie si ha il rilascio di elettroni che, usciti dalla fiamma, incontrano un campo elettrico che viene applicato tra due elettrodi. Gli elettroni si dispongono in virtù dell'effetto del campo elettrico e vengono raccolti e conteggiati all'elettrodo collettore: si crea quindi una corrente elettrica tra i due elettrodi che è proporzionale alla concentrazione degli analiti che la hanno generata. È inoltre presente un amplificatore che ha il compito di amplificare il segnale registrato.<br>
Il segnale è proporzionale al numero di atomi di carbonio presenti nella specie rivelata e non al suo peso o al suo numero di moli <ref> Modern Practice Of Gas Chromatography, R. L. Grob & E. F. Barry, Wiley Interscience, 2004, pag. 300 </ref>. La risposta che viene fornita dal rivelatore è influenzata dalla presenza di eteroatomi quali ossigeno, zolfo e alogeni in quanto, essendo elettronegativi, possono catturare parte degli elettroni rilasciati durante la combustione e possono causare l'abbassamento della corrente di fondo. <br>
L'elettrodo collettore di elettroni è solitamente di forma cilindrica in modo da massimizzare la superficie disponibile alla collezione di elettroni.
Il FID fornisce una miglior risposta se si usa azoto come make up gas, soprattutto nel caso si utilizzi una colonna capillare. È molto importante mantenere la temperatura controllata all'uscita della fiamma del rivelatore o il rischio è che l'acqua condensi nuovamente e torni verso la fiamma causando corti circuiti: per questo motivo la temperatura del detector viene mantenuta più alta di quella della colonna in modo tale da non avere la condensazione delle sostanze. Si deve comunque prestare attenzione al fatto che la temperatura non sia troppo elevata o il rischio è che le superfici solide costituenti lo stesso rivelatore emettano elettroni per ionizzazione termoionica. Il surriscaldamento del rivelatore può inoltre causare perdite elettriche causando instabilità nella corrente. <br>
È un rivelatore molto specifico e dotato di una stabilità moderata. Il range di linearità si estende fino a 10<sup>7</sup>, è dotato di bassi LOD, 10<sup>-13</sup> gC/s e basso rumore<ref> Modern Practice Of Gas Chromatography, R. L. Grob & E. F. Barry, Wiley Interscience, 2004, pag. 303 </ref> ma necessita di un gas carrier puro, in particolare privo di idrocarburi in modo da diminuire il rumore di fondo che rischia di essere molto alto essendo questo strumento molto sensibile alla presenza di atomi di C <ref> Illustrated Pocket dictionary of chromatography, P.C. Sadek, Wiley Interscience, 2005, pag. 81 </ref>. <br>
 
Il '''rivelatore a cattura di elettroni''' è un detector specifico e non distruttivo, particolarmente adatto a piccole quantità di analita e quindi molto sensibile.
