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3.5 - Le trasformazioni chimiche: le reazioni chimiche

Le trasformazioni chimiche, chiamate semplicemente reazioni, sono trasformazioni della materia che avvengono con una variazione della composizione chimica delle sostanze coinvolte che si trasformano in nuove sostanze. Sono trasformazioni che riguardano la natura delle sostanze e quindi le particelle (molecole) presenti prima dell’interazione sono differenti da quelle presenti dopo la trasformazione.

Le sostanze presenti all’inizio della reazione vengono dette reagenti, le sostanze che si ottengono alla fine sono i prodotti.

Il decorso di una reazione chimica viene rappresentato simbolicamente in questo modo:


Reagenti ⟶ Prodotti


in cui reagenti e prodotti vengono indicati normalmente mediante le formule chimiche che li rappresentano. Tale scrittura simbolica è detta equazione chimica e si può leggere “i reagenti XX reagiscono per dare i prodotti YY”.

La reazione comporta un nuovo riarrangiamento degli atomi presenti nelle molecole iniziali con rottura e formazione di legami chimici tra atomi. Si capirà meglio come avvengono le reazioni chimiche dopo aver approfondito la conoscenza della struttura atomica e dei legami chimici (legame covalente, ionico e metallico). Per ora consideriamo alcuni aspetti fondamentali:

  • nelle reazioni chimiche si rompono e si riformano legami intramolecolari; nelle trasformazioni fisiche si rompono e formano invece legami intermolecolari (che abbiamo chiamato in precedenza genericamente “forze attrattive” da cui dipende lo stato di aggregazione);
  • le reazioni chimiche non creano né distruggono atomi e non non modificano mai la natura degli atomi presenti ma soltanto il modo in cui si legano tra loro: se consideriamo ad esempio la reazione di decomposizione dell’acqua che avviene con l’elettrolisi, le molecole d’acqua (H2O) presenti all’inizio (reagenti) sono costituite da due atomi di idrogeno legati ad un atomo di ossigeno; nel corso della reazione questi legami si rompono e si formano nuovi legami fra atomi di idrogeno e fra atomi di ossigeno che portano alla formazione delle molecole biatomiche dell’idrogeno (H2) e dell’ossigeno (O2), prodotti della reazione;
  • le reazioni nucleari non fanno parte delle reazioni chimiche in quanto comportano un cambiamento nella natura degli atomi (la trasformazione dei nuclei atomici).

Esempio di reazione chimica: la combustione del gas metano

La combustione del metano è una reazione chimica che sfruttiamo comunemente nelle nostre case, per il riscaldamento domestico e per cucinare. Come in tutte le combustioni è necessario un combustibile (il gas metano) e un comburente (l’ossigeno) che si trasformano nei prodotti anidride carbonica e acqua, con l’emissione di calore (si tratta infatti di una reazione esotermica, nel senso che produce calore emesso nell’ambiente).

L’equazione

chimica è la seguente: CH4 + O2 → CO2 + H2O

Si nota chiaramente come i reagenti siano sostanze diverse dai prodotti, ma ad uno sguardo più attento non deve sfuggire il fatto che i singoli elementi che compaiono nei reagenti e nei prodotti sono esattamente gli stessi, semplicemente si riorganizzano in modo diverso (il carbonio del metano ad esempio si combina con l’ossigeno per formare l’anidride carbonica, mentre idrogeno e ossigeno si combinano per formare l’acqua). L’equazione chimica deve però essere bilanciata, nel senso che deve essere presente lo stesso numero di atomi di ciascun elemento sia nei reagenti che nei prodotti (per il principio di conservazione della massa).

L’equazione chimica bilanciata è la seguente: CH4 + 2 O2 → CO2 + 2 H2O

Il bilanciamento si ottiene usando dei coefficienti numerici che vanno scritti davanti a ciascuna sostanza (dove non c’è scritto niente significa 1 sottinteso) e moltiplicano l’indice riferito a ciascun elemento: nel nostro esempio 2 O2 significa 4 atomi di ossigeno (coefficiente 2 x indice 2) nei reagenti che eguagliano quelli dei prodotti in quanto sono presenti 2 atomi di ossigeno in CO2 che si sommano ai due che si ottengono da 2 H2O (coefficiente 2 x indice 1 riferito all’ossigeno).

