Ebraicità del Cristo incarnato/Risveglio epistemologico: differenze tra le versioni

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Poiché questi uomini – come tutti gli umani percepibili dai sensi – sono un composto di anima divina (cioè non creata) e corpo materiale (cioè creato), sono attirati in due direzioni diametralmente opposte.<ref>Aspetti del pensiero platonico ancora una volta influenzano le descrizioni dell'umanità da parte di Filone. Qui il mito platonico dell'anima dal ''Fedro'' è particolarmente rilevante (''Phdr.'' 246a–247c).</ref> Tuttavia l'impegno filosofico rimedia a questa tensione.<ref>Un passo dal ''[[w:Fedone|Fedone]]'' sottende alle descrizioni di Filone (''Phaed.'' 66b-d, 67a,c).</ref> Da un lato, con le loro menti o anime infuse con lo stesso spirito di Dio – o quella scintilla del Dio incorporeo e increato, presente in loro in modo latente – sono attratti verso Dio. Dall'altro, incatenati dai legami del corpo, le tentazioni materiali li attirano lontano da Dio. Come "creature limitrofe", dice Runia, le quali sono "legate a Dio e ai corpi celesti in virtù del [loro] intelletto" ma "soggette alle necessità corporee degli animali inferiori", questi uomini, lasciati alla loro iniziativa, verrebbero rapidamente trascinati dai vizi del mondo.<ref>Runia, ''Philo of Alexandria'', 474 (cf. 465). Da notare che ho leggermente alterato le frasi originali di Runia passando al plurale collettivo ("gli uomini") quello che Runia rende al singolare ("l'uomo"), onde poter allinearmi con la sintassi e le strutture grammaticali presenti in questo paragrafo.</ref> Cedendo a tentazione dopo tentazione – che sia cibo o fama o ricchezza o sessualità – sedotti e intrappolati, rimarrebbero per sempre legati alla loro materialità, senza mai permettere alle loro anime di ascendere alle altezze dei cieli, né alle loro menti di raggiungere il loro previsto apogeo di riunificazione con Dio. La filosofia, quindi – come nelle opere di Platone, così anche nelle opere di Filone – emerge come antidoto per tali lotte e strumento che li equipaggia a girarsi nella direzione opposta.<ref>Qui è importante tenere presente che per Filone, come per molti degli antichi partendo in particolare da Platone, quella filosofia non era semplicemente un'attività intellettuale, ma piuttosto era l'abbraccio di un tipo di vita radicalmente diverso, anzi, secondo Hadot "une manière de vivre", che implicava la coltivazione di specifiche pratiche spirituali che consentivano alle persone di trasformare se stesse, e quindi, per estensione, di avvicinarsi meglio a Dio. Per ulteriori informazioni sulle varie pratiche spirituali impiegate, cfr. Hadot, ''What is Ancient Philosophy ?'', 179–220. Per le varie pratiche e l'impegno esegetico, che contribuivano a "evocare l'ascesa" verso una "visione di Dio", cfr. Scott D. Mackie, "Seeing God in Philo of Alexandria: Means, Methods, and Mysticism", ''JSJ'' 43 (2012): 147–179, qui citato a 147.</ref>
 
Il fattore unificante che associa questa speciale classe di uomini è che hanno imparato, attraverso il loro impegno con la filosofia, a riconnettersi con quella parte del Dio increato di Israele che era stato precedentemente instillato in loro. Il processo di coinvolgimento della filosofia non è facile: in effetti, il "percorso che prendono [queste anime]... implica un'ardua e lunga ascesa, che richiede abnegazione, apprendimento e disciplina", che culmina solo dopo una lunga lotta "in uno stato di indipendenza dal reame fisico."<ref>Cox, "Travelling the Royal Road", 176. Da notare come, alla maniera del Socrate di Platone, Filone presenta l'impegno del patriarca con la filosofia non solo come una ricerca intellettuale, ma anche come un "modo di vita", che coinvolge specifiche pratiche (spirituali), intese a coltivare un nuovo modo di essere. Si vedano Hadot, ''What is Ancient Philosophy?'', 22–51; Mackie, "Seeing God in Philo of Alexandria", 147–179.</ref> Eppure una volta scoperto "secondo la legge della filosofia che [potrebbero] essere felici", iniziano a desiderare la virtù, non il vizio.<ref>Cox, "Travelling the Royal Road", 176.</ref> Di conseguenza, sono in grado di raggiungere
{{q|anche in paradiso. Per essere stati possedute da un desiderio, o bramosia di contemplazione, e di stare sempre tra le cose divine, ogniqualvolta che esaminano attentamente e ricercano l'intera natura visibile, procedono immediatamente all'incorporale e concettuale, senza avvalersi di nessuno dei sensi, anzi, anche scartando la parte irrazionale dell'anima, e impiegano solo ciò che è chiamato mente e ragione.|''Praem.'' 26}}