Riflessioni su Yeshua l'Ebreo/Profeta ebreo: differenze tra le versioni

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Sebbene considerare ebreo il Gesù storico<ref>Nel discutere il Gesù storico, siamo limitati dal relativo ritardo anche dei primi testi come le lettere paoline autentiche, che sono contestualmente ellenistiche, con un ''focus'' non ebraico nonostante l'etnia ebrea di Paolo (si vedano i capitoli precedenti, nei riferimenti a Paolo di Tarso). I Vangeli sono successivi a Paolo. E, sebbene si consideri che la [[w:Fonte Q|Fonte '''''Q''''']] rifletta i detti del Gesù storico, è comunque ipotetica. Quindi, sebbene i Sinottici siano [[w:Giudea|giudaici]] e si creda che Matteo e Luca siano derivati da Marco e ''Q'' insieme ad altri materiali orali anche se minori, possiamo solo essere sicuri della derivazione marciana. Non sappiamo fino a che punto essi, o qualsiasi altro scritto esistente, riflettano il Gesù storico.</ref> sia un principio accademico comune, ma non universale, non è così percepito da quei segmenti, sebbene piuttosto limitati, del pubblico laico il cui anti-ebraismo li induce a separare Gesù '''''il''''' Messia dal suo contesto ebraico del Secondo Tempio.<ref>La distinzione tra il nome proprio, '''Messia''', e il nome comune, ''messia'', è importante e significativa.</ref> Nel complesso, la grande maggioranza dei laici cristiani, che non hanno sentimenti antiebraici, non presta attenzione all'ebraicità del Gesù storico o vi accenna ''en passant'', perché è poco o niente rilevante per la propria fede e/o precetti teologici.
 
D'altra parte, c'è un crescente movimento di laici cristiani che presta attenzione all'ebraismo di Gesù. Ciò si verifica perché i cristiani fondamentalisti credono che Gesù tornerà quando gli ebrei torneranno in Israele, presupponendo così una connessione fondamentale tra il ritorno del Messia, cioè Gesù, e quello dello spirito profetico,><ref>Per l'aspettativa ebraica che "il ritorno dello spirito profetico fosse inestricabilmente correlato ai tempi messianici", vedi Franklin W. Young, "Jesus the Prophet: A Re-Examination", ''Journal of Biblical Literature'' 68 (1949): 285-99. L'ipotesi di Franklin rende chiaro che esiste un collegamento tra Gesù come messia e Gesù come profeta ebreo.</ref> con la storia ebraica passata, presente e futura;<ref>Anche se generalmente si presume che questo sia stato, e possa essere attualmente, una credenza in un ritorno del popolo ebraico nella "Terra", Israele, c'è un'altra interpretazione che deve essere considerata. Se i cristiani sono il ''verus Israel'', è possibile che un tempo si credesse che il ritorno in Israele si riferisse alla conversione degli ebrei al vero Israele, non un ritorno alla "Terra". Per un'interpretazione in merito, si veda Marcel Simon, ''Verus Israel: A Study of the Relations Between Christians and Jews in the Roman Empire (AD 135-425)'', trad. {{en}} H. McKeating (Oxford: Oxford University Press, 1986).</ref> inoltre, alcune sette cristiane sono influenzate dal dialogo ebraico-cristiano, che si concentra sui punti in comune — che sia riconosciuta o meno la loro origine condivisa dall'ebraismo del Secondo Tempio — piuttosto che sulle differenze. Poiché questo dialogo si sta evolvendo in una forte forza religiosa,<ref>Da notare in particolare l’''International Center for Christians and Jews (ICCJ)''; il ''Council of Centers on Jewish-Christian Relations (CCJR)''; e i rispettivi gruppi costituenti, che sono molti.</ref> porta i laici nell'arena accademica.
