Riflessioni su Yeshua l'Ebreo/Storie di Gesù: differenze tra le versioni

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# Che rialza chi è caduto ({{passo biblico2|Salmi|146:6-8}})
# Che crea il cielo e la terra, il mare e quanto contiene ({{passo biblico2|Salmi|146:6-8}})
# Che mi dàciòdà ciò di cui ho bisogno ({{passo biblico2|Salmi|146:6-8}})
# Che fa sicuri i passi dell'uomo ({{passo biblico2|Salmi|37:23}}; {{passo biblico2|Samuele|2:9}})
# Che cinge Israele di potenza (''[[:en:w:Gevurah|gevurah]]'') ({{passo biblico2|Salmi|65:7;93:1}}
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Le invocazioni 2, 3 e 4 non riflettono preoccupazioni basate sulla Bibbia e quindi l'assenza di un passaggio rilevante non sorprende. Tramite loro, il singolo ebreo esprime orgoglio per la sua identità di individuo e per il suo ''status'' sociale. Sia la loro formulazione che la loro giustificazione sono discusse dai saggi che le hanno ereditate come tali e furono quindi costretti a giustificare la loro presenza nella liturgia (j. Ber 9:2; b. Menach 43b-44a).<ref>Marx, "The Morning Ritual", 125-26.</ref> Esse riflettono preoccupazioni e atteggiamenti tipici dei valori ellenistici e romani levantini, ma sono spiegate in fonti apologetiche come espressioni di ringraziamento per essere stato reso Israelita maschio libero e obbligato a soddisfare il numero massimo di comandamenti divini (b. Menach 43b; tos Ber 6:18).<ref>Nel difendere la formulazione della benedizione riferita alle donne, Rabbi Judah sottolinea che le donne non sono obbligate a rispettare tanti comandamenti quanti ne devono rispettare gli uomini (tos Ber 6:18).<br/>B. Menach 43b menziona altre formulazioni di queste benedizioni usate durante il periodo tannaitico: Che mi ha reso Israelita (usata nel rituale sefardita); Che non mi ha fatto donna; Che non mi ha reso un cafone. (L'ultima formulazione si trova anche in j. Berach 9:2). Tos. Ber 6:18, cita Rabbi Judah che tenta di sostenere le dichiarazioni facendo riferimento a passaggi per due delle formulazioni alternative: 1) Isaia 40:17, "tutti i gentili non sono niente davanti a Lui", (e implicitamente, chi vorrebbe mai nascere gentile?); 2) M. Avot 2:5 presenta l'aforisma "un cafone non teme il peccato", sottintendendo che nessuno vorrebbe nascere cafone.</ref> Indirettamente, attestano una credenza nella determinazione divina dell'etnia, del sesso e dello stato sociale di un individuo prima della nascita.
 
L'affermazione polemica di Paolo contro una qualche forma iniziale di queste stesse benedizioni in {{passo biblico2|Galati|3:28}} indica che erano ben conosciute a metà del I secolo e.v.: "Non c'è né Giudeo né Greco, non c'è né schiavo né libero, non c'è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesú".<ref>Su queste tre benedizioni, si veda Joseph Tabory, "The Benedictions of Self-Identity and The Changing Status of Women and of Orthodoxy", ''Kenishta'' 1 (2001): 107-38.</ref>
 
Sebbene l'invocazione 6 possa alludere alla storia del Giardino di Eden in cui Dio appronta tuniche di pelle per Adamo ed Eva ({{passo biblico2|Genesi|3:10,21}}), non sono stato in grado di trovare la fonte della sua effettiva formulazione.
 
Un confronto del linguaggio di tutte le invocazioni con le loro fonti addotte rivela che le persone che conoscevano a memoria vasti brani della Bibbia e che potevano associare liberamente i rispettivi testi composero tali benedizioni, formulando così elementi di una comune teologia ebraica condivisa. Vale la pena osservare che la maggior parte dei verbi sono al tempo presente.
 
