Cambiamento e transizione nell'Impero Romano/Capitolo I: differenze tra le versioni

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Comprensibilmente, questa problematica di "continuità" proposta da Dopsch e Pirenne trovò notevole consenso tra alcuni storici dell'antichità. Gli storici della cultura e arte tardo-romana erano già abituati a considerare questo periodo come una realtà unitaria; ora ''Spätantike'' veniva "affrontata" anche da storici dell'economia e delle strutture sociali. Poteva finanche risolvere certe difficoltà degli studi medievali tedeschi (vien da pensare alle ricerche di Aubin); risolveva anche le necessità di un nuovo approccio bizantino, abbandonando le vecchie posizioni "orientalistiche", care a Diehl ed a un particolare settore degli studiosi bizantini francesi (si dovrebbe invece pensare alla prospettiva di Baynes e, prima di lui, a [[w:Heinrich Gelzer|H. Gelzer]])<ref>H. Gelzer, in Krumbacher, ''Gesch. d. byzantinischen Literatur'', Monaco, 1897, citato da M.A. Levi, ''L’Impero Romano'', Milano, 1963.</ref> Inoltre, ripropose parzialmente i temi di un brillante studio di [[w:Alfred von Gutschmid|Alfred von Gutschmid]],<ref>A. Von Gutschmid, "Die Grenze zwischen Altertum und Mittelalter", ''Die Grenzboten'', 1863, pp. 330 segg., citato da Levi, ''ibid.'', che usa anche la successiva raccolta ''Kleine Schriften'', Leipzig, 1894, V, pp. 393 segg.</ref> un orientalista che aveva fortemente influenzato gli storici dell'antichità tedeschi e aveva esaminato problemi spesso al di fuori dei limiti del suo ''Fach''. Già nel 1863, questo studioso aveva vigorosamente contestato la fatidica data 476 e.v. che effettivamente segnasse un qualcosa di definito nella storia del mondo antico e che dovesse essere collegata all'inizio di una nuova epoca. Nella società, solo la fondazione del dominio longobardo (568) avrebbe segnato per l'Italia una rottura con l'antico passato; e, per la parte rimanente dell'Occidente, la reale transizione dall'antichità al Medioevo sarebbe avvenuta solo alla fine del IV secolo, Per Bisanzio, allora, l'accessione al trono dell'imperatore "greco" [[w:Tiberio II Costantino|Tiberio]] (578) e per il Vicino Oriente la conquista dell'impero persiano e dell'Egitto da parte degli arabi (nel 641, anno che segna anche la morte del grande imperatore bizantino [[w:Eraclio I|Eraclio]]) avrebbe indicato la frattura con l'ordine antico. Dice Gutschmid: "... la linea tra Antichità e Medioevo, riguardo allo Stato, la Chiesa e la letteratura, non può esser posta prima degli ultimi trent'anni del VI secolo, e non dopo i primi trenta del VII secolo; non c'è dubbio che nell'Occidente questa trasformazione sarebbe avvenuta prima che in Oriente".<ref>Von Gutschmid, "Die Grenze", pp. 330 segg.</ref>
 
Nell'ambito della prospettiva della storia universale coperta da Gutschmid, l'impossibilità di mantenere la datazione tradizionale coincise con l'affermazione vigorosa (quasi una "scoperta", per così dire) dell'unità sostanziale dell'area mediterranea come spazio storico e dell'intima correlazione tra i fenomeni che ne derivano; esattamente cento anni dopo, tuttavia senza ricordarsi troppo di lui, gli antiquari ed i medievalisti saranno indaffarati a dibattere la tesi di [[w:Roberto Sabatino Lopez|R. S. Lopez]] sulla storia "emisferica"!<ref>R.S. Lopez, ''La nascita dell'Europa'', Torino, 1966.</ref> In effetti, quegli storici più sensibili ai bisogni teorici della loro disciplina e più aperti ad una visione "universale" del processo storico, compresero la fecondità delle proposizioni di Gutschmid. Lungo le sue linee si mosse lo storico della Chiesa [[w:Karl Otfried Müller|K. Müller]],<ref>K. Müller, "Die Grenze zwischen und Mittelalter in der Kirche", ''Preuss. Jbb.'', 1877, pp. 257 segg., citato da Levi, ''ibid.''</ref> che infatti postulò l'età di Gregorio Magno per l'Occidente e, per l'Oriente, lo sviluppo delle chiese nazionali e la repulsione della chiesa greca imperiale in Asia Minore e nei Balcani (a seguito degli stanziamenti slavi e l'invasione araba) quale passaggio al Medioevo — anche qui una prospettiva di storia universale, sostenuta dal rinomato storico [[w:Ferdinand Christian Baur|F. C. Baur]].<ref>F.C. Baur, ''Die Epochen der kirchlichen Geschichtsschreibung'', Tübingen, 1852, p. 254, citato da Levi, ''ibid.''</ref> Storici del'antichità come K. J. Neuman<ref>K. J. Neumann, "Perioden römischer Kaisergeschichte", ''HZ'', 117, 1916, pp. 377-386.</ref> e Walter Otto (''Kulturgeschichte des Altertums'', Leipzig, 1925) accettarono apertamente questa datazione e la supportarono. I bizantinisti e storici del Tardo Impero l'adottarono e diffusero: [[:en:w:Ernst Stein|Ernst Stein]], in seguito accompagnato da G. J. Bratianu, in effetti delimitarono l'epoca tardo-romana – e correlativamente quella proto-bizantina (''spätrömisch = frühbyzantinisch'') contro la Bisanzio "Medievale" – con la morte dell'imperatore Eraclio, sebbene una morte prematura fermò il piano originale della sua storia prima che potesse raggiungere tale data.<ref>Che ora si conclude con la morte di Giustiniano (565); il secondo Volume della ''Histoire du Bas Empire'' fu pubblicata postuma da J-R. Palanque.</ref>
 
 
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