Tutte le combustioni liberano energia nell’ambiente per cui sono reazioni esoergoniche, in cui il contenuto energetico dei prodotti è minore di quello dei reagenti (per il principio di conservazione dell'energia). Un altro esempio di reazione esoergonica è il processo di respirazione cellulare che avviene nei mitocondri delle nostre cellule e permette di ricavare energia dall’ossidazione del glucosio. Al contrario, il processo di fotosintesi clorofilliana che sfrutta l’energia del Sole per produrre glucosio a partire da sostanze semplici come anidride carbonica e acqua è un esempio di reazione endoergonica, in cui il contenuto energetico dei prodotti è maggiore di quello dei reagenti.

[IMMAGINE TABELLA CON ESEMPI DI FENOMENI CHIMICI E FISICI A CONFRONTO]

3.5.1 Come riconoscere una reazione chimica

Le trasformazioni profonde della natura della materia non sono facilmente osservabili. Tuttavia ci sono delle evidenze sperimentali che ci consentono di capire se sta avvenendo una reazione chimica e di seguirne l’andamento:

  • il cambiamento di colore (es. formazione della ruggine);
  • lo sviluppo di gas (es. aspirina effervescente nell’acqua);
  • la formazione di un solido, che nel linguaggio chimico si chiama precipitazione (es. la formazione di stalattiti e stalagmiti);
  • la scomparsa di un solido (es. l’erosione della roccia calcarea da parte dell’acqua piovana);
  • lo sviluppo o l’assorbimento di calore senza riscaldare o raffreddare (es. lo sviluppo di calore nella combustione o mescolando soda caustica e acido cloridrico);
  • l’emissione di luce (es. fiamma che si osserva nella combustione);
  • l’emanazione di gas profumati o maleodoranti (es. produzione di acido solfidrico dal caratteristico odore di uova marce nei processi di decomposizione anaerobica della materia organica)
Esempi di trasformazioni chimiche e fisiche
Ferro arrugginito Ferro fuso Bianco d’uovo denaturato Fiamma


Queste evidenze, che rappresentano gli aspetti qualitativi delle reazioni, possono non essere immediatamente riconoscibili se osservate nell’ambiente, dove avvengono simultaneamente moltissime reazioni e trasformazioni fisiche, ma sono facilmente evidenziabili nelle reazioni in laboratorio che vengono fatte avvenire in provetta, che sono fatte apposta per favorire l’osservazione.

Le reazioni chimiche presentano anche degli aspetti quantitativi di cui si parlerà nei prossimi moduli.

3.6 - La materia: sistemi omogenei ed eterogenei

Come evidenziato all’inizio del modulo, le sostanze pure non sono la regola nel mondo che ci circonda: nella maggior parte dei casi la materia si presenta come un sistema formato da due o più sostanze. Mescolanze di questo tipo si chiamano miscugli (o miscele).

Un miscuglio è un sistema costituito da due o più sostanze pure.

A differenza delle sostanze pure i miscugli non hanno delle caratteristiche ben definite: ad esempio sappiamo che l’acqua pura solidifica a 0° C ma qual è la temperatura di congelamento dell’acqua salata? Non c’è una risposta univoca, la temperatura varia in dipendenza della composizione della miscela di acqua e sale.

I miscugli possono essere omogenei o eterogenei. Che cosa significa? Per capire meglio questo concetto partiamo da alcune semplici osservazioni che possiamo fare nella vita di tutti i giorni. Cosa succede versando olio in un bicchiere che contiene acqua? I due liquidi tendono a stratificarsi restando separati: l’olio si porta in superficie, l’acqua rimane nella parte inferiore. Anche un cubetto di ghiaccio aggiunto ad un bicchiere d’acqua galleggia in superficie. Se consideriamo il sistema contenuto nel bicchiere, nel caso dell’acqua e olio diciamo che il sistema è costituito da due fasi liquide, nel caso di acqua e ghiaccio da una fase liquida e una fase solida.

Una fase è una porzione di un sistema delimitata e fisicamente distinguibile che presenta le proprietà intensive uniformi in ogni sua parte.

In altri termini, possiamo avere due fasi quando due sostanze diverse sono nello stesso stato fisico (acqua e olio) o quando la stessa sostanza è presente in due stati fisici diversi (in questo caso il sistema è fisicamente eterogeneo ma chimicamente omogeneo, si tratta della stessa sostanza).

Un sistema è fisicamente omogeneo quando presenta un’unica fase, ad esempio un bicchiere d’acqua, mentre è eterogeneo quando è costituito da due o più fasi: un bicchiere d’acqua frizzante è costituito da due fasi, quella liquida dell’acqua e quella gassosa delle bollicine di diossido di carbonio (CO2). Se aggiungiamo anche un cubetto di ghiaccio le fasi diventano tre. In questo caso abbiamo a che fare con un miscuglio, perché sono presenti due diverse sostanze.