In effetti, ulteriori espressioni di teologia comune si trovano nel nucleo centrale del servizio mattutino, di ogni servizio contemporaneo, in una preghiera chiamata variamente ''[[w:Amidah|Shemoneh Esreh]]'', "le Diciotto Benedizioni", o ''[[w:Amidah|Amidah]]'', "la Preghiera in piedi", o ''Hattefillah'', "La Preghiera".<ref>Le parole finali dell'espressione "nostro Dio e Dio dei nostri padri" nella prima benedizione dello ''Shemoneh Esreh'' sembrano essere ridondanti. Binyamin Katzoff spiega che divennero affermazioni liturgiche di primo piano in Eretz Israel durante il IV secolo e.v. come risposta ebraica alle affermazioni cristiane, principalmente gentili, che loro, piuttosto che gli ebrei, erano il popolo eletto di Dio e che avevano ereditato la relazione di Israele con Dio. Si veda "‘God of our Fathers’: Rabbinic Liturgy and Jewish Christian Engagement", ''JQR'' 99:3 (2009): 316-20. Aggiungerei che la frase funzionò come un'affermazione di identità etnica contro i cristiani che si consideravano una comunità religiosa deracinata. (La conclusione di Katzoff su questo punto è meno diretta. Cfr. pp. 321-22.)</ref> Le origini di questa preghiera risalgono al periodo [[w:Asmonei|Asmoneo]], ma potrebbe essere stata messa nella sua forma esistente al tempo di [[w:Gamaliel II|Gamliel II]], un tanna del II secolo e.v. che, fino a quando fu deposto, tentò di imporre un'ortodossia intrusiva agli studiosi [[:en:w:Yavne|yavnei]].<ref>[[:en:w:Louis Finkelstein|Louis Finkelstein]], "The Development of the Amidah", ''JQR'' 16 (1925): 2. L'autorità rabbinica per tale conclusione è una ''baraita'' in b. Meg 17b. Altre tradizioni suggeriscono che fu composta nel tardo periodo pre-esilico o persiano (b. Ber 33a; b. Meg 17b). Questi riferimenti potrebbero risalire al tempo delle sue prime formulazioni. Cfr. Ismar Elbogen, ''Jewish Liturgy, A Comprehensive History'' (Philadelphia: The Jewish Publication Society/The Jewish Theological Seminary, 1993), 25, 201-03. Questa versione di Elbogen si basa sull'edizione tedesca originale del 1913 e l'edizione ebraica del 1972 cur. da Joseph Heinemann ''et al.'' che incorporava materiale introdotto da Elbogen nelle edizioni successive insieme alle annotazioni di Heinemann basate sulla sua personale ricerca fino al 1972. Per una critica della ricerca di Finkelstein, cfr. p. 393, nota 1 e pp. 395-96, nota 4.</ref> La seconda benedizione di questa lunga preghiera è stata chiamata ''[[:en:w:Gevurah|Gevurot]]'' sin dal periodo tannaitico (cfr. [[w:Rosh Hashanah (Talmud)|m. Rosh Hashanah]] 4:15). Questo termine si traduce liberamente come "le potenti azioni di Dio" ed è un titolo appropriato per la sua descrizione delle attività di Dio.<ref>Una forma precedente di ''Gevurot'' si è evoluta in una parte di una liturgia cristiana nota come "[[w:Costituzioni apostoliche|Costituzioni apostoliche]]". Si veda Kaufmann Kohler "The Origin and Composition of the Eighteen Benedictions with a Translation of the Corresponding Essene Prayers in the Apostolic Constitutions", ''HUCA'' 1 (1924): 412-14. Sebbene l'identificazione di Kohler della preghiera sottostante come essena sia dubbia in termini di ciò che è stato appreso dai Manoscritti del Mar Morto, la sua natura e origine ebraica è abbastanza certa.<br/>Le Costituzioni Apostoliche esistono solo in una versione cristiana del IV secolo e.v., ma la ricerca indica che ebbe origine come composizione ebraica del I secolo e.v. Cfr. David A. Fiensy, ''Prayers Alleged To Be Jewish: An Examination of the Constitutiones Apostolorum'' (Chico, CA: Scholars Press, 1985) 143-48. Per una sintesi degli elementi ebraici nella liturgia paleocristiana, vedere Abraham Z. Idelsohn, ''Jewish Liturgy and Its Development'' (1932; rist., New York: Schocken Books, 1967), 301-08.</ref> Questa benedizione contribuisce all'elenco delle invocazioni, ma ripete anche alcune dall'elenco precedente.
