Ebraicità del Cristo incarnato/Concetti divini: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
layout+testo
Riga 8:
In contrasto, ora – come ha notato Peppard – molti studiosi greco-romani sostengono una comprensione più scalare della divinità, intesa non in termini di essenza assoluta, ma piuttosto di grado e potenza (vedi anche le mie discussioni nel Capitolo II).<ref>In effetti, Peppard nota esplicitamente come molti storici greco-romani ora vedano la "divinità nel mondo romano" non come "un'essenza o natura, ma come concetto di ''status'' e potenza nello spectrum cosmico che non aveva linee di divisione assolute". Cfr. Peppard, ''Son of God'', 31.</ref> Citando testimonianze archeologiche da antiche iscrizioni su papiri, e da amuleti e giuramenti comuni, questi studiosi dimostrano che le persone adoravano l'imperatore anche mentre era in vita, o almeno adoravano il suo ''[[w:Genio (divinità)|genius]]'' o ''[[w:numen|numen]]''. Per "gli antichi", dicono gli storici, "la linea di demarcazione tra dio e uomo non era così costante e netta, o l'intervallo così ampio, come pensiamo naturalmente".<ref>Arthur Darby Nock, "Notes on Ruler Cult I-IV", ''JHS'' 48 (1928): 31; rist. in ''Essays on Religion and the Ancient World'', 2 voll., cur. Zeph Stewart (Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 1972), 1:145</ref> Parimenti, poiché l'imperatore era il ''[[w:pontefice massimo (storia romana)|pontifex maximus]]'', la frattura apparente tra Dio e umanità era "non [così] completamente incolmabile" come si potrebbe supporre.<ref>Hans-Josef Klauck, ''Die religiöse Umwelt des Urchristentums II: Herrscher- und Kaiserkult, Philosophie, Gnosis'' (Kohlhammer-Studienbücher Theologie 9.2; Stuttgart: Kohlhammer, 1996), 72.</ref> Alla luce di questa evidenza, altri sono persino arrivati ​​al punto di abbandonare del tutto l'assunzione dei poli fissi di umanità e divinità e hanno invece sostenuto che la divinità nel mondo antico era un continuum dinamico, un gradiente cosmico piuttosto che un divario incolmabile.<ref>Ittai Gradel, ''Emperor Worship and Roman Religion'' (Oxford: Clarendon Press, 2002).</ref>
 
In questo capitolo, propongo che in vari scritti ebraici prodotti al volgere dell'era volgare, il Sommo sacerdote ebreo – come l'imperatore del mondo greco-romano – si trovava in un punto diverso su questo continuum dinamico della divinità di quanto non si sia precedentemente presupposto; e che partecipando alle azioni stesse dell'Altissimo Dio di Israele, egli assumeva corporalmente qualcosa dell'essenza del Dio supremo di Israele. Naturalmente, ciò non significa che gli ebrei pensassero che il Sommo sacerdote fosse Dio incarnato. Per fare una simile affermazione, avrebbero dovuto credere che il Sommo sacerdote, come il Dio supremo, fosse un ''essere increato'', mentre tutti i testi di questo periodo descrivono chiaramente il Sommo sacerdote allall’''interno del reame creato''.<ref>Filone, ''Somn.'' 2.189, che discuterò di seguito, presenta un quadro leggermente modificato di questa affermazione, ma la condizione del Sommo sacerdote come né creato né increato si verifica solo in un particolare giorno dell'anno, quando il Sommo sacerdote entra nel [[w:Santo dei Santi|Santo dei Santi]] per espiare i peccati della popolazione.</ref> Molti autori di questi testi ebbero persino un contatto diretto con gli attuali Sommi sacerdoti al potere a Gerusalemme. Conoscendo personalmente le carenze di questi uomini, tali autori probabilmente avrebbero negato categoricamente che il Sommo sacerdote fosse ''il'' Sommo Dio di Israele. In effetti, una simile affermazione sarebbe stata considerata blasfema.
 
 
Riga 16:
<div style="height: 200px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" ><references/></div>
 
{{Avanzamento|50%|1117 luglio 2020}}
[[Categoria:Ebraicità del Cristo incarnato|Concetti divini]]