Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Italia 5: differenze tra le versioni

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A livello superiore c'erano un lotto di fuciloni controcarri Solothurn svizzeri (detti anche Soletta, dal nome italiano del cantone in cui erano prodotti), di cui 179 vennero reperiti dai Tedeschi anche a seguito dell'armistizio. Essi erano capaci di perforare (nelle prime versioni) 30 mm a 500 m, ma erano anche pesanti 50 kg, per cui spesso venivano usati con automezzi vari o carri leggeri L3. Anche se la capacità di perforazione era piuttosto limitata, il proiettile poteva essere esplosivo-perforante, quindi a differenza della maggior parte dei fucili anticarro se il colpo passava poteva realmente mettere combattimento il carro colpito.
Un altro fucile anticarro che trovò un certo impiego nell'esercito italiano fu il wz 35 (kb ppanc wz 35 per i polacchi, fucile controcarro 35(P) per il regio esercito), un'arma anticarro leggera, dal rinculo modesto (aveva un calibro di 7,92) e di facile utilizzo. Dopo la resa della Polonia sia i tedeschi che i sovietici li riutilizzarono, mentre alcuni furono inviati in Fillandia (forse) e almeno 800 furono girati al regio esercito. Era (giustamente) considerato eccellente dall'esercito polacco, che riponeva in quest'arma la maggiore fiducia, tanto da considerarlo un segreto di stato, questa coltre di segretezza rese difficile l'addestramento dei soldati polacchi, e molti fucili rimasero inscatolati mentre le divisioni tedesche avanzavano su Varsavia. Utilizzando il suo particolare proiettile perforante 7,92x 131,2 DS era capace di bucare 15 mm a 30° di inclinazione a circa 300 metri, oppure 33 mm a 100 metri, oppure 40 mm a meno di 40 metri.
La Scotti nel 1941 tentò di riprodurlo in un modello migliorato, in calibro 8x112mm8x112 mm (o 8x132mm8x132 mm, pare che entrambi i calibri furono studiati, ma solo il primo venne realizzato in protipo), dalle prestazioni gorssomodo identiche. Si trattava di un'arma più che discreta, ma nel 1942 stavano entrando in servizio negli eserciti alleati carri armati dotati di corazzature a prova di fucile contro carro, quindi lo Soctti fu abbandonato dopo aver costruito solo pochi prototipi. Curioso era anche il tipo di munizionamento, accanto a normali proiettili perforanti e esplosivi-incendiari (pensati per i veicoli non corazzati), e a quelli che, similmente ad alcuni studiati per il wz 35, dovevano causare il distacco di parti interne delle corazzatura (che così si sarebbero trasformate in proiettili all'interno dell'abitacolo), vi era un macchinoso (ed inefficiente) proiettile perforante-lacrimogeno. Il concetto era far penetrare il proiettile nel carro nemico, dove, emettendo una (in verità molto limitata) carica lacrimogena avrebbe costretto gli occupanti ad uscire dalla protezione del mezzo.
 
Le mitragliere Breda da 20 mm erano armi diffuse ed apprezzate, usate anche dal nemico quando le poteva catturare; meno diffuse ed apprezzate, seppure più economiche, le Scotti paricalibro. La loro affidabilità meccanica era probabilmente inferiore, come accadeva con le armi d'impiego aeronautico. Queste mitragliere erano state pensate per l'impiego antiaereo, ma risultarono molto utili anche per l'impiego anti carro, specie a corto raggio, perché impiegavano il medesimo proiettile dei Soletta/Solothurn svizzeri, uno dei più pesanti pensati per armi 20 mm nella seconda guerra mondiale. Il difetto di questa scelta era un volume di fuoco limitato, anche se pochi colpi a segno potevano bastare per far precipitare un apparecchio nemico.
I cannoni da 47 mm controcarri, un progetto Bolher austriaco, rimasero i cannoni controcarri standard per la guerra intera, come anche l'armamento dei carri armati. Avevano un peso ridotto a 280 kg ed erano someggiabili, nonché una valida granata antipersonale. Ma la loro capacità perforante divenne col tempo del tutto inadeguata (43 mm a 500 m), anche se si tentò di fare qualcosa con munizioni migliorate, specie introducendo una HEAT scarsamente efficace. Uno dei difetti di quest'arma (una via di mezzo tra un vero cannone contro carro e un cannone da trincea della prima guerra mondiale) era che non poteva essere trainata da un automezzo, e quindi vi veniva caricata sopra. Un altro grave problema era la mancanza di scudatura a protezione dei serventi, difetto, quest'ultimo, molto grave perché ben noto ai carristi nemici che in alcune occasioni (come a Bedda Fromm nel 1940) decimarono letteralmente i serventi con le mitragliatrici.
 
L'artiglieria nel 1940 comprendeva qualcosa come oltre 12.000 pezzi oltre il 47 mm di calibro. Era un parco enorme, ma i pezzi moderni erano solo alcuni cannoni contraerei da 75/46 o da 90/53 e obici da 75/18. Il resto era ancora residuato bellico della guerra precedente, per lo più austro-ungarico. Quest'ultimo materiale fu una iattura per l'artiglieria italiana, perché era molto valido e superiore a quanto disponibile a livello nazionale, ma questa disponibilità di artiglierie moderne inibì il rinnovamento, comunque necessario, per i decenni successivi e molti progetti non passarono in produzione se non con tempi lunghissimi e in piccole quantità. Il calibro divisionale era ancora il 75 mm, anziché il 105 mm oramai affermato in buona parte del mondo (ma anche l'artiglieria sovietica era rimasta legata al 76,2mm2 mm, solo che si trattava della migliore arma di questa categoria mai prodotta). L'artiglieria di corpo d'armata e d'armata era altrettanto obsoleta. Per rimpiazzare queste artiglierie si era pensato a diversi nuovi armamenti che offrivano prestazioni valide ma si perse troppo tempo nell'incertezza su cosa e come ordinare.
Oltre tutto l'impiego dell'artiglieria era piuttosto convenzionale, i reparti d'artiglieria erano tradizionalemnte d'eliè e dotati di ufficiali competenti, ma a livello di strategie si reterava l'uso della prima guerra mondiale, raramente ricorrendo a grandi concentrazioni di pezzi per appoggiare un assalto con un fuoco breve ed intenso, e ancora più raramente (per non dire mai), facendo il "contrario", ovvero dislocando parti dell'artiglieria di corpo d'armata e d'armata direttamente con le punte più avanzate impiegate nell'assalto, assegnandola a gruppi di combattimento, in modo da poter disporre di un'artiglieria pesante per l'appoggio con il tiro diretto. Ambedue queste tattiche erano invece molto praticate dai tedeschi e dai sovietici e solo verso il 1942 si iniziarono a praticare anche nel Regio Esercito (ma con parsimonia e come iniziative dei comandanti periferici, non secondo precise direttive del comando centrale).