Cambiamento e transizione nell'Impero Romano/Capitolo I: differenze tra le versioni

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Tuttavia fu specialmente il riesame delle vicissitudini economiche da cui era emerso drammaticamente il Tardo Impero Romano, che impose una profonda revisione dell'attuale valutazione del terzo secolo. La scoperta di uno "stile" economico specifico della Tarda Antichità, contro le interpretazioni pessimiste di Lot, Rostovtzeff e Persson – e ancor prima da Meyer o M. Weber – comportò anche un'analisi più attenta delle fasi mediante le quali tale epoca era stata creata e delle sue forze concomitanti: proprio alla base delle "nuove" strutture dell'economia e società del tardo-romana stava quella perturbazione economica e sociale che gli storici, ancor troppo prevenuti dalle concezioni classiciste, avevano designato con espressioni tipo "decadenza" o "crisi". Nel 1926, quando Rostovtzeff espose la sua propria interpretazione della "crisi" imperiale, gli studi della storia monetaria dell'Impero Romano era ancora in una fase embrionica – o perlomeno, non erano ancora andati oltre la fase descrittiva; mancava ancora un'analisi in prodondità dell'inflazione del III secolo che, come oggi è assai evidente, poteva solo essere risolta con l'implementazione del sistema monetario di Costantino, connesso all'oro, al ''solidus'' aureo: la moneta più stabile di 4 ''grammata'' d'oro che avrebbe caratterizzato l'intera storia economica del mondo tardo-imperiale e "bizantino".<ref>Cfr. S. Mazzarino, ''Aspetti sociali del IV secolo'', pp. 107segg.; ''L’impero romano'', Bari, pp. 666segg., 694.</ref> Com'era, questa tema del rapporto tra economia e sistema monetario nel Tardo Impero fu alla base del libro che indubbiamente segnò un punto decisivo nell'interpretazione dell'economia tardo-imperiale, il famoso ''Geld und Wirtschaft im römischen Reich des vierten Jahrhunderts'' di [[:de:w:Gunnar Mickwitz|Gunnar Mickwitz]] (1932). In questo studio fondamentale, sebbene alquanto breve, – come anche in altre opere originali connesse a questo problema<ref>''Die Systeme des röm. Silbergeldes im IV Jhdt. n. Ch.'', Helsingfors, 1933; ecc.</ref> – il giovane studioso finlandese, reagendo alle interpretazioni "deprimenti" presentate da Persson<ref>A.W. Persson, "Staat u. Manifaktur im röm. Reiche", ''Skrifter utgivan av Vetenskaps-Societaten I Lund'', 3, 1923.</ref> e Rostovtzeff, insisteva sul fatto che l'economia privata del IV secolo era sempre fondata sullo scambio in moneta e che, in realtà il sistema monetario istituito da Diocleziano e stabilizzato da Costantino aveva tutti i requisiti per costituire un solido supporto alle strutture economiche e sociali del Tardo Impero. ''Contra'' Persson, che aveva interpretato le dinamiche economiche del IV secolo in termini della rioganizzazione di un'industria statale e la creazione di un sistema di economia dirigista che impediva la concorrenza (con la conseguente socializzazione dei prezzi di produzione e la relativa vittoria di un economia in natura) – modello in parte continuato dallo storico inglese [[:en:w:F. W. Walbank|F.W. Walbank]] in un libro di ispirazione marxista<ref>F.W. Walbank, ''The Decline of the Roman Empire in the West'', Londra, 1946, successivamente ripubblicato ed ampliato in ''The Awful Revolution. The Decline of the Roman Empire in the West'', Liverpool Univ. Press, 1969. Walbank, riguardo al sistema politico-amministrativo della Tarda Antichità, non esita ad usare, e giustamente, termini come "stato corporativo", "stato autoritario" (e nella prima ediz., persino "fascismo").</ref> – Mickwitz notò che non esisteva una documentazione sufficiente per comprovare un socialismo statale, una produzione di merce da parte delle fabbriche statali destinate al commercio privato; e che la base per gli scambi economici nell'economia privata del IV secolo era ancora fermamente radicata nel sistema monetario istituito da Costantino. In realtà, le dinamiche socioeconomiche del quarto secolo – e quelle del Tardo Impero – avrebbero dovuto essere analizzate in una chiave differente dalla dottrina perssoniana della vittoria del socialismo statale e la sparizione dell'impresa privata (e "la morte della coniatura" secondo l'economista [[w:Friedrich von Hayek|Hayek]]).<ref>Sul pensiero economico di Von Hayek, è sufficiente consultare i suoi scritti in ''Collectivist Economic Planning'', Londra, 1935.</ref> Mickwitz riprese e sviluppò in tutte le sue implicazioni la nota tesi di M. Weber, secondo cui la politica finanziaria del Tardo Impero "...con gli aumentati bisogni finanziari, assunse sempre più un carattere di economia in natura ed il fisco divenne un ''oikos'', che per le sue necessità si rivolse il meno possibile al mercato, rendendo difficile la formazione di patrimoni monetari con questo mezzo."<ref>M. Weber, ''Die soz. Gründe'', p. 304.</ref> Mickwitz, tuttavia, preferì sottlineare un contrasto basilare tra l'economia naturale, a cui erano legati lo stato e la burocrazia militare – secondo la dottrina weberiana che "il fisco è un ''oikos'' – e l'economia monetaria, possibilmente favorita in generale dai contribuenti. Iniziando dalla premessa di una continuità dell'economia monetaria con sostanziali tendenze inflazionistiche finanche nel IV secolo, e nel Tardo Impero generalmente, lo studioso finlandese credeva che i pagamenti in natura fossero vantaggiosi alla burocrazia e all'esercito, mentre i pagamenti in moneta inflazionata fossero indubbiamente più accettabili e vantaggiosi per i contribuenti. Pertanto, partendo dal famoso brano della ''Vita Claudii'' in ''HA'' già "scoperto" da Baynes,<ref>''HA'', ''Cl.'', XIV, 14 (nella famosa lettera di Valerianus a Zosimio ''proc. Siriae'', XIV, 2). Cfr. N.H. Baynes ''HA. Its Date and Its Purp.'' (e ''JRS'', 1929, pp. 229segg., anche in ''Byzantine Studies and Other Essays'', cit., pp. 307segg.). G. Mickwitz, ''Geld. u. Wirtschaft'', pp. 167-168; per una critica a Mickwitz, cfr. partic. S. Mazzarino, ''Aspetti sociali del IV secolo'', cit. pp. 57-71.</ref> egli interpretò i testi legislativi sulla ''aderatio'' veramente nel senso che la burocrazia e l'esercito richiedevano pagamenti in natura e quindi forzavano costantemente il contribuente a pagare le sue tasse in natura; mentre quest'ultimo di certo avrebbe voluto disperatamente scambiare in contanti, contanti svalutati, quelle tasse richieste dallo stato come servizi in natura. Pertanto, in tale attrito di classe tra burocrazia statale, che cercava di imporre un'economia naturale che la beneficiasse, e i ''collatores'' (specialmente i ''possessores''), generalmente favorevoli all'economia monetaria, si sarebbe sviluppata la dinamica socioeconomica del Tardo Impero. E nella vittoria dei contribuenti contro la burocrazia e l'esercito si riscontra la causa fondamentale, o perlomeno una delle cause fondamentali, della disintegrazione dell'organismo statale imperiale.<ref>G. Mickwitz, ''Geld. u. Wirtschaft'' cit., p. 191.</ref>
 
