Baruch Spinoza/Secondo capitolo: differenze tra le versioni

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Si può notare in questo avvertimento un tratto elitario del pensiero di Spinoza, che avrebbe indirizzato la propria opera alla specifica attenzione della classe politica dirigente, e non alla masse,<ref>Cfr. Fulvio Papi, ''Un'interpretazione del Trattato teologico-politico'', in: ''Spinoza. L'eresia della pace'', Edizioni Ghibli, Milano 2004, pp. 56-57.</ref> ma anche, soprattutto, l'esigenza di mettere le mani avanti per cautelarsi dalle accuse di ateismo e di sovversivismo, oltre che, fattore da non trascurare, la delicatezza d'animo di chi non vuole utilizzare la propria filosofia semplicemente per suscitare scandalo, ma piuttosto per cercare il più possibile la comprensione, evitando di arrecare offese inutili.<br />
Quando Spinoza aveva composto i ''Principi della filosofia di Cartesio'' (un riassunto del pensiero cartesiano, richiestogli da un gruppo di conoscenti), aveva pregato Meyer (a cui era stato affidato il compito di scrivere la prefazione) di non inserire assolutamente frasi polemiche.<ref>Cfr. Epistola XV.</ref> Per Spinoza era importante che in quella prefazione venisse spiegato che egli non condivideva più le teorie di Cartesio che aveva esposto nell'opera, ma desiderava che non emergesse alcun accento polemico né verso Cartesio né verso alcun altro.<ref>Cfr. Filippo Mignini, ''Introduzione ai Principi della filosofia di Cartesio'', in: Spinoza, ''Opere'', op. cit. , pp. 207-210.</ref> Osserva a questo proposito Mignini:
[[File:BaruchBenedictus de Spinoza - Franz Wulfhagen - 1664.jpg|thumb|left|Un ritratto di Spinoza, dipinto a Brema nel 1664 dal pittore Franz Wulfhagen, probabilmente su commissione dello studioso Johann Eberhard Schweling]]
 
{{quote|La raccomandazione a Meyer nasce da una costante e fondamentale regola spinoziana: nella costruzione e nella comunicazione della filosofia ci si deve proporre come fine primario la "salvezza" propria e altrui (ossia il conseguimento della libertà e tranquillità dell'animo), a cui devono essere subordinati tutti i pensieri e le azioni.<ref>Filippo Mignini, ''Note'', in: Spinoza, ''Opere'', op. cit. , pp. 1719-1720.</ref>}}