Ebraicità del Cristo incarnato/Introduzione 1: differenze tra le versioni

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L'idea che Dio potesse incarnarsi è stata a lungo concepita come l'evento centrale e determinante del cristianesimo tradizionale e ortodosso,<ref>Molto spesso la teologia cristiana discute della centralità dell'incarnazione di Dio per la tradizione cristiana in termini di dottrina dell'Incarnazione, vale a dire che nella persona di Gesù, Dio ha assunto la forma umana. Vedi, per esempio, John Webster, Kathryn Tanner e Iain Torrance, ''The Oxford Handbook of Systematic Theology'' (Oxford: Oxford University Press, 2007), 160–173; Richard Cross, "The Incarnation", in ''The Oxford Handbook of Philosophical Theology'', curr. Thomas Flint e Michael C. Rea (Oxford: Oxford University Press, 2009), 452–476. Per i recenti trattati teologici che riflettono sulla centralità di questa dottrina per la fede cristiana, si vedano Oliver Crisp, ''Divinity and Humanity: The Incarnation Reconsidered'' (Cambridge UK: Cambridge University Press, 2007); Richard Swinburgh, ''Was Jesus God?'' (Oxford: Oxford University Press, 2008). Per uno sguardo a come scrittori e poeti famosi come [[w:John Updike|John Updike]], [[w:Fredrick Buechner|Fredrick Buechner]] e [[w:Marilynne Robinson|Marilynne Robinson]] hanno riflettuto su questa dottrina in relazione alla loro esperienza personale del cristianesimo, cfr. Alfred Corn, cur., ''Incarnation: Contemporary Writers on the New Testament'' (New York: Viking, 1990).<br/>Tuttavia, è importante tenere presente che già tra i primi seguaci di Gesù non tutte le persone erano d'accordo che il Vangelo di Giovanni e la sua affermazione che il ''logos divino'' era diventato carne nella persona specifica di Gesù, fosse una componente essenziale della loro tradizione di fede. In effetti, alcune correnti dei primi seguaci di Gesù respinsero esplicitamente questa nozione e alcuni cristiani, anche ai giorni nostri, meditano sulla possibilità di tali affermazioni.</ref> ma il suo significato per la tradizione ebraica ha iniziato solo recentemente ad essere apprezzato all'interno dello studio accademico.<ref>Gli studi condotti da specialisti della Bibbia ebraica e del rabbinismo hanno sottolineato i molteplici modi in cui sia le antiche tradizioni israelite sia le prime tradizioni ebraiche rappresentavano Dio in forma incarnata. Si vedano: Jacob Neusner, ''The Incarnation of God: The Character of Divinity in Formative Judaism'' (Philadelphia: Fortress Press, 1988), 4; Elliot R. Wolfson, "Judaism and Incarnation: The Imaginal Body of God" in ''Christianity in Jewish Terms'', curr. Tikva Frymer-Kensky ''et al.'' (Boulder: Westview Press, 2000), 239–54; Yair Loberbaum, ''The Image of God: Halakha and Aggadah'' {{he}} (Tel Aviv: Schocken, 2004); Esther J. Hamori, "When Gods Were Men: The Embodied God in Biblical and Near Eastern Literature", ''BZAW''384 (Berlino; New York: de Gruyter, 2008); Esther J. Hamori, "Divine Embodiment in the Hebrew Bible and Some Implications for Jewish and Christian Incarnational Theologies", in ''Bodies, Embodiment, and Theology of the Hebrew Bible'', curr. S. Tamar Kamionkowski e Wonil Kim, ''LHBOTS'' 465 (New York & London: T&T Clark, 2010), 161–83; Benjamin D. Sommer, ''The Bodies of God and the World of Ancient Israel'' (Cambridge: Cambridge University Press, 2009), 1–11, 38–57, 124–143; Rachel Neis, ''The Sense of Sight in Rabbinic Culture: Jewish Ways of Seeing in Late Antiquity''(Cambridge: Cambridge University Press, 2013), 18–81; Anne K. Knafl, ''Forming God: Divine Anthropomorphism in the Pentateuch, Siphrut 12'' (Winona Lake: Eisenbrauns, 2014), 72–157; Mark S. Smith, "The Three Bodies of God in the Hebrew Bible", ''JBL'' 134 (2015): 471–88.