I miscugli dal punto di vista chimico sono sempre eterogenei in quanto formati da più sostanze. Dal punto di vista fisico:

un miscuglio è omogeneo se si presenta in un’unica fase.

In pratica, un miscuglio è omogeneo quando le sostanze che lo costituiscono si mescolano in modo così uniforme che non sono distinguibili neanche al microscopio. Questo tipi di miscugli vengono anche detti soluzioni. L’acqua del mare è un esempio di miscuglio omogeneo.

I miscugli omogenei, essendo formati da un’unica fase fisica, hanno le stesse proprietà intensive (densità, colore, punto di fusione,...) in ogni loro parte.

Un miscuglio è eterogeneo se si presenta in due o più fasi facilmente distinguibili.

Le sostanze che costituiscono un miscuglio eterogeneo sono distinguibili a occhio nudo o con l’ausilio di un microscopio; in questi miscugli le proprietà intensive sono diverse in ogni punto (ogni componente del miscuglio rappresenta una fase del sistema che conserva le proprie caratteristiche). Alcuni miscugli eterogenei sono chiaramente distinguibili, come nel caso dell’acqua e olio, altre volte bisogna ricorrere ad un microscopio per osservare le caratteristiche non uniformi. Il latte è un tipico esempio di miscuglio che a prima vista sembra omogeneo ma in realtà non lo è: se ne osserviamo una goccia al microscopio si notano piccole goccioline di grasso immerse in un liquido trasparente.

Riepilogando, possiamo classificare tutta la materia nel seguente modo:


Oltre che in base alla loro natura omogenea o eterogenea, i miscugli possono essere classificati anche in base allo stato fisico dei loro componenti:

  • miscugli solido-liquido
  • miscugli liquido-liquido
  • miscugli gas-liquido o liquido-gas
  • miscugli gas-solido
  • miscugli gas-gas
  • miscugli solido-solido

3.6.1 Sostanze pure

Le sostanze pure rappresentano un sistema chimicamente omogeneo nel senso che sono costituite da un singolo materiale e quindi non sono separabili con gli ordinari mezzi fisici.

Come abbiamo visto in precedenza, esse sono distinte in sostanze elementari, o elementi, se non sono trasformabili in sostanze ancora più semplici e in sostanze composte, o composti, se sono divisibili in sostanze elementari attraverso trasformazioni chimiche o reazioni.

Abbiamo già evidenziato più volte che in natura non si trovano normalmente sostanze pure. Prendiamo ad esempio l’acqua: quella che beviamo non è una sostanza pura, in quanto contiene sali minerali disciolti, mentre lo sono l’acqua distillata, ottenuta per distillazione e usata nei laboratori di chimica, e l’acqua demineralizzata, che si può ottenere per filtrazione attraverso resine a scambio ionico e viene usata ad esempio nel ferro da stiro e nel radiatore delle automobili per evitare le incrostazioni. L’acqua demineralizzata in realtà è “quasi” pura, presenta infatti ancora tracce di altre sostanze e impurità come gas disciolti e batteri. Anche quando utilizziamo delle tecniche di separazione (vedi paragrafo 3.6.4) per ottenere delle sostanze pure, difficilmente riusciamo a eliminare ogni traccia di impurità.

Come detto in precedenza, l’acqua è un composto, caratterizzata da una composizione definita e costante, rappresentata attraverso la formula chimica H2O.

Tale formula fornisce due tipi di informazioni: una qualitativa, cioè quali elementi costituiscono il composto (in questo caso, idrogeno e ossigeno) e l’altra quantitativa, cioè quanti atomi di ciascun elemento formano il composto, che in questo caso si può chiamare anche molecola intesa come raggruppamento

di atomi (nell’acqua due atomi di idrogeno combinati con un atomo di ossigeno formano la molecola H2O).

