Riflessioni su Yeshua l'Ebreo/Gesù ebreo e greco: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
testo
Riga 104:
Degni di nota sono anche gli [[w:Ebioniti|Ebioniti]]<ref>La parola ''ebioniti'' (in greco ''ebionaioi''), è una traslitterazione del termine ebraico ''evionim'' (in lettere ebraiche: אביונים), che significa "poveri".</ref> e i primi cristiani di lingua greca, e il modo in cui contribuirono all'immagine di Gesù:
{{q|I discendenti dei seguaci originali di Gesù Cristo, che divennero noti come Ebioniti, si mantennero per qualche tempo come una piccola setta e poi si sciolsero. Oggi sono dimenticati, tranne quando sono raffigurati nel Nuovo Testamento, una raccolta di trattati in lingua greca messi insieme da Saulo di Tarso e dai cristiani. In questi trattati, l'insistenza degli Ebioniti sul fatto che Gesù Cristo era stato "il" Messia, ha un significato completamente nuovo. Diventa la base per un rituale pseudocannibalista in cui ai cristiani viene ingiunto di pretendere di mangiare la carne e bere il sangue di Gesù Cristo per ottenere la vita eterna. Dal rango di "Messia", il Nuovo Testamento promuove Gesù al rango di "Figlio di Dio", per meglio ingiungere la simulazione di mangiare la sua carne e bere il suo sangue.<ref>Wolfe, ''The Origins'', 54.</ref>}}
Ora, forse Wolfe sta presentando la cosa in modo eccessivamente crudo, ma in sostanza vero. Gli ebioniti parlavano aramaico, mentre Paolo e i suoi seguaci parlavano greco. Per i primi tre secoli del cristianesimo, i documenti conosciuti sono in greco e furono i greci a rendere popolare e diffondere il cristianesimo; usarono la lingua greca, in Egitto, Siria e Turchia e successivamente ampliarono le loro attività di proselitismo e la loro influenza in Grecia e a Roma. Dopo il 70 e.v. gli Ebioniti si stabilirono in Giordania e non ebbero più molta influenza, ma mantennero comunque la legge mosaica, a differenza dei cristiani greci. Ironia della sorte, i cristiani del secondo e del terzo secolo e.v. condannarono gli Ebioniti come eretici per l'usanza ebionita di pretendere di mangiare la carne e bere il sangue del loro defunto leader Gesù. Rituale che tuttora si ripete nella [[w:messa|messa cattolica]] ed in altre funzioni liturgiche cristiane.<ref>''Ibid.'', 55.</ref>
 
Sia gli Ebioniti che in seguito i primi cristiani di lingua greca affermarono che Gesù aveva poteri magici.<ref>''Ibid.'', 56.</ref> I cristiani aggiunsero l'affermazione che Gesù era il "Figlio di Dio" per promuovere la sua immagine soprannaturale.
 
Un altro punto di vista su Gesù, formulato nel Nuovo Testamento e basato sul termine greco [[w:kerigma|κήρυγμα (''kérygma'')]], che è il termine greco neotestamentario per la predicazione (o la proclamazione, l'annuncio o l'invocazione). Gesù è descritto nel Nuovo Testamento mentre entra nelle sinagoghe per predicare o proclamare e leggere il libro del profeta Isaia, un'analogia con la proclamazione di Gesù come Messia basata sull'interpretazione appunto del [[w:Libro di Isaia|libro di Isaia]]. Tuttavia, fondamentalmente, il Nuovo Testamento descrive Gesù come colui che proclama la "buona novella" ai poveri, ai ciechi e ai prigionieri. Il cristianesimo ebraico considerava il ruolo combinato di Gesù come guaritore, [[w:taumaturgia|taumaturgo]], insegnante, profeta e messia — personaggio molto più importante del semplice Signore risorto del ''kerygma''. Nelle prime congregazioni cristiane ellenistiche, fondate da ebrei greci e composte principalmente da non ebrei, l'idea di Gesù come il Signore risorto del ''kerygma'' si sviluppò fino allo stato in cui "la redenzione attraverso il Cristo crocifisso e risorto divenne il fulcro della predicazione".<ref>Flusser, ''Jesus'', 20.</ref>
 
Secondo lo studioso biblico cristiano [[w:Charles Harold Dodd|C. H. Dodd]], l'antico ''kerygma'' contribuì alla convinzione che "in virtù della risurrezione, Gesù è stato esaltato alla destra di Dio come capo messianico del nuovo Israele".<ref>Charles Harold Dodd, ''The Apostolic Preaching and its Developments: Three Lectures with an Eschatology and History'' (Londra: Hodder and Stoughton, 1936), Cap. 1.</ref> Il ''kerygma'' non solo fu un mezzo, ma anche un fine, e si chiudeva sempre con un appello al pentimento, un'offerta di perdono e la promessa di salvezza. I seguaci furono attirati nella nuova religione con un'offerta di perdono dei peccati nello spirito di Gesù e per grazia dello Spirito Santo. Il perdono per i peccati non era collegato nella chiesa primitiva alla morte di Gesù, ma a tutta la sua vita, morte e risurrezione. Inoltre, il ''kerygma'' di Gerusalemme non includeva l'intervento di Gesù a favore dei peccati dei nuovi convertiti, ma Paolo aggiunse questo più tardi. Quindi, il ''kerygma'' portò alla teoria della sostituzione, che devia dal Gesù ebreo, ma il Gesù "risorto" iniziale non sostituiva Dio nel perdonare i peccati.
{{clear}}
 