</ref> Rispetto alla tradizione cristiana, come ha osservato [[w:James Dunn (teologo)|James Dunn]] nel suo lavoro fondamentale su questo argomento,<ref>James D.G. Dunn, ''Christology in the Making: A New Testament Inquiry into the Origins of the Doctrine of the Incarnation'', II ediz. (Grand Rapids: Eerdmans, 1989), 1.</ref> ci si dovrebbe solo ricordare le intense parole di [[w:Atanasio di Alessandria|Atanasio]]: "Divenne uomo cosicché potessimo diventare divini (αὐτὸς ἐνηνθρώπησεν ἵνα ἡμεῖς θεοποιηθῶμεν)"<ref>Athanasius, ''De Incarn.'' 54:3, citato in Dunn, ''Christology in the Making'', 1.</ref> o le suggestive osservazioni di [[w:Gregorio Nazianzeno|Gregorio Nazianzeno]] che sostengono che "Ciò che non è stato assunto non può essere ripristinato (τὸ ἀπρόσληπτον ἀθεράπευτον); è ciò che è unito a Dio che viene salvato"<ref>Gregorio Nazianzeno, ''Ep.'' 101:7, citato in Dunn, ''Christology in the Making'', 1.</ref> per riconoscere la centralità dell'incarnazione di Dio nella teologia cristiana, specialmente in relazione alle affermazioni soteriologiche. Per entrambi questi antichi intellettuali cristiani, la salvezza dipendeva dal fatto che Dio diventasse una cosa sola con l'umanità. Senza l'esplicita connessione tra Dio e l'umanità nella persona specifica di Gesù di Nazaret, non vi era alcuna speranza di restaurazione dell'umanità. Inoltre, sebbene già ai loro giorni queste asserzioni ormai famose avessero lasciato un segno formidabile sul diverso panorama religioso del paleocristianesimo, il lascito duraturo delle loro parole è che ancora oggi molti cristiani continuano a identificare queste formulazioni come fondamentali per la propria fede.
 
Rispetto alla tradizione ebraica, sebbene alcuni filoni immaginino un'incarnazione divina,<ref>A titolo di esempio: per alcuni pensatori ebrei, come quelli associati al movimento rabbinico, gli atti liturgici di preghiera e lo studio della Torah hanno permesso al corpo immaginifico di Dio di essere sostanziato nella persona del saggio rabbinico. Si veda Wolfson, "Judaism and Incarnation", 239–254. Per altri, come coloro che sono associati alle ''Omelie pseudo-clementine'', era sufficiente sapere che Dio aveva un reale corpo divino e che, di conseguenza, Dio , Dio modellava i corpi umani secondo il proprio. Si veda Alon Goshen-Gottstein, "The Body as Image of God in Rabbinic Literature." ''HTR'' 87.2 (1994): 171–95, partic. 172–73.</ref> per molti altri ebrei — per esempio come è rappresentato nell'inno [[:en:w:Yigdal|Yigdal]] medievale basato sulla teologia di [[Maimonide]] [אֵין לוֹ דְמוּת הַגּוּף וְאֵינוֹ גוּף (Dio non ha somiglianze di un corpo, e nessun corpo fisico)] — viene enfatizzata la totale incorporealitàincorporeità di Dio. Tuttavia, poiché polemiche come quelle che si trovano nelle opere di Giustino Martire e le famose controversie di Nahmanide nel Medioevo sottolineano quest'ultima, allora si descrivono ebrei e cristiani come binari opposti, differenziati in gran parte in base alle loro opinioni sul corpo di Dio. Pertanto, l'impressione si crea che, per gli ebrei, l'assoluta incorporealitàincorporeità di Dio fosse essenziale. Quale risultato di queste misure, come osserva Wolfson, "l'impressione che uno riceve dagli storici della religione è che l'ebraismo abbia ufficialmente respinto l'incarnazione come legittima posizione teologica".<ref>Wolfson, "Judaism and Incarnation", 239.</ref> In effetti, operando sotto questo presupposto binario, alcuni studiosi non riescono proprio ad immaginare che gli ebrei abbiano mai concepito Dio in forma corporea umana.