Ebraicità del Cristo incarnato/Risveglio epistemologico: differenze tra le versioni

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Per quanto riguarda i dettagli, Filone spiega che poiché gli umani hanno una scintilla di Dio che anima le loro anime, la loro capacità di riconnettersi con quell'essenza di Dio increata incorporata in loro può sempre iniziare; tuttavia lo fa solo quando la loro curiosità per il mondo fisico e materiale prende il sopravvento. Questo spiega perché Filone presuma che la maggior parte delle donne non raggiunga mai questo scopo. La loro preoccupazione per le cose terrene, materiali e mondane le mantiene saldamente radicate nel regno creato. Per consolidare ulteriormente questa connessione, Filone associa spesso le donne alla percezione sensoriale del materiale, mentre associa gli uomini alla mente incorporea.<ref>Il resoconto del Giardino dell'Eden, e la figura di Eva in particolare, formano uno dei contesti basilari dietro all'equazione di Filone delle donne con la percezione sensoriale e degli uomini con la mente (''Opif.'' 165; ''Leg.'' 3.50; ''QG'' 1.25, 37, 46). Ma la connessione appare altrove nel pensiero di Filone (''Post.'' 177; ''Migr.'' 100; ''QG'' 2.49). In effetti, a volte Filone identifica anche donne bibliche importanti come [[w:Agar (Bibbia)|Agar]] (''Post.'' 137), Rachele (''Post.'' 135), e Miriam (''Leg.'' 2.66–67) con la percezione sensoriale. Cfr. Mattila, "Wisdom", 106; D’Angelo, "Gender and Geopolitics", 81–82; Mackie, "The Passion of Eve", 141–143.</ref> Per una classe selezionata di soli uomini (cfr. ''Praem.'' 26), quindi, le loro prime ricerche sul mondo materiale, e di piante e animali in particolare, innesca rapidamente il loro sguardo verso le stelle e i cieli nell'alto.<ref>Qui Filone sembra attingere a temi trovati in ''Timeo'' 47a–c di Platone (cfr. ''Rep.'' 7.529–31), in cui il senso della vista è presentato come il mezzo con cui gli umani "possono contemplare i movimenti ordinati e razionali dei cieli e, imitandoli", possono mettere in ordine le loro menti, e quindi per estensione – sebbene ciò non sia esplicitamente dichiarato – possono anche andare avanti nelle loro ricerche per diventare come Dio stesso. Cfr. Runia, ''Philo of Alexandria'', 258–29, 270–78.</ref> Lo studio dei corpi celesti, a sua volta, avvia l'osservazione delle "danze armoniose di tutti questi corpi" e crea una tale "delizia e piacere nell'anima (τῇ ψυχῇ τέρψιν τε καὶ ἡδονήν)" che tali uomini iniziano a speculare su quale grande entità o quali entità possano essere al di là di loro (''Opif.'' 54). Da notare come Filone sottolinei il ruolo chiave dell'anima in questo processo. È la delizia e il piacere dell'anima, indubbiamente innescati dal fatto che è già collegata alla più alta divinità di Israele, che favorisce la continua speculazione. Mentre i pensieri di questi uomini passano dal concreto al congetturale, dal mondano all'aldilà, iniziano a emergere una serie di domande. In effetti, afferma Filone, "con maggiore curiosità" (''Opif.'' 54) iniziano a chiedere:
{{q|Qual è l'essenza di queste entità visibili? Sono nate senza creazione? O fu il loro inizio con la creazione? Qual è il modo del loro movimento? Qual è la causa da cui ciascuna è governata? Dall'indagine su queste cose è stata stabilita la filosofia, che nessun bene più perfetto è pervenuto nella vita umana.|''Opif.'' 54}}
Dotati dello stesso spirito di Dio alla loro creazione (cfr. Gen. 2:7; Filone, ''QG'' 1.4; ''Opif.'' 134–35, 139, 146; ''Leg.'' 1.31, 1.36–37), alcuni esseri umani eletti impiegano inevitabilmente il loro senso della vista per indagare oltre il mondo corporeo creato sulla possibilità di un mondo incorporeo, increato. Mentre queste persone imparano a deliziarsi con forme elementari di osservazione, i loro intelletti divinamente ispirati li attirano verso questioni più esoteriche e la loro curiosità li spinge verso un percorso di scoperta. Inizia la loro ricerca filosofica.
 
Poiché questi uomini – come tutti gli umani percepibili dai sensi – sono un composto di anima divina (cioè non creata) e corpo materiale (cioè creato), sono attirati in due direzioni diametralmente opposte.<ref>Aspetti del pensiero platonico ancora una volta influenzano le descrizioni dell'umanità da parte di Filone. Qui il mito platonico dell'anima dal ''Fedro'' è particolarmente rilevante (''Phdr.'' 246a–247c).</ref> Tuttavia l'impegno filosofico rimedia a questa tensione.<ref>Un passo dal ''[[w:Fedone|Fedone]]'' sottende alle descrizioni di Filone (''Phaed.'' 66b-d, 67a,c).</ref> Da un lato, con le loro menti o anime infuse con lo stesso spirito di Dio – o quella scintilla del Dio incorporeo e increato, presente in loro in modo latente – sono attratti verso Dio. Dall'altro, incatenati dai legami del corpo, le tentazioni materiali li attirano lontano da Dio. Come "creature limitrofe", dice Runia, le quali sono "legate a Dio e ai corpi celesti in virtù del [loro] intelletto" ma "soggette alle necessità corporee degli animali inferiori", questi uomini, lasciati alla loro iniziativa, verrebbero rapidamente trascinati dai vizi del mondo.<ref>Runia, ''Philo of Alexandria'', 474 (cf. 465). Da notare che ho leggermente alterato le frasi originali di Runia passando al plurale collettivo ("gli uomini") quello che Runia rende al singolare ("l'uomo"), onde poter allinearmi con la sintassi e le strutture grammaticali presenti in questo paragrafo.</ref> Cedendo a tentazione dopo tentazione – che sia cibo o fama o ricchezza o sessualità – sedotti e intrappolati, rimarrebbero per sempre legati alla loro materialità, senza mai permettere alle loro anime di ascendere alle altezze dei cieli, né alle loro menti di raggiungere il loro previsto apogeo di riunificazione con Dio. La filosofia, quindi – come nelle opere di Platone, così anche nelle opere di Filone – emerge come antidoto per tali lotte e strumento che li equipaggia a girarsi nella direzione opposta.<ref>Qui è importante tenere presente che per Filone, come per molti degli antichi partendo in particolare da Platone, quella filosofia non era semplicemente un'attività intellettuale, ma piuttosto era l'abbraccio di un tipo di vita radicalmente diverso, anzi, secondo Hadot "une manière de vivre", che implicava la coltivazione di specifiche pratiche spirituali che consentivano alle persone di trasformare se stesse, e quindi, per estensione, di avvicinarsi meglio a Dio. Per ulteriori informazioni sulle varie pratiche spirituali impiegate, cfr. Hadot, ''What is Ancient Philosophy ?'', 179–220. Per le varie pratiche e l'impegno esegetico, che contribuivano a "evocare l'ascesa" verso una "visione di Dio", cfr. Scott D. Mackie, "Seeing God in Philo of Alexandria: Means, Methods, and Mysticism", ''JSJ'' 43 (2012): 147–179, qui citato a 147.</ref>