[[:en:w:Gregory Dix|Dom Gregory Dix]] afferma che, dopo la crocifissione di Pietro a Roma, gli apostoli presentarono documenti siriaci (un aramaico medio diffuso nella Mezzaluna fertile) del Nuovo Testamento e l'influenza ellenica cessò:
{{q|Quel balzo stupefacente da un mondo all'altro fu la conquista della generazione cristiana "apostolica", tra la crocifissione di Gesù a Gerusalemme e la crocifissione di Pietro a Roma. E solo dopo che quel salto fu compiuto le Chiese gentili produssero i documenti più sostanzialmente e ovviamente "siriaci" del Nuovo Testamento – i Vangeli – quale registrazione di quel κήρυγμα ebraico-cristiano che li aveva portati ad essere cristiani. Se c'è un "processo" osservabile nella composizione dei Vangeli, esso è un processo di "traduzioni" piuttosto che di "adattamento". A rigor di termini, non c'è più pensiero "ellenistico" in loro (per quanto possiamo scoprire) di quanto non ci fosse in Gesù stesso. Dobbiamo riconoscere questo fatto. I Vangeli presentano idee puramente siriache, non elleniche, anche se sono scritte in greco, e per un pubblico greco e gentile. Sono, in generale, la testimonianza autentica di Gesù stesso, di ciò che disse e fece e di ciò che fu nei fatti storici. Ma sono anche la prova del suo continuo potere di dirigere questo processo dirompente di espansione cristiana attraverso un estraneo mondo greco in una sola generazione, perché sono anche l'essenza e il prodotto di ciò che le chiese gentili credevano e predicavano alla fine di quella espansione prodigiosa e rapida. Altrimenti non sarebbero quello che sono.<ref>Dix, ''Jew and Greek'', 3-4.</ref>}}
Sebbene la succitata rappresentazione scritta da un monaco anglicano possa essere più teologica che storica e neghi le raffigurazioni sopra discusse in merito alla forza dei testi greci e dell'ellenismo nel cristianesimo primitivo, e aggiunga un po' di preminenza latina successiva nel cristianesimo che potrebbe non essere appropriata per una chiesa primitiva dominata dal greco, Dix aggiunge l'elemento dell'influenza aramaica nel paleocristianesimo che andava ben oltre gli Ebioniti e la Giordania.
 
Secondo la tradizione cristiana, uno dei primi dodici discepoli di Gesù, l'ebreo [[w:Giuda Iscariota|Giuda Iscariota]], fu indotto a tradire Gesù per una somma di denaro: trenta denari d'argento ({{passo biblico|Matteo|26:14-16}}). Adler cita gli evangelisti Matteo, Marco e Luca e lo studioso francese [[w:Ernest Renan|Renan]], che osserva che Giuda consegnò Gesù ai romani con il segnale identificativo di un bacio. Secondo Marco, i [[w:Sommo sacerdote|sommi sacerdoti]] stavano cercando un modo astuto per arrestare Gesù e non volevano farlo durante la [[w:Pesach|festività della Pasqua]], ma la sera prima, al fine di evitare una rivolta da parte del pubblico. Tuttavia, Adler differisce da loro in quanto afferma che Giuda consegnò Gesù ai romani, non in modo aggressivo o in cambio di corruzione, ma per amore e ammirazione.<ref>Adler, ''Jesus, Who Are You?'', 66-67.</ref> Ci sono studiosi che ipotizzano che Gesù abbia accettato il complotto volentieri o addirittura lo abbia iniziato per essere ricordato come martire e persino come il Messia.
 
La storia del tradimento di Gesù da parte di Giuda, secondo lo studioso Hyam Maccoby, fu parte di un tentativo di riempire la biografia di Gesù in un modo che Paolo non tentò mai, e vari dettagli furono importati dalle tradizioni storiche della chiesa di Gerusalemme, ma principalmente i seguaci di Paolo cercarono una narrazione che ricreasse l'immagine di Gesù come ''sacrificio divino''.<ref>Hyam Maccoby, ''Judas Iscariot and the Myth of Jewish Evil'' (New York: The Free Press, 1992), 26.</ref> Maccoby fornisce un ampio contesto e relativi dettagli per inserire ulteriormente questa affermazione nel giusto contesto storico.
 
 
 
{{clear}}
== Conclusione ==