 
Anche se oggi, almeno come ''dictum'' teologico, i cristiani e gli ebrei laici non pensano a Gesù come se fosse un profeta,<ref>Forse questa confusione sorge perché, come afferma Amy-Jill Levine nel suo ''The Misunderstood Jew: The Church and the Scandal of the Jewish Jesus'' (San Francisco:Harper, 2006): "Gesù parla come un profeta" (110). Tuttavia, secondo Levine, ciò è mitigato dai Vangeli, in cui egli viene considerato "più di un profeta" con il contesto che disturba "l'analogia profetica". Tuttavia, Levine vede Gesù anche come parte del continuum degli insegnanti ebrei (rabbini) e profeti a causa della comunanza di visione del mondo (20).</ref> è probabile, a condizione che i primi manoscritti dei Vangeli fossero in accordo con i presunti manoscritti tramandati,<ref>Levine, ''The Misunderstood Jew'', 104-05, è in accordo con il ''consensus opinionis'', che sottolinea che non abbiamo copie autografe dei Vangeli canonici; non sappiamo veramente chi ha scritto i Vangeli o dove; ma quelli che abbiamo provengono dal c. 200 e.v.</ref> che alcuni o anche molti contemporanei di Gesù lo considerassero tale (si veda, ad esempio, {{passo biblico2|Matteo|21:46}}).<ref>Paul E. Davies, in "Jesus and the Role of the Prophet", ''Journal of Biblical Literature'' 64 (1945) asserisce che un crescente "interesse nella Cristologia" veniva accompagnato da "qualche riferimento all'opera di Gesù come profeta" sebbene con limitazioni (253). Nonostante la crescita della Cristologia oggi, gli studi sulla natura profetica di Gesù sono ancora limitati e scarsi; ma stanno sviluppandosi e sono diventati parte del dialogo accademico.</ref> Per esempio, in alcuni villaggi, la gente identificava Gesù come Giovanni Battista, Elia o un profeta ({{passo biblico2|Marco|8:27}}; {{passo biblico2|Luca|9:18}}). La delineazione di Gesù come profeta è indicata dall'uso che Gesù fa dei temi dell'Antico Testamento riguardanti la tortura e la morte dei profeti come vediamo in Matteo ({{passo biblico|23:34-39}}).<ref>[[w:Papiro 77|P. Oxy. 2683]] (che, risalendo alla metà/tardo II secolo, predata il primo MMS dei Vangeli canonici), ha un ampia sezione di {{passo biblico2|Matteo|23-30}}. Ma manca {{passo biblico2|Matteo|23:34-35}}, pertanto non ne possiamo trarre inferenza. Tutte le citazioni dei papiri in questo documento sono prese da: Philip W. Comfort e David P. Barrett, ''The Text of the Earliest New Testament Greek Manuscripts'' (Wheaton: Tyndale House/Libronix, 2001).</ref> Lo vediamo anche negli oracoli "guai a voi..." ({{passo biblico2|Matteo|23:13-33}}), che riflettono profondamente le dichiarazioni profetiche. Gesù mostra chiaramente di essere un profeta,<ref>David L. Turner, "Matthew 23 as Prophetic Critique", ''Journal of Biblical Studies'' 4 (2004): 23-42, cfr. partic. 25-33; Susan Rieske, "Jesus’ Use of Old Testament Themes in Matthew 23:34-39", ''Journal of Biblical Studies'' 4 (2004). Inoltre, Davies, "Jesus and the Role of the Prophet", suggerisce che i riferimenti ai falsi Cristo e ai falsi profeti in combinazione ({{passo biblico2|Marco|13:22}}) potrebbero "indicare" l'"autodesignazione" di Gesù come il vero profeta (242). In modo significativo, J. Severino Croatto, in "Jesus, Prophet like Elijah and Prophet-Teacher like Moses in Luke-Acts", ''Journal of Biblical Literature'' 124 (2005) sottolinea che la designazione messianica offuscava la consapevolezza laica di Gesù come profeta, il cui ruolo è centrale in Luca (451). Più importante, egli afferma che il punto di vista profetico nella "attività di Gesù è così intenso nel ''magnum opus'' lucano, che pare sorprendente possa essere rimpiazzato da interpretazioni messianiche" e che ciò divenne il ''focus'' del testo con l'esclusione virtuale dell'interpretazione profetica (465).