Ebraicità del Cristo incarnato/Sofia: differenze tra le versioni

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La loro unione, sebbene di natura intellettuale e limitata al reame maschile e incorporeo, ha quindi un impatto diretto su un particolare sottoinsieme di esseri umani creati. Per quegli umani amanti della virtù che attualmente risiedono nel mondo femminile della percezione sensoriale, che purtuttavia cercano di riconnettersi con il Dio di Israele, questa unione aiuta a dare vita ai loro "germogli" all'interno del mondo maschile dell'incorporeità, posizionandoli così più vicini a Dio. L'affetto che Dio e ''Sofia'' condividono l'uno con l'altra crea così un risultato positivo: irriga i germogli iniziali della vita per le anime degli umani amanti della virtù all'interno dei reami celesti. Sebbene il Dio maschio di Filone e la sapienza femminile rimangano nel reame incorporeo e mascolino delle idee, qui Filone suggerisce che la loro unione intellettuale ha un effetto diretto sul mondo creato e femminile della percezione dei sensi.
 
Il ruolo femminile di ''Sofia'', tuttavia, specialmente nei confronti del Dio d'Israele, è forse meglio esemplificato nel suo ruolo strumentale nella creazione (''Ebr.'' 50-51; ''Det.'' 54; ''Cher.'' 49; ''Her.'' 199-200), in cui viene spesso descritta come la madre del mondo (''Ebr.'' 50-51; ''Det.'' 54; ''Fug.'' 109). Filone, per fare un esempio, descrive la sapienza come la madre e la nutrice del mondo percepibile ai sensi in ''Ebr.'' 30-31:
{{q|Ma mentre i nomi "padre [πατρὸς]" e "madre [μητρὸς]" sono comuni, i loro poteri [αἱ δυνάμεις] sono differenti. In ogni caso, parleremmo correttamente se dicessimo che il demiurgo che ha creato l'universo è anche il padre di ciò che è stato creato e che la madre è la conoscenza della creazione, con la quale Dio [ὁ θεὸς] si unì – non come un uomo [ἄνθρωπος] – e quindi seminò la creazione. E questa madre/conoscenza, dopo aver ricevuto i semi di Dio, al compimento delle sue doglie di parto, generò l'unico e amato figlio percepibile ai sensi, questo mondo [cioè ''kosmos'']. Pertanto, ''Sofia'' viene introdotta da qualcuno del coro divino mentre parla di se stessa in questo modo: "Dio mi acquisì [ἐκτήσατό] come la prima delle sue opere, e prima di (questa) età mi stabilì". Poiché era necessario che tutte queste cose che sono venute ad esistere fossero più giovani della madre e della nutrice dell'universo [μητρὸς καὶ τιθήνης τῶν ὅλων].|''Ebr.'' 30-31<ref>Per una rappresentazione simile di ''Sofia'' quale madre e Dio quale Padre, si vedano ''Det.'' 54; ''Fug.'' 109. Nel secondo, ''Sofia viene presentata come madre di Mosè in particolare.</ref>}}
Qui, la rappresentazione del genere della sapienza diventa alquanto chiara. Mentre Filone raffigura il Dio di Israele (ὁ θεὸς) come il padre (πατρὸς) dell'universo, egli presenta la sapienza come sua madre (μητρὸς). Pertanto, i due si uniscono per produrre effetti reali, creando, ad esempio, l'intero mondo corporeo della percezione sensoriale in cui risiedono gli umani. Inoltre, sebbene Filone insista sul fatto che i due si uniscono a livello intellettuale – con la sapienza rappresentata come conoscenza di Dio, e altrove come perpetua "vergine, avendo ricevuto una natura che non sarà mai toccata o contaminata" (''Fug.'' 50)<ref>Si veda anche ''Cher.'' 49, in cui Filone descrive Dio come sposo di ''Sofia'', che semina per la razza umana il seme della felicità in terreno buono e ''vergine''.</ref> – l'autore non può tuttavia evitare descrizioni fisiche della loro unione e dei suoi effetti concreti. Come una madre partoriente, al culmine del suo processo di nascita, ''Sofia'' viene presentata che si contorce dal dolore, mentre l'intero mondo sensoriale inizia a incoronarle la testa. I semi seminati da Dio padre raggiungono così il fine desiderato e inizia il lavoro di ''Sofia'' come madre e nutrice dell'universo (''Ebr.'' 30). Non diversamente da altri antichi testi filosofici di questo tempo, Filone lancia ''Sofia'' in una luce femminile presentandola come una ricevente passiva del seme di Dio. Inoltre, attraverso il suo atto di nutrire l'universo, il suo corpo sostiene il mondo. Il risultato netto è la produzione – e in definitiva la sopravvivenza – dell'universo.
 
In questo ruolo di genere femminile, Filone subordina ''Sofia'', come tutte le figure femminili nel suo pensiero, al Dio supremo di Israele. Per enfatizzare la relazione gerarchica tra la divinità suprema di Israele e la femmina ''Sofia'', Filone impiega la descrizione di ''Septuaginta'' di Dio che acquisisce (ἐκτήσατό) la sapienza (cioè ''Sofia'') come la prima di tutte le sue opere. La descrizione deriva direttamente dall'esegesi di Filone sul testo greco, ma impiega le immagini per rafforzare la sua rappresentazione negativa di tutte le cose femminili in questo testo. Di conseguenza, Filone può presentare la sapienza come subordinata a Dio – nonostante essa rimanga una componente essenziale della Divinità stessa – dal momento che un possessore è sempre, per definizione, più grande della cosa posseduta. Sebbene la spienza sia preesistente con Dio e più antica di ogni altra cosa (in effetti, Filone non la presenta mai come creata) come una figura femminile, essa rimane comunque – almeno agli occhi di Filone – inferiore al Dio supremo di Israele.