Missione a Israele/Dio e Israele: differenze tra le versioni

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Lo studio della Legge durante il Sabbath ci porta ad una seconda istituzione pubblica della vita ebraica, diffusa in tutta la Diaspora oltre che in terra d'Israele: la sinagoga. La parola significa semplicemente "congregazione" o "assemblea". Denotava primariamente una riunione di persone, non necessariamente in un particolare edificio (come ora invece) — sebbene abbiamo reperti archeologici di splendidi edifici pubblici presso le ricche comunità ebraiche del Mediterraneo, e persino un'iscrizione rinvenuta in una sinagoga e fatta dal suo costruttore, un sacerdote di lingua greca chiamato [[w:Teodoto (poeta)|Teodoto]], scoperta vicino al Monte del Tempio. Gli ebrei si radunavano nelle sinagoghe almeno una volta alla settimana, durante il Sabbath; e la comunità congregata ascoltava e interpretava la Bibbia, specialmente la Torah. Dice Giacomo, fratello di Gesù, in {{passo biblico2|Atti|15:21}}: "Mosè infatti, fin dai tempi antichi, ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni Sabbath nelle sinagoghe". Lo scopo di tale istruzione settimanale, spiega Flavio Giuseppe, era che ogni ebreo ("il popolo") "ottenesse una completa e accurata conoscenza della Legge" (''c. Ap.'' 2.175). L'importanza di tale istruzione comprova l'esistenza della ''[[w:Septuaginta|Septuaginta]]'': quando gli ebrei della Diaspora occidentale passarono al [[w:Koinè|greco vernacolare]], le loro scritture vi passarono di conseguenza.
 
L'esistenza della sinagoghe diasporiche, la loro funzione come centri di istruzione comunitaria, le fondamenta bibliche di tale istruzione, e specialmente il fatto che questa istruzione ed il testo della Bibbia stessa fosse disponibile in greco — tutto ciò comprova l'esistenza di una speciale sorta di Gentile, la cui presenza influenzò l'architettura del Tempio stesso. Le sinagoghe attraevano estranei interessati che volontariamente si associavano all'ebraismo a vari livelli. Gli ebrei della Diaspora incoraggiavano l'ammirazione per il proprio culto religioso e la propria cultura ed in generale sembra accogliessero benevolmente l'interesse dei Gentili. (Filone, per esempio, cita un festival vicino ad Alessandria che celebrava la traduzione della Torah in greco, e afferma che molti Gentili parteciparono a tale celebrazione insieme agli ebrei, ''De vita Mosis'' 2.41.) D'altra parte, per i Gentili pagani, era cosa normale associarsi a svariate religioni: lo stesso paganesimo incoraggiava tale sorta di ecumenismo cultico. La loro devozione al Dio ebraico non impediva affatto la normale partecipazione ai propri culti tradizionali. Né gli stessi ebrei richiedevano un'associazione esclusiva dai Gentili interessati: nella Bibbia, Dio aveva diretto la Sua richiesta di impegno esclusivo solo a Israele. Petanto i pagani, in quanto ''pagani'', si ritrovavano ad adorare il Dio d'Israele insieme agli ebrei sia nella sinagoga diasporica e, ancor più visibilmente, nel Tempio. Ritorneremo a questo gruppo particolare quando esamineremo nuovamente le lettere di Paolo: questi estranei simpatizzanti, semenzaio della successiva chiesa gentile, figureranno visibilmente nello sviluppo del movimento di Gesù post-Risurrezione. Qui dobbiamo sottolineare che così tanti provenivano dai vari angoli dell'Impero ad adorare a Gerusalemme che venne loro riservato un cortile apposito, il più grande, che circoscriveva l'area del Tempio.
L'esistenza della sinagoghe diasporiche, la loro funzione come centri di istruzione comunitaria, le fondamenta bibliche di tale istruzione, e specialmente il fatto che questa istruzione ed il testo della Bibbia stessa fosse disponibile in greco — tutto ciò comprova l'esistenza di una speciale sorta di Gentile, la cui presenza influenzò l'architettura del Tempio stesso.
 
Ma le sinagoghe e la Bibbia vernacolare fecero ben di più che ispirare del turismo religioso. Nel disseminare le leggi e servire come luogo di discussione delle stesse, le sinagoghe crearono anche un tipo speciale di comunità testuale. Che fosse nella Diaspora o in patria, la sinagoga, proprio tramite l'enfasi sulla lettura pubblica, diminuiva la necessità di alfabetizzazione, e il relativo monopolio che una élite alfabetizzata poteva esercitare, quando ci si avvicinava al testo sacro. L'ebreo individuale non doveva esser capace di leggere per coinvolgersi nell'interpretazione della Scrittura: ascolatre la Legge almeno una volta alla settimana, completare il ciclo della Torah di volta in volta nel corso della propria vita, forniva ''testo'' a sufficienza. La Bibbia, mediante lo studio comunitario, permetteva la crescita di untipo di alfabetizzazione secondaria, per cui gli ebrei potevano essere del tutto familiari con un testo senza dover necessariamente essere in grado di leggere. E tale alfabetizzazione secondaria incoraggiava ed intensificava la vita comunitaria: tutti potevano (e, per quanto ne sappiamo, riuscivano) ad formarsi un ''aggancio scritturale'' su cui appendere la propria interpretazione particolare.
 
== Diversità ebraica e consenso al tempo di Gesù ==
Il risultato fu, forse, inevitabile: gli ebrei furono una nazione di esperti. "Se qualcuno della nostra nazione venisse interrogato sulle leggi", dice Flavio Giuseppe, "costui sarebbe in grado di ripeterle molto più prontamente del proprio nome" (''c. Ap.'' 2.175).