Ebraicità del Cristo incarnato/Metodologia: differenze tra le versioni

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Ci sono diversi studiosi che esemplificano questa prospettiva teleologica. In ''Christology in the Making'', ad esempio, James Dunn scrive che il suo intento è "tracciare l'emergere dell'idea cristiana dell'incarnazione dall'interno (non l'emergere del concetto di "incarnazione" di per sé); seguire il corso dello sviluppo (organico o evolutivo), nel miglior modo possibile, per cui il concetto di incarnazione di Cristo è emerso nell'espressione cosciente nel pensiero cristiano".<ref>Dunn, ''Christology in the Making'', xxii.</ref> Allo stesso modo, James McGrath afferma che intende "offrire una breve panoramica della [sua] comprensione dei processi che ci portano dal Gesù storico al [[w:Concilio di Nicea I|Concilio di Nicea]], concentrandoci quasi interamente sulle istantanee di questo sviluppo cristologico che svolge nel Nuovo Testamento, ma riconoscendo che c'è sia un prima che un dopo."<ref>James McGrath, "How Jesus Became God: One Scholar’s View", ''New Testament Seminar'', University of Michigan, 19 marzo 2015.</ref> La prospettiva di entrambi questi studiosi, quindi, è teleologica. Conoscendo i risultati storici di Nicea e dei successivi concili ecumenici, questi studiosi cercano di tracciare i fattori socio-storici e gli sviluppi intellettuali che hanno portato a questo particolare risultato in questo particolare momento.
 
Ho sottolineato il lavoro di questi due studiosi, ma questo interesse nel tracciare lo sviluppo della cristologia primitiva nel tempo rappresenta una tendenza importante nel pensiero accademico che risale almeno al lavoro classico di [[:en:w:Wilhelm Bousset|Wilhelm Bousset]] in ''Kyrios Christos''. Bousset, un teologo protestante tedesco che era attivo tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, faceva parte della scuola di Storia delle religioni (''Religionsgeschichtliche Schule''), una scuola che era caratterizzata da due preoccupazioni principali. In primo luogo, la scuola di storia delle religioni cercava di tracciare lo sviluppo evolutivo della religione in relazione alla storia umana.<ref>Per ulteriori informazioni sull'importanza dell'opera di Wilhelm Bousset, specialmente alla luce degli sviluppi recenti nela campo dell'ebraismo del Secondo Tempio, si veda Kelley Coblentz Bautch, "''Kyrios Christos'' in Light of Twenty-First Century Perspectives on Second Temple Judaism", ''Early Christianity'' 6.1 (2015): 30–50, partic. 31–32 per una discussione dell'influenza della Scuola di Storia delle religioni.</ref> Cioè, il loro lavoro si poneva contro il presupposto che le religioni fossero entità fisse e statiche; invece, sottolineavano come le religioni fossero fenomeni complessi, profondamente radicati nei contesti socio-storici da cui emergono. In secondo luogo, questa scuola di pensiero tentava di indagare la letteratura cristiana primitiva da una prospettiva storica, senza preoccupazioni per le successive dottrine cronologiche. Sebbene i suoi membri si autoidentificassero come cristiani, e quindi conoscessero i risultati successivi dei dibattiti cristologici, essi tentarono di leggere ogni testo nel suo contesto socio-storico, senza fare riferimento al dogma teologico. La monografia classica di Bousset, ''Kyrios Christos'', univa queste due enfasi presentando "uno schema per l’''evoluzione'' della cristologia e del culto di Gesù nella chiesa primitiva".<ref>Bautch, "''Kyrios Christos''", 32, mio corsivo.</ref> Sebbene Bousset, come altri della scuola di Storia delle religioni, avesse tentato di eludere questioni di dogma, una prospettiva teologica implicita rimase comunque alla base del suo lavoro. dal momento che giunse a considerare l'Alta Cristologia come punto finale, Bousset cercò di dimostrare come i cristiani successivi arrivarono a quel punto.
 
Bousset può sì aver avviato questo focus teleologico, ma negli ultimi anni una proliferazione di pubblicazioni ha seguito un percorso simile. Nonostante l'intenso disaccordo su quando e da quale contesto sia emersa per la prima volta l'Alta Cristologia, come sottolinea Andrew Chester in una recente recensione, il focus sull'evoluzione della cristologia primitiva persiste.<ref>Andrew Chester, "High Christology—Whence, When, and Why?" ''Early Christianity'' 2 (2011): 22–50.</ref> In particolare, Chester identifica quattro tendenze principali nella recente ricerca in relazione a questo argomento. Nel primo, studiosi come [[w:Maurice Casey|Maurice Casey]] e [[w:Géza Vermes|Géza Vermes]] suggeriscono che, a causa dei vincoli del monoteismo ebraico, una comprensione di Gesù come divino avrebbe potuto emergere solo relativamente tardi nello sviluppo del cristianesimo e in un contesto [[Ebrei e Gentili|gentile]].<ref>Casey, ''Jewish Prophet'', 9, 23–40, 141–161; Geza Vermes, ''The Changing Faces of Jesus'' (Londra: Allen Lane, 2000), ma si veda anche il suo testo precedente, ''Jesus the Jew: A Historian’s Reading of the Gospels'' (Philadelphia, Fortress Press, 1981).</ref> Propongono che fu solo all'interno della comunità giovannea, che sostengono che avesse una composizione sempre più gentile, che la fonte di questa divergenza dall'ebraismo si verificò per la prima volta.<ref>Casey, ''Jewish Prophet'', 156–159; Vermes, ''Changing Faces of Jesus'', 6–54.</ref> Casey, in particolare, sostiene che fu solo dopo che i membri ebrei della comunità giovannea furono "cacciati via dalla sinagoga" (cfr. {{passo biblico2|Giovanni|9,22,12,42-43}}) e così cominciarono a identificarsi come "Gentili", che emerse la credenza nella divinità di Gesù.<ref>Casey, ''Jewish Prophet'', 9, 31–32, 35–36, 143, 156, 158.</ref> Casey interpreta {{passo biblico|Giovanni|9:22}} e {{passo biblico|Giovanni|12:42-43}} come riflesso di un realtà che era già accaduta, piuttosto che una retorica che incoraggiava tale separazione.
 
 
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