Riflessioni su Yeshua l'Ebreo/Storie di Gesù: differenze tra le versioni

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{{Immagine grande|Brooklyn Museum - He Sent them out Two by Two (Il les envoya deux à deux) - James Tissot - overall.jpg|550px|''" Il les envoya deux à deux"'', [[w:guazzo|guazzo]] & grafite su carta di [[w:James Tissot|James Tissot]], 1886-94}}
 
= Storie di Gesù, liturgia ebraica e alcune teologie in evoluzione fino a c. 200: stimoli e reazioni =
= Storie di Gesù =
Le persone raccontano storie, storie di amici, nemici, eroi e quant'altro. Le storie giocano ruoli sociali. Possono connettere le persone o separarle. Le storie ben raccontate possono costringere le persone a pensare alle loro implicazioni. Nelle società non dedite al pensiero astratto, le storie implcitamente trasmettono filosofie, teologie e visioni del mondo. Sono anche la fonte embrionale esplicita di filosofie, teologie e visioni del mondo.
 
 
 
Durante il primo secolo dell'[[w:era volgare|era volgare]] gli ebrei raccontavano storie su figure bibliche, su saggi come [[w:Rabbi Akiva|Rabbi Akiva]], e su Gesù. A giudicare dai testi esistenti, le storie tendevano ad essere brevi e incisive, autonome e non necessariamente connesse tematicamente o sequenzialmente. I narratori di [[w:Terra di Israele|Eretz Israel]] non crearono trame complesse o lunghe leggende sui loro eroi spirituali.<ref>Questo capitolo si concentra sul motivo per cui alcuni ebrei potrebbero essere stati attratti dalle affermazioni fatte su Gesù in certi tipi di storie e perché, nonostante ne accettassero alcune, scelsero di non unirsi alle comunità ebraico-cristiane. Analizza anche come la comprensione ebraica della natura di Gesù possa aver stimolato domande per le quali i racconti della nascita erano risposte appropriate. Inoltre, descrive le diverse strategie adottate dagli scrittori evangelici nel dare forma alle loro risposte.</ref>
 
Storie indipendenti di Gesù circolarono ampiamente nelle comunità dei primi cristiani, prima e molto tempo dopo la composizione dei Vangeli canonici. Venivano dette in modo casuale, anche se alcune potevano essere state usate formalmente nei primi ambienti [[w:eucaristia|eucaristici]] per ricordare alle persone ciò che stavano celebrando. Le storie buone, storicamente accurate o meno, attirarono un pubblico, innescarono discussioni e crearono quell'interesse che portò potenziali conversi in conversazioni coi discepoli. Le storie potevano rispondere a domande, eliminare dubbi, convincere.<ref>Molte delle storie a cui si fa riferimento di seguito dal Tanakh e dai Vangeli possono essere descritte come ''legenda'', un termine usato originariamente per descrivere un genere di storie medievali sui santi. Hanno tutte schemi semplici: una descrizione della situazione che richiede rimedio, una richiesta di aiuto e una descrizione dell'atto che ne consegue. Si veda Ziony Zevit, ''The Religions of Ancient Israel: A Synthesis of Parallactic Approaches'' (Londra: Continuum, 2001), 489-91.</ref> Potevano, naturalmente, anche creare questioni e problemi.
 
== Storie di Gesù ==
Le storie di Gesù e le loro interpretazioni hanno creato attraverso i secoli una cornice intellettuale-culturale all'interno della quale i credenti hanno creato vite di significato cristiano. Ogni storia ha un punto che potrebbe innescare discussioni sulla vita, morte e risurrezione di Gesù, sulle sue parabole e istruzioni e sulla loro importanza e rilevanza. I narratori di racconti trasformavano le loro storie in questa o quella forma, combinandole come meglio credevano, adattandole a un particolare pubblico di correligionari ebrei, le persone con cui condividevano vino e pasti, con cui pregavano e, forse, frequentavano una casa di studio, le persone con cui argomentavano e discutevano.
 
Poiché è improbabile che un uomo così intelligente come [[w:Paolo di Tarso|Paolo di Tarso]] avesse attaccato i cristiani come attivisti religiosi con poca o nessuna conoscenza delle loro credenze e storie, gli studiosi concludono che egli doveva aver conosciuto almeno alcune storie di Gesù che trovava inquietanti ({{passo biblico2|Galati|1:13}}; {{passo biblico2|1Corinzi|15:9}}). Paolo poteva aver sentito le sue prime storie dai cristiani di Tarso e dai loro detrattori. Il suo repertorio era stato di certo accresciuto nei vivaci mercati di Gerusalemme tramite discussioni con [[w:Farisei|Farisei]] che la pensavano allo stesso modo e sul [[w:Monte del Tempio|Monte del Tempio]] con [[w:Sadducei|Sadducei]] anticristiani. Ciò che apprese lo portò a considerare i cristiani nemici dell'ebraismo, o almeno ostili a ciò che egli considerava credenze appropriate ed essenziali, ed era disposto a rendere miserabili le loro vite.
 
Nonostante la sua opposizione ai cristiani, un sottoinsieme delle loro storie di Gesù alla fine esercitò il suo potere su di lui, e Paolo arrivò alla fede attraverso la conversione interiore ({{passo biblico2|Atti|9:1-7,22:6-11}}; {{passo biblico2|Galati|1:15-17}}).<ref>Per descrizioni di esperienze di conversione drammatica e le rispettive basi sottostanti al trauma, si veda naturalmente lo studio classico di [[w:William James|William James]], ''The Varieties of Religious Experience: A Study in Human Nature'' (New York: Penguin, 1985), 193-208, 212-17, 236-43. Non ne esiste uno migliore.</ref> La sua esperienza trasformò il significato di ciò che una volta aveva ritenuto vero e importante, turbando parte della sua visione del mondo. Convinzioni che avrebbe potuto condannare come falsità prima di partire per Damasco a perseguitare i cristiani, egli venne ad accettare come verità. All'inizio, il "nuovo" Paolo, il Paolo trasformato, scrivendo verso il 50-60 [[w:e.v.|e.v.]], potrebbe non aver conosciuto un'ampia panoplia di storie di Gesù, ma molto probabilmente ne apprese molte di più dopo la sua conversione, durante i suoi tre anni di permanenza a Damasco con la comunità cristiana e poi in seguito durante le successive visite a Gerusalemme.<ref>Georgia M. Keightley, "Christian Collective Memory and Paul’s Knowledge of Jesus", in ''Memory, Tradition, and Text: Uses of the Past in Early Christianity'', curr. Alan Kirk & Tom Thatcher, vol. 52, ''Semeia Studies'' (Atlanta: SBL, 2005), 129-31.</ref> Contribuirono a sostenere e a razionalizzare la sua fede.
 
La gamma delle storie di Gesù potrebbe aver portato molti ebrei ad associarsi e unirsi a gruppi cristiani. Per la maggior parte, diventare cristiano era un processo lento, meglio descritto come conversione ecclesiastica. Tale conversione era il risultato finale di un esteso processo di socializzazione influenzato e stimolato da molti fattori oltre alla conoscenza delle storie di Gesù: un fattore personale-psicologico, uno familiare, o politico, sociologico e/o intellettuale.<ref>Albert I. Gordon, ''The Nature of Conversion'' (Boston: Beacon Press, 1967), 2-3.</ref>