L’acqua è divisibile nei suoi elementi costituenti (idrogeno e ossigeno) attraverso l’elettrolisi. [APPROFONDIMENTO SUL COMBUSTIBILE IDROGENO]

Idrogeno e ossigeno non sono invece trasformabili in sostanze più semplici, per cui sono sostanze elementari o elementi. Tutti i 118 elementi conosciuti, 92 naturali e i rimanenti artificiali, sono raggruppati nella Tavola Periodica degli Elementi, nella quale sono indicati con il loro simbolo convenzionale (ricordiamo che il simbolo dell’idrogeno è H e quello dell’ossigeno è O). [POSSIBILITA’ DI INSERIRE UN APPROFONDIMENTO SULLA DISTINZIONE DEGLI ELEMENTI IN METALLI NON-METALLI E SEMIMETALLI]


L’atomo è la più piccola parte di un elemento che ne manifesta le proprietà chimiche tipiche. Alcuni elementi, tra cui H e O, esistono in natura sotto forma di molecole, cioè sono stabili se due atomi dello stesso elemento sono legati tra loro, per cui si possono rappresentare rispettivamente attraverso la formula H2 e O2, in cui l’indice “2”, posto in basso a destra dell’elemento a cui fa riferimento, ne indica il numero di atomi nella molecola, che in questo caso è detta “biatomica”.

Quindi esistono molecole formate da atomi uguali (le molecole degli elementi) e molecole formate da atomi diversi (le molecole dei composti). Tutte hanno dimensioni molto piccole, dell’ordine di grandezza del nanometro, cioè un miliardesimo di metro (la molecola dell’acqua ad esempio ha un diametro di circa 0,2 nm).

E’ molto importante scrivere correttamente le formule, poiché esse identificano le sostanze pure con proprietà chimiche caratteristiche. Ad esempio la formula dell’acqua H2O assomiglia molto a quella dell’acqua ossigenata H2O2, ma i due composti hanno proprietà molto diverse, tanto che la prima è uno dei costituenti più importanti degli organismi viventi, mentre la seconda ha notevoli proprietà ossidative che ne caratterizzano l’impiego come disinfettante e non può essere assolutamente bevuta (è altamente tossica se ingerita!). Un altro esempio riferito ad un elemento può essere la formula dell’ossigeno che sappiamo essere O2, la molecola biatomica presente nella bassa atmosfera e indispensabile per la vita (respirazione cellulare), ma esiste anche la molecola triatomica dell’ozono O3, che si forma nella stratosfera a circa 20 km di quota per l’azione dei raggi ultravioletti del Sole. [POSSIBILE APPROFONDIMENTO SU OZONO E SMOG FOTOCHIMICO]

La formula chimica di una sostanza quindi, sia essa una sostanza elementare come idrogeno e ossigeno oppure un composto come l’acqua, identifica in modo univoco la sostanza stessa, perciò non deve essere assolutamente modificata.Non bisogna dimenticare che in natura i sistemi sono formati da un numero molto elevato di particelle (atomi, molecole, ioni), che si può indicare anteponendo un coefficiente numerico davanti alla formula (ad esempio in una goccia d’acqua sono presenti circa 1021 molecole, cioè mille miliardi di miliardi!!!!!).

Anche una sostanza pura può formare un sistema fisicamente eterogeneo nel caso in cui siano presenti due fasi: è l’esempio di un bicchiere d’acqua con un cubetto di ghiaccio.

3.6.2 Miscugli eterogenei

I miscugli eterogenei possono presentare aspetti assai diversi al variare dello stato di aggregazione dei costituenti. Quando mescoliamo ad un liquido un solido che non è in grado di sciogliersi in esso si ottiene una sospensione. Consideriamo ad esempio un miscuglio di acqua e farina: la farina rimane sospesa nell’acqua e, se lasciata a riposo, si deposita sul fondo. La fase solida rimane comunque sempre distinguibile da quella liquida, di conseguenza la sospensione appare torbida [fig. 3.xx].


Si forma un gel quando il solido nel liquido forma una microscopica rete che non consente più al liquido di fluire liberamente. Sono gel la gelatina, i budini e caramelle gommose. Un miscuglio di questo tipo è semisolido poiché presenta caratteristiche intermedie fra liquido e solido. Un miscuglio di questo tipo è semisolido poiché presenta caratteristiche intermedie fra liquido e solido. Si tratta in ogni caso di un miscuglio eterogeneo, anche se solo un‘osservazione al microscopio elettronico consente di distinguere visivamente le due fasi. I gel assieme ad altri tipi di miscugli eterogenei appartengono ad una categoria particolare, i colloidi. Per distinguere i colloidi dalle soluzioni (miscugli omogenei) si può ricorrere alla luce: se facciamo passare un raggio di luce attraverso una soluzione questo la attraverserà completamente, mentre nel gel il raggio viene deviato dalle particelle solide e quindi non attraversa il miscuglio (questo fenomeno viene detto effetto Tyndall). [fig. 3.xx].