<ref>Hans-Joachim Schoeps, ''The Jewish-Christian Argument: A History of Theologies in Conflict'', trad. David E. Green (New York: Holt, Rinehart e Winston, 1963); Edward Geoffrey Parrinder, ''Avatar and Incarnation'' (Londra: Farber, 1970); Michael Wyschogrod, "A Jewish Perspective on Incarnation", ''Modern Theology'' 12 (1996): 195–209. In tutto questo saggio, Wyschogrod nota come, seguendo Maimonide e altri, molti ebrei considerano Dio totalmente incorporeo, sebbene qualifichi questa posizione in due modi principali. Primo, afferma che per gli ebrei "Dio entra nel mondo dell'umanità, che Egli appare in determinati luoghi e dimora in essi che diventano così santi" (204). Secondo, che in contrasto con la credenza cristiana riguardo alla persona specifica di Gesù come Dio incarnato, per lui "Dio è in ogni carne ebraica, poiché è la carne dell'alleanza, la carne di un popolo a cui Dio si è attaccato, con il cui nome Egli è conosciuto nel mondo come il Dio di Israele" (207).<br/>Sebbene l'assunto che gli ebrei rifiutino la nozione di corporeità divina possa derivare sia da studiosi ebrei che cristiani, ciò è particolarmente acuto tra gli specialisti neotestamentari e i teologi cristiani ed è stato a lungo parte della tradizione accademica.</ref>
 
Proprio perché queste parole drastiche sono diventate così influenti sia per "ebrei" che per "cristiani", è difficile immaginare un tempo in cui non vi fossero due distinti gruppi religiosi completamente polarizzati nella loro opinione sul fatto che Dio potesse o meno incarnarsi. Di conseguenza, gli studiosi non hanno sufficientemente esplorato il modo in cui gli ebrei, al di fuori del movimento di Gesù, nei primi secoli dell'era volgare concepirono che Dio potesse incarnarsi sulla terra.<ref>Poiché il campo degli studi neotestamentari si concentra spesso su questioni testuali o ermeneutiche che hanno rilievo per successivi sviluppi del cristianesimo, mediante questo approccio metodologico gli studiosi di sovente limitani le proprie indagini a ristretti dibattiti in merito a quando questa idea sorse per la prima volta tra i seguaci di Gesù. Si veda Dunn, ''Christology in the Making'', xii, 213, sebbene tale sia l'argomento di tutto il suo libro. Per altri studiosi che dibattono a quale punto la figura umana di Gesù di Nazaret venne considerata per la prima volta divina, si vedano: Maurice Casey, ''From Jewish Prophet to Gentile God: The Origins and Development of New Testament Christology'' (Cambridge: James Clarke & Co.; Louisville: Westminster John Knox, 1991), 9, 31–32, 35–36, 143, 156, 158; Larry Hurtado, ''One God, One Lord: Early Christian Devotion and Ancient Judaism'' (Philadelphia: Fortress Press, 1988), 1–8, 11–15; 99–128; ''idem'', ''Lord Jesus Christ: Devotion to Jesus in Earliest Christianity'' (Grand Rapids: Eerdmans, 2003), 1–11; ''idem'', ''How on Earth did Jesus Become a God? Historical Questions about Earliest Devotion to Jesus'' (Grand Rapids: Eerdmans, 2005), 1–9; 42–53, 152–53, 177–78; Richard Bauckham, ''God Crucified: Monotheism and Christology in the New Testament'' (Grand Rapids: Eerdmans, 1999), vii–x; ''idem'', ''Jesus and the God of Israel: God Crucified and Other Studies on the New Testament’s Christology of Divine Identity'' (Grand Rapids: Eerdmans, 2009), ix–59; 182–85; Bart D. Ehrman, ''How Jesus Became God: The Exaltation of a Jewish Preacher from Galilee'' (New York: HarperOne, 2014); Michael Bird, cur. ''How God became Jesus: The Real Origins of Belief in Jesus’ Divine Nature—a Response to Bart Ehrman'' (Grand Rapids: Zondervan, 2014).</ref> In effetti, anche oggi, come la citazione di Wolfson ci illumina, molti studiosi tendono a imporre l'attuale scena religiosa a riflesso dell'antichità, leggendo antichi testi con uno sguardo verso una data successiva e un fine teleologico specifico.