</ref> come lo dimostrano i suoi commenti riguardo all'accettazione o all'onore di un profeta nel proprio paese ([https://giuseppemerlino.wordpress.com/2011/01/10/vangelo-di-tommaso-testo-integrale/ Vang. Tomm. 31:1];<ref>La citazione nel [[w:Vangelo di Tommaso|Vangelo di Tommaso]] è molto significativa poiché questa opera sembra alquanto vicina a quella che chiamiamo "[[w:Fonte Q|Fonte Q]]".</ref> {{passo biblico2|Matteo|13:57}}; {{passo biblico2|Marco|6:4}}; {{passo biblico2|Luca|4:24}}; {{passo biblico2|Giovanni|4:44}}).<ref>{{passo biblico2|Giovanni|4:44}} si trova nel Papiro Bodmer II + Inv. Nr. 4274/4298 del II secolo. William John Lyons dimostra che questa non è un'affermazione proverbiale citata comunemente da Gesù quando dice "Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua" — cfr. il suo "Mark 6:4 and Parallels: A Study in the Methodological (In)Consistency of the Jesus Seminar", ''Journal for the Study of the Historical Jesus'' 6 (2008): 59-84. Lyons specula sull'idea che il ministero di Gesù sia la base del suo detto (82-83).</ref> Inoltre, le "folle" in Matteo ({{passo biblico|Matteo|21:11}}) e Luca ({{passo biblico|Luca|7:16,24:19}}) chiamano esplicitamente Gesù profeta. È considerato un grande profeta ({{passo biblico2|Luca|11:16}}). Ancora più importante, egli si autoidentifica come un profeta ({{passo biblico2||Luca|13:33}}). L'interpretazione che Gesù fosse un profeta rimane parte delle convenzioni musulmane ([https://www.sufi.it/corano/2.htm Q2:136]), ma non ha continuato a essere presa in considerazione nelle tradizioni ebraico-cristiane non accademiche.
 
Ci sono vari motivi per cui la natura profetica del Gesù storico, che fa parte della interpretazione accademica, non fa parte del moderno dialogo laico ebraico-cristiano. Quest'ultimo sta solo ora cominciando a occuparsi dei ''realia'' storici pertinenti alle credenze, ai riti e alle pratiche fondamentali e ai paralleli molto specifici trovati tra i testi dell'Antico Testamento/Scrittura ebraica e del Nuovo Testamento.<ref>P. E. Davies pensa che la nostra consueta nomenclatura messianica per Gesù offuschi effettivamente la sua natura profetica ("Jesus and the Role of the Prophet", 254).</ref> Piuttosto, le differenze tra le due prospettive sono legate al punto focale, sebbene evoluto concettualmente o teologicamente, di quelle credenze, riti e pratiche. La concezione laica considera il testo neotestamentario solo per quanto riguarda il cristianesimo o l'ebraismo moderni: in altre parole, ruota attorno a ciò che è pertinente al rispettivo credente senza riguardo alla validità storica. D'altra parte, la comprensione accademica si occupa di validità storica, e guarda a ciò che crediamo fosse pertinente al rispettivo credente ai tempi di Gesù, nonché a quello in cui è stato composto il testo canonico.<ref>Sulla base di ciò che sappiamo della trasmissione orale, è probabile che i due molto probabilmente differirono.</ref>
 