Quando due liquidi mescolati assieme si stratificano in due fasi ben distinte, come accade per esempio all’acqua e all’olio, si dicono immiscibili. Mescolando energicamente due liquidi immiscibili si forma un’emulsione, in cui i due componenti vengono ridotti in piccole goccioline intimamente mescolate tra loro rendendo difficile separare le due fasi. Le emulsioni sono particolarmente utilizzate in cucina (la maionese è un esempio di emulsione di olio, uovo e succo di limone) o in cosmetica (tutte le creme cosmetiche sono emulsioni di particolari sostanze a base oleosa in acqua), dove vengono mantenute stabili grazie alla presenza di altre sostanze chimiche (nella maionese questo ruolo è svolto dalla lecitina presente nel tuorlo). Senza queste sostanze emulsionanti le due fasi tendono a separarsi in poco tempo, come possiamo verificare molto facilmente lasciando a riposo un miscuglio di acqua e olio dopo averlo mescolato vigorosamente. Anche le emulsioni fanno parte dei sistemi colloidali.

Abbiamo già visto che anche un gas e un liquido possono formare dei miscugli eterogenei, come nel caso dell’acqua frizzante. Quando le bollicine di gas rimangono intrappolate nel liquido il cui sono disperse si forma una schiuma. Le schiume non sempre rimangono stabili a lungo, in quanto le bollicine di gas tendono a liberarsi dalla componente liquida. In cucina ci capita spesso di creare delle schiume che si mantengono nel tempo, pensiamo alla panna montata, che è appunto una schiuma formata da panna e aria, o agli albumi montati a neve. La schiuma di albumi montati e zucchero può essere cotta e trasformata in meringa, che è una schiuma solida. A differenza delle schiume gas-liquido, le schiume gas-solido (più semplicemente schiume solide) si mantengono nel tempo. Come esempi di schiume solide possiamo citare il pane lievitato, le spugne, la pietra pomice o anche materiali artificiali come il polistirolo espanso e la gommapiuma.

Anche la nebbia è un esempio di miscuglio di liquido-gas: in questo caso il gas (aria) rappresenta la fase prevalente in cui sono disperse le goccioline di liquido (vapore acqueo) , al contrario della schiuma (bollicine di gas trattenute in un liquido).

Anche il fumo è un miscuglio eterogeneo di un solido e un gas, formato dalla sospensione nel mezzo gassoso di finissime particelle solide, che possono essere messe in evidenza applicando un filtro che le trattiene.

Come ultimo esempio di miscugli solido-solido possiamo citare alcune rocce, la più tipica è il granito, in cui la natura eterogenea del miscuglio dei vari minerali è chiaramente visibile a occhio nudo.

3.6.3 Miscugli omogenei

Abbiamo visto che i miscugli omogenei sono caratterizzati da un'unica fase fisica. Essi vengono denominati comunemente soluzioni. Le soluzioni hanno un’enorme importanza: sono soluzioni l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, molti liquidi biologici.

In una soluzione la sostanza più abbondante è detta solvente, quelle meno abbondanti soluti.

Se i componenti di una soluzione inizialmente si trovano in fasi diverse, ad esempio acqua e zucchero, il soluto è anche il componente che cambia di fase nella soluzione.

In chimica si usa dire che “il simile scioglie il simile”: in base alle proprietà chimiche di entrambi i componenti e alla loro affinità affinità, il solvente deve essere in grado di interagire con il soluto, nel senso che deve poter circondare completamente le particelle di soluto mediante la creazione di forze intermolecolari o di tipo elettrostatico più o meno intense. Il solvente deve “solvatare” completamente il soluto e nel caso dell’acqua, considerata il solvente universale per la sua abbondanza, deve “idratare” il soluto che abbia caratteristiche idrofile. Una sostanza che si scioglie facilmente in un solvente è detta solubile, mentre se non si scioglie viene definita insolubile.

Anche le sostanze solubili non possono essere miscelate con il solvente in tutti i rapporti possibili.

Una soluzione è detta satura se contiene la massima quantità possibile di soluto e si è venuto a formare il corpo di fondo.

Nel momento in cui si forma il corpo di fondo il miscuglio non è più omogeneo, si evidenzia una seconda fase.

La solubilità è la quantità massima di soluto che può sciogliersi in una data quantità di solvente a una certa temperatura. La solubilità dipende dalla natura chimica del soluto e dalla temperatura della soluzione. Nel caso dei soluti solidi la solubilità generalmente aumenta con la temperatura, come sappiamo intuitivamente: è molto facile sciogliere un cucchiaino di zucchero nel caffè caldo, impossibile scioglierlo completamente se il caffè si raffredda. La solubilità dei gas nei liquidi invece diminuisce con l’aumento della temperatura.