Il rivelatore ECD sfrutta una sorgente di particelle β che vengono solitamente emesse da una sorgente radioattiva di Ni 63 le quali, colpendo il gas di trasporto lo ionizzano e producono un flusso di elettroni che viene misurato: si genera infatti una corrente costante sotto l'effetto di una differenza di potenziale che viene applicata a due elettrodi. Quando al rivelatore arriva un analita elettron attrattore, ovvero una specie elettronegativa come ad esempio alogeni, azoto, fosforo, specie contenenti doppi legami coniugati o organometalli, questa cattura elettroni e diminuisce la corrente di fondo in modo proporzionale alla concentrazione degli analiti <ref> Illustrated Pocket dictionary of chromatography, P.C. Sadek, Wiley Interscience, 2005, pag. 62</ref>.<br>
Al posto del Ni 63 si può anche impiegare del trizio che presenta però diverse problematiche a livello operativo: innanzitutto può essere adottato solo a temperature inferiori a 225°C mentre il Ni può arrivare fino a 400°C, in più può essere facilmente contaminato da composti che possono adsorbirsi sulla superficie della lamina affievolendo la sorgente di raggi x, inoltre ad elevate temperature il trizio emette radiazioni ad un livello tale da costituire un pericolo per la salute umana. Questi importanti svantaggi vengono però compensati da un importante vantaggio: la forza di ionizzazione del trizio è molto più elevata di quella del nichel, il che comporta un flusso di radiazioni maggiori a cui consegue una ionizzazione del gas d trasporto più efficiente. Per cercare di compensare gli aspetti positivi di entrambe le sorgenti si è quindi passati ad utilizzare una sottile lamina di Ni 63. <br>
Il principio di funzionamento si basa sul fatto che specie elettronegative eventualmente presenti come ad esempio alogeni, azoto, fosforo, specie contenenti doppi legami coniugati o organometalli, catturano elettroni e diminuiscono la corrente di fondo in modo proporzionale alla concentrazione degli analiti. Solitamente viene usato azoto come gas carrier e talvolta argon invece che elio o idrogeno in quanto è più facilmente ionizzabile avendo una sezione trasversale di ionizzazione maggiore, inoltre viene spesso aggiunto un make up gas per migliorare le prestazioni<ref> Modern Practice Of Gas Chromatography, R. L. Grob & E. F. Barry, Wiley Interscience, 2004, pag. 307 </ref>. <br>
La differenza di potenziale può essere applicata in modi differenti: come tensione costante, corrente costante a frequenza pulsata variabile oppure corrente costante a frequenza pulsata costante.<br>
La tensione ad impulsi riduce significativamente l'accumulo di zone cariche nel rivelatore risultante da differenze nella velocità degli ioni carichi positivamente rispetto alla mobilità degli elettroni liberi. Gli elettroni dotati di una certa energia termica, quando non è presente alcun tipo di impulso, si attaccano a qualsiasi specie elettronegativa e vengono prodotti ioni carichi negativamente. Gli ioni negativi così ottenuti si combinano con quelli positivi presenti causando una diminuzione della corrente: per questo motivo è necessario regolare in modo molto accurato il periodo di impulso o si rischia di andare a perdere l'informazione relativa alle specie cariche positivamente annullate dalla combinazione con quelle negative. Solitamente l'impulso è nell'ordine dei 30-50 V e viene ripetuto ogni 10 μs<ref> Modern Practice Of Gas Chromatography, R. L. Grob & E. F. Barry, Wiley Interscience, 2004, pag. 308 </ref>. <br>
Esigenza fondamentale è l'elevatissima purezza del gas di trasporto in quanto qualsiasi specie elettron attrattrice eventualmente presente causa un abbassamento della corrente. In ogni caso è comunque consigliabile l'utilizzo di standard interni ed esterni.
Vista la sua elevata sensibilità e dati i limiti di rivelabilità molto bassi in particolare per alogeni, zolfo, fosforo e nitrogruppi (arriva a rivelare quantità nell'ordine di picogrammi e talvolta femtogrammi), viene spesso utilizzato in ambito biomedico e ambientale. <br>
 
Il '''rivelatore fotometrico a fiamma''' è un tipo di detector che viene utilizzato per la rivelazione di composti e metalli contenenti zolfo o fosforo quali ad esempio stagno, boro, arsenico e cromo. <br>
Il suo funzionamento si basa sul monitoraggio dell'intensità dell'emissione luminosa di specie dopo che queste sono state eccitate attraverso l'ausilio di una fiamma idrogeno/aria. Gli analiti presenti nel campione vengono indirizzati alla fiamma dove vengono decomposti e portati allo stato eccitato. Le specie così ottenute emettono luce con una lunghezza d'onda caratteristica. La radiazione viene prima fatta passare attraverso un filtro che seleziona una lunghezza d'onda, dopodiché l'intensità viene amplificata e poi rivelata con un tubo fotomoltiplicatore. <br>