Gli dèi della Grecia/Afrodite: differenze tra le versioni

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{{Gli dèi della Grecia}}
[[File:Cnidus Aphrodite Altemps Inv8619.jpg|thumb|250px|right|Afrodite di "Cnido" (anche Afrodite Cnidia), copia in marmo conservata presso il Museo nazionale di Roma; trattasi di copia romana di un originale di Prassitele (IV secolo a.C.). Questa raffigurazione della dea è probabilmente l'immagine più bella tramandataci dall'antichità e deve il suo nome al fatto che era presente sulle monete di Cnido. In origine la statua era conservata in un tempio piuttosto piccolo ma dotato di due porte di modo che i visitatori potessero ammirarne le fattezze girandovi intorno e uscendo dall'ingresso posteriore. Qui la dea è rappresentata mentre lascia cadere la sua veste su un vaso per l'acqua (ὑδρία). Diverse testimonianze <ref>Cfr. Johannes Overbeck, ''Die antiken Schriftquellen zur Geschichte der bildenden Künste bei den Griechen''(1868), 1227-1245.</ref> riportano che a volte una sorta di voyeurismo prese il posto della devozione religiosa <ref>Anche Walter Burkert, ''La religione greca'', p.308.</ref>. Di questo tipo di raffigurazione della dea ne conserviamo oggi oltre cinquanta copie. {{q|Comunque non solo su tutte le sue statue, ma nel mondo intero, primeggia la sua Venere: molti sono andati per nave a Cnido semplicemente per vederla.|Plinio, ''Historia naturalis'' XXXVI, 4, 20. Traduzione di Antonio Corso, Rossana Mugellesi e Giampiero Rosati, in Gaio Plinio Secondo, ''Storia naturale'', vol.V, Torino, Einaudi, 1998, pp. 545-7|sed ante omnia est non solum Praxitelis, verum et in toto orbe terrarum Venus, quam ut viderent, multi navigaverunt Cnidum.|lingua=la}}]]
[[File:Afrodite 'in bikini' (Musero archeologico nazionale di Napoli).jpg|thumb|200px|right|La dea Afrodite mentre si slaccia un sandalo, opera conosciuta come "Venere in bikini". Piccola statua (62 cm) in marmo pario, proviene dal sito archeologico di Pompei ed è oggi conservata presso il Museo archeologico nazionale di Napoli. Il bambino accovacciato ai piedi della Dea è Eros, mentre la figura a cui la Dea si appoggia è un Priapo, originariamente itifallico. L'opera è una copia romana da originale ellenistico.]]