Essendo sistemi monofasici le soluzioni si distinguono

in:
  • soluzioni gassose, costituite da due o più gas o vapori diffusi uno nell'altro. I gas sono sempre perfettamente miscibili, quindi un sistema formato da più gas è sempre una soluzione. L’esempio più comune di soluzione gassosa è l’aria, formata da azoto (N2), ossigeno (O2) e altri gas in percentuale minore.
  • soluzioni liquide, costituite da un gas, un liquido o un solido disciolte in un liquido. Tutta l’acqua potabile, ma anche l’acqua marina, contengono disciolte molte sostanze solide ma anche una certa quantità di gas presenti nell’aria, ossigeno e diossido di carbonio. Le bevande alcoliche sono soluzioni di due liquidi perfettamente miscibili, l’acqua e l’alcol etilico. L'acqua zuccherata è una soluzione solido-liquido. Di particolare interesse sono le soluzioni acquose, cioè quelle in cui il solvente è l'acqua. La maggior parte delle reazioni avviene in soluzione acquosa, in particolare quelle che sono alla base dei processi biologici che avvengono nelle cellule viventi.
  • soluzioni solide, costituite da un solido disciolto in un altro. Si formano a partire da miscele fuse dei componenti che, una volta raffreddate, danno origine ad sistema omogeneo. Un esempio di questo tipo di soluzioni sono le leghe metalliche come l’ottone, formato da rame e zinco (elementi).

Le proprietà di una soluzione variano in modo continuo al variare del rapporto quantitativo tra soluto e solvente ma dipendono per la maggior parte dalla natura del solvente e del soluto: l’acqua zuccherata è dolce e incolore, sarà più o meno dolce a seconda della quantità di zucchero ma avrà comunque questa proprietà. Analogamente una soluzione di acqua e sale sarà sempre salata.

Alcune proprietà delle soluzioni dipendono invece solo dal numero di particelle di soluto presenti in soluzione e non dalla natura chimica del soluto né del solvente. Queste proprietà, che verranno approfondite in seguito, sono dette proprietà colligative. Fra la proprietà colligative rientrano ad esempio l’abbassamento del punto di congelamento: una soluzione di acqua e sale e una di acqua e zucchero congelano alla stessa temperatura se contengono lo stesso numero di particelle per unità di volume.

I colloidi potrebbero essere scambiati per soluzioni: in realtà, come abbiamo visto in precedenza, sono sistemi bifasici che presentano proprietà intermedie tra un miscuglio eterogeneo (sospensione) e uno omogeneo (soluzione). La fase disperdente è simile ad un solvente e quando prevale il colloide si chiama “sol”, come il citosol delle cellule e l’albume dell’uovo, mentre la fase dispersa è simile ad un soluto, con dimensione delle particelle compresa tra 1 micrometro e 1 nanometro, e quando prevale il colloide si chiama “gel”.

3.6.4 Tecniche di separazione

L’uomo, fin dall’antichità, ha utilizzato i materiali presenti in natura per i propri scopi. Tuttavia spesso ha dovuto estrarre le sostanze che gli servivano dai miscugli in cui erano presenti. Ha imparato presto a estrarre il sale dall’acqua di mare, l’olio dalle olive, i metalli dai minerali in cui erano contenuti. Queste tecniche si basano su processi chimico-fisici anche molto complessi, all’epoca completamente sconosciuti.

Al giorno d’oggi tecniche di separazione vengono applicate molto di frequente sia in laboratorio che in ambito industriale per isolare le sostanze contenute in una miscela e poterle poi utilizzare, in base alle caratteristiche specifiche, come materiali.

Le tecniche di separazione permettono la separazione dei singoli componenti del miscuglio in base alle loro specifiche caratteristiche chimico-fisiche.

In base al tipo di miscuglio da separare bisogna scegliere la tecnica una tecnica di separazione mirata. In generale i miscugli eterogenei sono più semplici da separare rispetto alle soluzioni.

Di seguito vengono descritti brevemente le principali tecniche di separazione e il principio fisico su cui si basano.

