Riflessioni su Yeshua l'Ebreo/Salmo 22: differenze tra le versioni

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== Salmo 22 (LXX Ψ 21)<ref>Va notato che la numerazione dei Salmi è leggermente deviante nella ''[[w:Septuaginta|Septuaginta]]''; ad esempio, le soprascritte (usualm. in corsivo) non fanno parte della numerazione nella ''LXX''.</ref> e la crocifissione di Gesù ==
{{Vedi anche|Eli Eli Lama Sabachthani|Ecco l'uomo}}
[[File:Brooklyn Museum - My God My God why hast thou forsaken me (Eli Eli lama sabactani) - James Tissot.jpg|260px|right|thumb|'''''[[Eli Eli Lama Sabachthani|Eli, Eli lama sabactani?]]'''''<br/><small>[[w:guazzo|guazzo]] & grafite su carta di [[w:James Tissot|James Tissot]], 1886-94</small>]]
L'uso esplicito del Salmo 22:2 nei Vangeli si trova nella scena della crocifissione, {{passo biblico2|Matteo|27:46}} e {{passo biblico2|Marco|15:34}}.<ref>Stolz, "Psalm 22,", 146, elenca la distribuzione dei lemmi dal Salmo 222 in Marco.</ref> Matteo e Marco descrivono la supplica agonizzante di Gesù dalla croce:
{{q|E, verso l'ora nona, Gesù gridò a gran voce: "Elì/Eloi, Elì/Eloi, lamà sabactàni?" (Ηλι ηλι λαμα σαβαχθανι), cioè: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"}}
Le parole iniziali del Salmo 22:2 compaiono in una trascrizione dell'ebraico-aramaico prima di essere tradotte in greco. Gesù che parla in ebraico-aramaico conferisce autenticità alla resa delle sue ultime parole; l'espressione delle ultime parole è paragonabile a numerose scene sul letto di morte nella letteratura postbiblica.<ref>I testamenti nei ''Pseudepigrapha''.</ref> Matteo e Marco collocano questa citazione nel momento culminante appena prima della morte di Gesù. Nella versione greca Matteo è più vicino alla versione ebraica, sebbene la traduzione greca di questo lemma dal Salmo 22:2 che si trova nei Vangeli differisca dalla traduzione della ''Septuaginta'' dello stesso verso. La versione evangelica dei lemmi del Salmo 22:2 è la più vicina al [[w:Targum|Targum]] dei Salmi.<ref>Per ulteriori dettagli, si veda Esther Menn, "Nor Ordinary Lament: Relecture and the Identity of the Distressed in Psalm 22", ''Harvard Theological Review'' 93 (2000): 301-41, 330.</ref> Il Nuovo Testamento ha ''sabachthani'' nella frase pronunciata da Gesù invece di ''azavtani'' nella Bibbia ebraica. Il problema è stato da tempo riconosciuto se ''sabachthani'' abbia lo stesso significato di ''azavtani''. Il verbo ''azavtani'' deriva da ''azav'' (abbandonare, rinunciare, lasciare), mentre la parola ''sabachthani'' dei Vangeli non è presente nei primi testi ebraici. Il termine ebraico-aramaico più vicino sarebbe il costrutto artificiale ''zevahtani''. Il termine ''sabachthani'' potrebbe forse essere derivato da ''zavah'' (sacrificare, macellare [un animale sacrificale]), che si trova nella Bibbia ebraica e nella letteratura rabbinica,<ref>Tra la moltitudine di esempi, si veda ''Mekhilta, Pisha'', 4; Mishnah, ''Menahot'' 7:6; Bavli, ''Pesahim'' 70b.</ref> ma non nella forma indicata dal brano evangelico (''zevahtani''). Questo costrutto artificiale non si trova negli antichi testi ebraici; nessun animale sacrificale parla di se stesso. Sulla base dell'associazione con ''zavah'', la frase potrebbe essere resa con "Dio mio, Dio mio, perché mi hai sacrificato?" Se questa interpretazione è corretta, si potrebbe ipotizzare che l'uso di ''sabachthani'' nei due Vangeli sia stato progettato apparentemente per rappresentare la scena della Passione come un'offerta sacrificale,<ref>Targum ''Yonathan'' riporta ''Eli, Eli, metul mah shevaqtani''. Il verbo ''shevaqtani'' deriva dall'aramaico ''shevaq'' [lasciare, abbandonare]. Il testo greco non è preciso o consistente nella sua traslitterazione dall'aramaico; potrebbe quindi essere lontanamente possibile che l'aramaico ''shevaqtani'' fosse diventato ''sabachthani'' nel processo di traslitterazione.</ref> correlandola al sacrificio [[w:Pesach|pasquale]]. L'utilizzo del lemma del Salmo 22:2 come "sacrificato o macellato" nelle Scritture cristiane collegherebbe il termine a {{passo biblico2|Isaia|53:7}}, che è stato applicato alla morte di Gesù. Il "servo sofferente" in Deutero-Isaia sarebbe stato macellato in futuro come sacrificio: ''Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca'' (Isaia 53:7).
 
"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Matt. 27:46; Marco 15:34) è attribuito a Davide in Salmo 22:2. Gli scrittori dei Vangeli capirono che le parole di Davide riguardanti la sua situazione si applicavano alla sofferenza di Gesù ed erano un'espressione di abbandono. In un testo rabbinico che può essere tannaitico, questo cruciale lemma del Salmo è usato per supplicare la misericordia di Dio. Mekhilta, ''Shirata'' 3: ''Mio Dio, mio ​​Dio perché mi hai abbandonato'' (Sal 22:2) spiega il lemma "Mio Dio (''eli'')" come indicasse la misura della misericordia (''middat ha-rahamim'') di Dio. Questo testo in Mekhilta è coerente con l'interpretazione tipologica rabbinica: ogni volta che Dio viene chiamato "El" s'intende la natura compassionevole di Dio, che giudica le persone con la misura della misericordia divina.<ref>Per esempio, Midrash ''Sekhel Tov, Shemot'' 15, cita Salmo 22:2; si veda anche ''Yalqut Shim`oni Beshallah'', 244.</ref> Ad esempio, Salmo 22:2 appare come la preghiera di Ester nel suo tentativo per salvare gli ebrei di Persia dalla distruzione.<ref>Menn riassume alcune delle interpretazioni rabbiniche di lemmi singoli dal Salmo 22 nel ''corpus'' rabbinico; si veda anche Brown Tkacz, che considera la Regina Ester come messia femminile, 710-11.</ref> L'afflizione espressa nel Salmo è utilizzata per evocare la sofferenza degli ebrei in Persia. Questa sofferenza è invertita dall'intervento divino in risposta alla preghiera di Ester.