I cristiani hanno, come nucleo della loro fede, Gesù, che era nato come re dei Giudei ({{passo biblico2|Matteo|1:1}}; {{passo biblico2|Marco|1:1}}) e che è anche l'unto, il Messia o Cristo ({{passo biblico2|Matteo|16:16}}; {{passo biblico2|Marco|8:29}}; {{passo biblico2|Luca|9:20}}; {{passo biblico2|Giovanni|1:41,4:25}}).<ref>Esiste un vasto ''corpus'' di letteratura che tratta di Gesù come il Messia. Nonostante la loro data di pubblicazione, Tryggve Mettinger col suo ''King and Messiah'' (Lund: ConBOT 8, 1976) Sigmund Mowinckel con ''He That Cometh: The Messiah Concept in the Old Testament and Later Judaism'' (Grand Rapids: Eerdmans, 2005) sono sempre importanti. Per problematiche in merito alla figure messianiche del Secondo Tempio, si veda [[w:Jacob Neusner|Jacob Neusner]], ''Messiah in Context: Israel’s History and Destiny in Formative Judaism''(Philadelphia: Fortress, 1984); cfr. anche, ''Judaisms and Their Messiahs at the Turn of the Christian Era'', curr. Jacob Neusner, William Scot Green e Ernest Frerichs (Cambridge: Cambridge University Press, 1987).</ref> Ma, sorprendentemente, è solo in {{passo biblico2|Giovanni|4:26}} che Gesù si autoidentifica come tale.<ref>Per una testimonianza precedente (metà II sec. e.v.) al primo MS del testo canonico di {{passo biblico2|Giovanni|4:26}}, si veda P. Bodmer II + Inv. Nr. 4274/4298.</ref> Tuttavia, poiché Giovanni è chiaramente influenzato dal medio-platonismo, questa attribuzione potrebbe essere semplicemente una diversa delineazione di ciò che era chiaramente compreso dai seguaci di Gesù, inclusi gli autori dei vangeli sinottici. Dal punto di vista della fede [[w:Pasqua|pasquale]], la persona messianica di Gesù è fondata e basata sulla risurrezione ({{passo biblico2|Atti|26:23}}; {{passo biblico2|Romani|4:24,8:11}}; {{passo biblico2|Galati|1:1}}; {{passo biblico2|Efesini|1:20}}),<ref>Joseph Jensen, "Prediction-Fulfillment in Bible and Liturgy", ''Catholic Biblical Quarterly'' 50 (1988): 656. Se la risurrezione fu corporea è in discussione. George W. E. Nickelsburg, in "Resurrection", ''Anchor Bible Dictionary'', cur. David Noel Freedman (New York:Doubleday, 1992) dice che tali tradizioni suggeriscono un tipo di "tendenza apologetica" (5:691). F. W. Horn, in "Holy Spirit", ''Anchor Bible Dictionary'', nota che la risurrezione di Gesù dai morti "è espressa in alcune delle formula cristiane più antiche" (3:267).</ref> specificamente tramite lo spirito santo ({{passo biblico2|Romani|8:11}})<ref>Cfr. ''11Q Melch 18'', dove si fa riferimento all'araldo della fine dei tempi come "unto dallo spirito" (חורה חישמ). Cfr. ad esempio, Adam Simon von der Woude, "Messianic Ideas in Later Judaism", ''Theological Dictionary of the New Testament'', curr. Gerhard Kittel e Gerhard Friedrich, trad. e cur. Geoffrey W. Bromiley (Grand Rapids: Wm. B. Eerdmans, 1964), 9: 517.</ref> o il padre ({{passo biblico2|Atti|2:32,3:15}}; {{passo biblico2|1Tessalonicesi|1:10}}; {{passo biblico2|Galati|1:1}}; {{passo biblico2|1Corinzi|6:14}}; {{passo biblico2|Romani|4:20-24}}; {{passo biblico2|Efesini|1:17-20}}). Tuttavia la ''persona'' messianica abbraccia anche la nascita verginale di Gesù ({{passo biblico2|Matteo|1:18-25}}); il suo ''status'' di Figlio dell'Uomo e Figlio di Dio,<ref>I Nuovo Testamento ripetutamente usa questi termini in riferimento al Gesù storico o al Gesù escatologico. Per una panoramica, si veda George W. E. Nickelsburg, "Son of Man", ''Anchor Bible Dictionary'' 6:141-50. Per il "Figlio dell'Uomo" e per l'influenza di Enoch nel delineare Gesù, cfr. G. W. E. Nickelsburg, "First and Second Enoch: A Cry against Oppression and the Promise of Deliverance", in ''The Historical Jesus in Context'', curr. Amy-Jill Levine, Dale C. Allison Jr. e John Dominic Crossan (Princeton: Princeton University Press, 2006), 87-109; cfr. partic. 