  • Filtrazione: è un metodo di separazione che consente di separare una fase solida (precipitato) da una fase liquida (filtrato) in un sistema eterogeneo. Viene utilizzato un filtro adeguato costituito da un materiale poroso permeabile soltanto al liquido. Per filtrazione si possono separare anche particelle solide disperse in un gas (è quello che avviene ad esempio attraverso il filtro delle sigarette).

Nella vita di tutti i giorni i filtri possono essere costituiti da materiali vari. In laboratorio si usa la carta da filtro, che si può scegliere fra diversi tipi in base alle dimensioni dei fori (che non si vedono a occhio nudo).

In laboratorio si utilizzano due metodi di filtrazione: per gravità e


Fig. 3.xx – filtrazione per gravità

per aspirazione.

Nella filtrazione per gravità la carta da filtro opportunamente piegata viene posta all’interno di un imbuto di vetro appoggiato ad un supporto metallico. Il miscuglio viene versato nell’imbuto, le particelle solide vengono trattenute dal filtro e il filtrato viene raccolto in un recipiente posto sotto l’imbuto. In questo caso il solido raccolto risulta “bagnato”, contiene infatti ancora una parte di solvente. Il filtrato, se le dimensioni del filtro sono adeguate, si presenta privo di impurezze insolubili. [fig. 3.xx]

Per aumentare la velocità di filtrazione si può effettuare la filtrazione per aspirazione: si utilizza in questo caso un apposito imbuto di porcellana e una beuta da vuoto all’interno della quale si crea il vuoto con una pompa meccanica. In questo modo la componente liquida del miscuglio viene rapidamente aspirato all’interno della beuta e il precipitato raccolto nel filtro all’interno dell’imbuto risulta asciutto e cristallino [inserire foto].

  • Decantazione: è una delle tecniche più semplici, applicabile ai miscugli eterogenei solido-liquido, liquido-liquido e gas solido. Sfrutta la diversa densità delle componenti del sistema e consiste semplicemente nel lasciare depositare sul fondo la componente più pesante del miscuglio fino alla separazione completa. Fig. 3,xx - decantazione della sabbia in un miscuglio acqua e sabbia
  • Centrifugazione: in questo caso si sfrutta la forza centrifuga (come quella che viene applicata ai vestiti nel cestello della lavatrice) all’interno di un apparecchio, detto appunto centrifuga da laboratorio, per separare velocemente miscugli eterogenei solido-liquido, in particolare quando le particelle solide sono particolarmente piccole e tendono a rimanere in sospensione [fig. 3.xx]. L Fig. 3.xx - una moderna centrifuga a sospensione viene posta all’interno di provette e inserite nell’apparecchio e qui sottoposte a una rotazione di 4000-5000 giri al minuto. La centrifuga fornisce accelerazioni superiori a quella di gravità, consentendo una stratificazione più rapida: in questo modo il precipitato viene spinto e compattato verso il fondo della provetta, la fase liquida rimane in superficie come surnatante.
  • Estrazione con solvente: in questo caso si sfrutta la diversa solubilità dello stesso soluto in due diversi solventi. Si usa solitamente per estrarre da soluzioni acquose sostanze poco solubili in acqua ma maggiormente solubili in altri solventi; questi ultimi a loro volta non devono essere miscibili con l’acqua (per esempio l’etere di petrolio o il tetracloruro di carbonio). Si utilizza un particolare imbuto separatore [fig. 3.xx] Fig. 3.xx - L'imbuto separatore in cui la soluzione acquosa, che è più densa e si dispone nella parte inferiore, viene messa a contatto con l’altro solvente: si verifica così il passaggio del soluto da una fase liquida all’altra. Attraverso il rubinetto posto alla base dell’imbuto si raccoglie prima tutta la fase acquosa, poi si cambia recipiente e si procede a raccogliere la soluzione con la sostanza estratta. Se si vuole separare il soluto dalla seconda soluzione si deve procedere con un altra tecnica, la distillazione.
  • Distillazione: la distillazione consente di separare i component Fig. 3.xx - antico apparato per la distillazione semplice i di una soluzione sfruttando la loro diversa volatilità (cioè la tendenza di una sostanza ad evaporare: più è basso il punto di ebollizione di una sostanza, più alta sarà la sua volatilità). E’ una tecnica molto utilizzata sia in laboratorio che a livello industriale, per separare due liquidi miscibili. La separazione avviene facendo evaporare le sostanze in base alla specifica temperatura di ebollizione (si riscalda la miscela fino ad arrivare al punto di ebollizione della prima sostanza), per poi condensarle all’interno di un tubo refrigerante e raccoglierle come distillato. Per distillazione si possono separare ad esempio i miscugli di acqua ed alcol etilico: i liquori come la grappa, il brandy e il whisky vengono detti distillati proprio perché sono ottenuti mediante un processo di distillazione.

