Missione a Israele/Verità evangeliche: differenze tra le versioni

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Moralmente, questa diminuzione di differenza tra presente e passato può portarci a proiettare ciò che è significativo per noi indietro verso il nostro soggetto di ricerca. Specialmente quando studiamo testi religiosi come i Vangeli o figure culturalmente centrali come Paolo e, ancor di più, Gesù, il desiderio di avere queste antiche voci rivolgersi al presente immediato, ad essere spiritualmente e moralmente in sintonia con attuali preoccupazioni, troppo spesso le stacca dal loro contesto storico mettendole su un territorio familiare a generazioni successive ma estranee a loro stesse. Ne vediamo i risultati nel Cristo della chiesa imperiale occidentale, raffigurato in un mosaico italiano del sesto secolo come un ufficiale dell'esercito romano. Li vediamo nel Gesù degli studiosi protestanti liberali nei secoli XVIII e XIX, che emerge dai loro pesanti tomi egli stesso come liberale religioso. Li vediamo ora, quando il Gesù accademico del XXI secolo combatte nazionalismo, sessismo e gerarchie sociali. Un tale Gesù è subito rilevante per gli interessi che formano questi contesti moderni. Ma tale rilevanza è acquisita al prezzo dell'anacronismo.
 
Per fare storia onorabilmente e bene, allora, richiede la disciplina morale di permettere al divario di venti secoli di aprirsi tra noi e i nostri soggetti antichi. Ciò che ci interessa, ciò che per noi è significativo, coinciderà alla meglio solo raramente con quello che interessava a loro. Vivevano in un mondo differente. Alcuni aspetti di tale mondo possono essere percepiti bene quanto nel nostro: anche noi possiamo comprendere le conseguenze sociali dell'oppressione e della povertà, gli effetti spirituali della preghiera. Ma alcuni aspetti rimarranno ostinatamente estranei, sempre fuori dalla nostra esperienza e dalle nostre categorie di significato, proprio perché l'antico passato è antico. Non è affatto il nostro mondo, ma un luogo dove la lebbra e la morte contaminano, dove le ceneri e l'acqua purificano, e dove uno si appropinqua all'altare di Dio con purificazioni, offerte sacrificali e timore.
 
Rispettare la loro integrità storica e autonomia morale, permettere a Gesù o a Paolo o agli evangelisti quali ebrei del tardo Secondo Tempio o cristiani del post-Secondo Tempio di preoccuparsi di ciò che li interessava e non di ciò che interessa noi – di cui loro non avevano responsabilità e di cui loro non avevano conoscenza – è l'unico modo di vederli nella loro piena umanità. Qualunque cosa di meno praticamente riveste versioni camuffate di noi stessi in abbigliamento antico, mascherando figure di un dramma in costume che abitano comodamente la scena moderna, non l'antico passato. Pertanto, sia leggendo i Vangeli stessi che valutandone gli studi moderni, dobbiamo chiedere se sensibilità posteriori influenzino la presentazione del passato, un passato veramente vissuto da Gesù e dai suoi contemporanei — simpatizzanti, ammiratori, oppositori, nemici.
 
 
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