89-92. Per una discussione onnicomprensiva dei significati messianici ed umani ed i rispettivi usi, cfr. Adela Yarbro Collins e John J. Collins, ''King and Messiah as Son of God: Divine, Human, and Angelic Messianic Figures in Biblical and Related Literature'' (Grand Rapids: Eerdmans, 2008). Crispin H. T. Fletcher-Louis, in "Jesus as the High Priestly Messiah: Part 2" ''JSHJ'' 5 (2007), dimostra che il termine Figlio dell'Uomo viene riferito a Gesù come "re e sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec" (57-79, partic. 57). Fletcher-Lewis nota che Giovanni (Apoc. 1:13-16) "vede Gesù come Figlio dell'Uomo" con le rispettive vesti del sommo sacerdozio (59). J. Andrew Overman, in ''The New Oxford Annotated Bible:NRSV with the Apocrypha'', III ediz., cur. Michael D. Coogan, (Oxford:Oxford University Press, 2001) asserisce che l'uso greco di "Figlio di Dio" denota un leader di qualche tipo o un'entità divina (32 [New Testament] a Matteo 16:16).</ref> la sua sofferenza e morte per i peccati dell'umanità ({{passo biblico2|Matteo|26-27}}; {{passo biblico2|Marco|14-15}}; {{passo biblico2|Luca|22:23}}; {{passo biblico2|Giovanni|12-19}}); la sua condizione di uno che è egli stesso stato risuscitato ({{passo biblico2|1Corinzi|15:12,19:3-4}}) e verrà di nuovo ({{passo biblico2|Matteo|24:27}}; {{passo biblico2|Marco|13:24-27}}; {{passo biblico2|Luca|21:25-28}}); e, uno che non solo ha il potere di risuscitare altri dai morti ({{passo biblico2|Marco|5:35-43}}; {{passo biblico2|Luca|7:11-15}}; {{passo biblico2|Giovanni|11:1-34}}),<ref>La credenza che i morti potessero essere risuscitati risale dall'antichità in poi. Importante nel Nuovo Testamento è la risurrezione di Lazzaro. Vediamo inoltre la risurrezione dei morti nei Padri della Chiesa pre-Nicene. Si veda, per esempio, "On the Resurrection of the Dead The Treatise of Athenagoras the Athenian, Philosopher and Christian" in ''Early Church Fathers 1.2.4.2.0.0: The Ante-Nicene Fathers 2'', curr. Alexander Roberts, James Donaldson e A. Cleveland Coxe (Grand Rapids: Eerdmans/Libronix, ND), 149-62.</ref> ma risusciterà o condurrà i credenti alla vita eterna ({{passo biblico2|Giovanni|5:21}}; {{passo biblico2|Atti|26:8}}; {{passo biblico2|Romani|4:17}}; {{passo biblico2|2Corinzi|1:9}}) anche se non è chiaro se sia Dio Padre o Cristo la causa efficiente.<ref>Per questa ed altre tradizioni e termini riferiti alla designazione di Gesù quale profeta che, a differenza di Figlio dell'Uomo o Figlio di Dio, potrebbe essere un "minimo irriducibile", si veda P. E. Davies, "Jesus and the Role of the Prophet", 24. Che "Figli del Padre", l'equivalente di "Figli del Profeta" possa essere usato più esplicitamente di "Figlio di Dio", è molto importante. Si veda, per esempio, James G. Williams, "The Prophetic ‘Father’: A Brief Explanation of the Term ‘Sons of the Prophets,’" ''Journal of Biblical Literature'' 85 (1966): 344-48. J. Severino Croatto, in "Jesus, Prophet like Elijah", 453, chiama il termine Figlio di Dio "polisemico e ambiguo". Esamina "la tradizione dei ‘figli dei profeti’ in 1 Sam. 10:5; 19:20-24; 2 Re 2:3; Gioele 3:1-5" con riferimento all'estatico. D'altra parte, questa interpretazione potrebbe essere precedente.</ref>