Attraverso importanti ricerche sul significato del blocco sociale, [[w:Santo Mazzarino|S. Mazzarino]] ha approfondito e modificato l'interpretazione mickwitziana.<ref>33S. Mazzarino, ''Aspetti sociali'', cit., 1951 (partic. pp. 137-217); ''L’impero romano'', cit., pp. 434-444, 495segg., 588segg., 673-694, 812segg.; ''La fine del mondo antico'', pp. 162segg.; "La democratizzazione della cultura nel Basso Impero", ''XI Congr. Int. Sc. Hist.'', II, Stockholm 21-28 agosto 1960, II, pp. 35-54.</ref> La prospettiva di studi più aggiornati ora si muove lungo linee che si allontanano dalla visione "neoliberale" di Mickwitz. Il quadro della società tardo imperiale, sebbene sicuramente brillante riguardo alla vita intellettuale e artistica, mostra toni più oscuri e zone d'ombra più depressive nell'area della vita economica e sociale. Tramite Mazzarino si riesce a capir meglio il significato del blocco sociale che, contrariamente all'opinione di Mickwitz, unì la burocrazia statale superiore con la grande aristocrazia dei possidenti contro le classi inferiori – le sole produttive – sotto l'egida di una ''civilitas'' che non era altro che la cultura e l'ideologia di una classe che desiderava mantenersi i propri privilegi, contro qualsiasi alleanza con gli oppressi e gli "incivili".<ref>34</ref> Ciononostante, la necessità mickwitziana di una "continuità" tra la storia sociale ed economica del III secolo e la storia del Tardo Impero rimane ferma in tutta la sua validità. Giustamente, tramite lo studio dell'inflazione monetaria del terzo secolo, e le conseguenze economiche e sociali che provocò, Mickwitz cercava le premesse dell'economia e società dell'epoca costantiniana e tardoimperiale. In questo senso, alla visione "catastrofica" della storia del III secolo venne sostituita una più cauta considerazione dei modi e delle forme con cui le strutture economiche e sociali dell'ordine stabilito da Augusto furono trasformate in quelle dell'ordine economico e sociale del Tardo Impero. Questa fu una trasformazione che escluse qualsiasi giudizio di valore e che sostenne, per le strutture politiche, sociali ed economiche della ''Spätantike'' la stessa validità, la stessa originalità già riconosciuta per le espressioni coeve dell'arte e cultura; e il III secolo in effetti apparve come il "metro di misura" per questa trasformazione ed una delle chiavi necessarie a facilitarne la comprensione.<ref>35</ref>
 
 
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