Per distillazione è possibile anche separare il solvente dai soluti oppure i componenti di una miscela gassosa dopo averla liquefatta: si può separare in questo modo ad esempio l’azoto dall’ossigeno previa liquefazione dell’aria.

Esistono diverse tecniche di distillazione che vengono utilizz


Fig. 3.xx - distillazione frazionata del petrolio

ate in base alle caratteristiche delle sostanze da separare. Le principali sono la distillazione semplice, per separare liquidi con punti di ebollizione al di sotto dei 150°C da soluti non volatili, oppure un liquido da un altro nel caso in cui le temperature di ebollizione differiscano di almeno 25°C. Nel caso di componenti liquidi con una differenza nelle temperature di ebollizione di meno di 25 °C si usa la distillazione frazionata. [IMMAGINE E APPROFONDIMENTO SULLA DISTILLAZIONE SEMPLICE E FRAZIONATA - IMMAGINE SU ACQUA DI MARE, ACQUA DOLCE DEL RUBINETTO, ACQUA DEMINERALIZZATA E ACQUA DISTILLATA IN SPRUZZETTA]

Cromatografia: è una particolare tecnica di separazione che deve il suo nome (dal greco khrôma, “colore”) al fatto che per la prima volta è stata utilizzata da un chimico russo per separare i pigmenti colorati estratti dalle foglie. Nata come tecnica di separazione, è diventata anche tecnica analitica (in grado cioè di identificare la presenza di sostanze incognite) perché ben si presta a separare, rivelandoli quindi, i componenti di miscugli anche molto complessi. La tecnica si basa su un opportuno solvente, chiamato eluente o fase mobile, che trascina i componenti del miscuglio attraverso una fase fissa, rappresentata dal supporto. La diversa velocità con cui i componenti del miscuglio migrano lungo la fase fissa trascinati dell'eluente consente di separarli. In base al tipo di supporto utilizzato possiamo avere la cromatografia su colonna, in cui la fase fissa è rappresentata da una  
Fig.  3.xx – crom. su carta colonna di vetro, con un rubinetto alla base, riempita di materiale poroso (  silice, cellulosa, allumina o carbone attivo): la fase mobile con il miscuglio vengono inseriti in alto nella colonna; l’eluente trascina i vari componenti attraverso la fase fissa con velocità diverse così avviene la separazione; ogni componente del miscuglio, grazie al rubinetto posto in basso, viene raccolto separatamente [fig. 3.xx]. Nella cromatografia su carta la fase stazionaria è una striscia di carta da filtro su cui vengono deposte ad un centimetro dall’estremità inferiore (si dice “caricate”) mediante un capillare di vetro, alcune gocce del miscuglio da separare. Dopo che le gocce si sono asciugate per evaporazione del solvente, la striscia viene appesa all’interno di un apposito contenitore con un coperchio a tenuta con il campione verso il basso. La fase mobile è posta sul fondo del contenitore in modo che la carta vi peschi con il bordo inferiore: salendo per capillarità, l’eluente trascinerà i componenti del miscuglio lungo la striscia di carta separandoli. Simile alla precedente è la cromatografia su strato sottile o TLC (Thin Layer Chromatography) ma al posto della carta come fase fissa si usano lastre di vetro ricoperte da una sostanza porosa, silice o allumina [inserire immagine]. 

Vengono qui di seguito elencati alcuni esempi di miscugli eterogenei con il loro metodo di separazione delle fasi: [IMMAGINE- MISCUGLI ETEROGENEI E METODI DI SEPARAZIONE DELLE FASI]

  • solido/solido: ghiaia e sabbia, separabili con un setaccio, oppure limatura di ferro e zolfo, separabili con l’utilizzo di una calamita;
  • solido/liquido: sabbia e acqua, separabili per filtrazione, oppure argilla e acqua (sospensione), separabili per decantazione;
  • solido/aeriforme: fumo, i cui componenti solidi sono separabili con la carta da filtro;
  • liquido/liquido: acqua e olio, separabili con imbuto separatore in quanto stratificati, oppure latte o sangue, i cui componenti sono separabili per centrifugazione in quanto hanno diversa densità ma non sono stratificati;
  • liquido/aeriforme: acqua e bibite gassate e miscugli acqua-aria, chiamati nebbia se prevale l’aria e schiuma se prevale l’acqua.