: 15. Tu dai loro il cibo e appaghi il desiderio di ogni essere vivente ({{passo biblico2|Salmi|145:15-16}}; {{passo biblico2|2Samuele|19:33}})
: 16. Tu fai risorgere i morti (con abbondante misericordia) ({{passo biblico2|1Samuele|2:6}})<ref>Sulla base di manoscritti e vari riferimenti a questa e alla seguente invocazione nelle discussioni rabbiniche, Louis Finkelstein stabilì che l'avverbio ''chesed'', grazia, in questa invocazione e ''rachamim rabbim'', abbondante misericordia, in quella successiva, furono aggiunti nel Medioevo; pertanto, non vengono affrontati nella mia discussione successiva. Cfr. Louis Finkelstein, "The Development of the Amidah: Appendix I", ''JQR'' 16 (1925): 143-54. Si veda anche la forma breve delle ''gevurot'' nella versione Eretz Israel delle benedizioni ritrovate nella [[w:Geniza del Cairo|Genizah del Cairo]], dove mancano gli avverbi, in Richard S. Sarason, "The Persistence of Penitential Prayer in Rabbinic Judaism", in Mark J. Boda, Daniel K. Falk, Rodney A. Werline, curr., ''Seeking the Favor of God'', vol. 3 di ''The Impact of Penitential Prayer Beyond Second Temple Judaism'' (Atlanta: SBL, 2008), 20. Le parole aggiuntive erano basate sulle [[w:endiadi|endiadi]] in {{passo biblico2|Zaccaria|7:9}}; {{passo biblico2|Isaia|63:7,44:8}}; {{passo biblico2|Geremia|16:5}}.</ref>
: 17. Tu sorreggi i caduti ({{passo biblico2|Salmi|3:6;145:14}}, cfr. invocazione 8)
: 18. Tu guarisci gli infermi ({{passo biblico2|Salmi|103:3}})
: 19. Tu liberi i prigionieri ({{passo biblico2|Salmi|146:7}}, cfr. invocazione 7)
: 20. Tu mantieni e adempi la fede/promessa/alleanza per coloro che dormono nella polvere ({{passo biblico2|Daniele|12:2}})<ref>Per un'analisi teologica della ''Gevurot'' con enfasi sulla resurrezione nell'ambito della preghiera completa, si veda Reuven Kimelman, "The Daily ‘Amidah and the Rhetoric of Redemption", ''JQR'' 79.2-3 (1998-99): 182-86.</ref>
Il linguaggio della predicazione finale è tratto da {{passo biblico2|Daniele|12:2}} che si riferisce a un periodo futuro di tempo in cui il [[w:Arcangelo Michele|messaggero divino Michele]] sarà presente a un giudizio: "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra , ''’admat ‘apar'', si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e all'infamia eterna."<ref>Su {{passo biblico2|Daniele|12:1-2}} il riferimento più chiaro, ma non unico, alla resurrezione. Si veda Jon L. Levenson, ''Resurrection and the Restoration of Israel'' (New Haven: Yale University Press, 2006), 181-200. Sul rifiuto ebraico contemporaneo della credenza nella resurrezione sebbene sia parte di una preghiera ripetuta tre volte al giorno, cfr. pp. 1-22. Per la nozione di resurrezione, si veda anche {{passo biblico2|Isaia|26:19}}: "Ma di nuovo vivranno i tuoi morti, risorgeranno i loro cadaveri. Si sveglieranno ed esulteranno quelli che giacciono nella polvere, perché la tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre."</ref>
 
 
 
== Storie del Tanakh che giustificano le invocazioni ==