Storia della letteratura italiana/Giovanni Pascoli: differenze tra le versioni

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La poesia pascoliana si inserisce, con tratti originalissimi, nel panorama del [[../Decadentismo|decadentismo europeo]] e segna in maniera indelebile la poesia italiana. Affonda le radici in una visione pessimistica della vita, in cui si riflette lail scomparsatramonto della fiducia, propriatipicamente del positivismopositivistica, innella possibilità di raggiungere una conoscenza che sia in grado di spiegare compiutamente la realtà. Il mondo appare all'autore come un insieme misterioso e indecifrabile. Il poeta tende a rappresentarerappresenta la realtà con una pennellata impressionistica che coglie solo un determinato particolare del reale, non essendo possibile per l'autore avere una concreta visione d'insieme. Coerente con la visionepoetica decadente, Pascoli si presenta come un "veggente", mediatore di una conoscenza aurorale, in grado di spingere lo sguardo oltre il mondo sensibile. Nel saggio ''FanciullinoIl fanciullino'' afferma che il poeta fanciullino sa dare il nome alle cose, scoprendole nella loro freschezza originaria, in maniera immaginosa e alogica.
 
== La vita ==
[[File:Giovanni Pascoli.jpg|thumb|left|Giovanni Pascoli]]
Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855, quarto didei dieci figli di Ruggiero e Caterina Vincenzi Allocatelli. Il padre Ruggiero è fattore nella tenuta La Torre di proprietà dei principi Torlonia, e la famiglia gode di una certa agiatezza economica. La tranquillità è però infranta da un evento drammatico che segnerà a vita il poeta: l'uccisione del padre mentre torna dal mercato di Cesena, il 10 agosto 1867. I responsabili non saranno mai identificati, e questo fatto genera nel giovane Pascoli un senso di ingiustizia. La famiglia conosce difficoltà economiche e deve trasferirsi dapprima a San Mauro, e poi a Rimini. Negli anni immediatamente successivi ci saranno altri lutti: nel 1868 muoiono la madre e la sorella maggioreMargherita, nel 1871 il fratello Luigi e nel 1876 l'altro fratello Giacomo.<ref name="Baldi109">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=109 }}</ref>
 
Intanto nel 1862 Giovanni era entrato, insieme ai fratelli, nel collegio degli Scolopi di Urbino, dove aveva ricevuto una rigida educazione classica. Nel 1871, a causa delle ristrettezze economiche, deve abbandonare il collegio, ma grazie all'intervento di uno zio può terminare gli studi a Firenze. Finito il liceo frequenta, grazie a una borsa di studio, la facoltà di lettere a Bologna, dove ha tra i suoi maestri [[../Giosuè Carducci|Carducci]], e negli anni universitari si avvicina al socialismo. Nel 1879 viene arrestato mentre partecipa a una manifestazione antigovernativa e deve trascorrere alcuni mesi in carcere. Segnato da questa esperienza, decide di abbandonare la militanza politica.<ref name="Baldi109"/>
 
Nel 1882 si laurea con una tesi su Alceo e intraprende la carriera universitaria, prima a Matera, poi a Massa e infine a Livorno, dove rimane fino al 1895. In questi anni chiama a vivere con sé le sorelle Ida e MariùMaria, ricostituendo così ilquello che rimane del nucleo famigliarefamiliare distrutto. Questo "nido", che sarà centrale nella poetica pascoliana, è espressione della fragilità psicologica ed emotiva del poeta, che tra le pareti familiari cerca protezione dalle insidie del mondo esterno. Da questa condizione infantile scaturisce un attaccamento morboso nei confronti delle sorelle, a cui attribuisce una funzione materna. Il ricordo ossessivo dei morti inibisce ogni tentativo di relazionarsi con l'esterno, visto come un tradimento dei legami con il "nido". Qualsiasi rapporto con altre persone estranee al "nido" è bandito, tanto che nella sua vita Pascoli non avrà nessuna relazione amorosa. Il matrimonio di Ida nel 1895 sarà vissuto come un tradimento, che porterà il poeta a soffrire di crisi depressive.<ref name="Baldi110">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=110 }}</ref>
 
Nel 1895 Pascoli e la sorella MariùMaria, rimasti soli, si trasferiscono nella campagna lucchese, a Castelvecchio di Barga. Qui il poeta conduce una vita appartata, lontana dalla città, a cui contrappone la serenità della campagna. Nello stesso periodo, Pascoli aveva ottenuto dapprima la cattedra di grammatica greca e latina a Bologna, e poi quella di letteratura latina a Messina. Nel 1905, infine, sostituisce [[../Giosuè Carducci|Carducci]] come professore di letteratura italiana a Bologna.<ref name="Baldi110" /> Tra il 1891 e il 1911 raccoglie in vari volumi le poesie che aveva composto fino ad allora e negli ultimi anni della sua vita gareggia nel ruolo di "vate" della poesia civile con il maestro Carducci e con [[../Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]] nel ruolo di "vate" della poesia civile. Accanto alla sua poesia chiusa nel limitato ambito domestico si affianca quindi la figura ufficiale del poeta cantore della patria, per la quale compone una serie di canti e l'orazione ''La grande proletaria si è mossa'', pronunciata il 26 novembre 1911. La sua eccellente conoscenza del latino gli consente inoltre di vincere per dodici volte, dal 1892, la medaglia d'oro al concorso di la poesia latina di Amsterdam. Ammalatosi di cancro allo stomaco, Pascoli si trasferisce a Bologna per curarsi, ma vidove muore il 6 aprile 1912.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=111 }}</ref>
 
== Le raccolte poetiche e le altre opere ==
A partire dagli anni ottanta Pascoli ha pubblicato le sue poesie per lo più su riviste letterarie o in edizioni per sposalizi. Solo negli ultimi venti vent'anni della sua vita ha riuniteriunito i suoi componimenti in raccolte, distribuendoleraggruppandoli secondo criteri formali, stilistici e metrici. A ogni nuova edizione, il poeta ha poi arricchito ciascuna raccolta di nuove poesie o rielaborazioni di testi più vecchi: in ciascun volume è dunque possibile trovare, uno accanto all'altro, componimenti che risalgono a epoche tra di loro molto lontane. I filologi hanno dunque incontrato vari problemi nel datare le singole poesie e nel ricostruire l'evoluzione della produzione pascoliana. D'altra parte, lo stesso poeta ha seguito un percorso non lineare, ma si è occupato contemporaneamente di temi e soluzioni formali tra di loro molto diversi. In generale, anche se è possibile ordinare cronologicamente i testi e riconoscere le variazioni apportate a un componimento, nella produzione di Pascoli non c'è mai stata una svolta radicale, tale da permettere di suddividere la sua esperienza poetica in fasi.<ref name="Baldi115">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=115 }}</ref>
 
=== ''Myricae'' ===
{{vedi source|Myricae}}
[[File:Tamarix gallica bloemen.jpg|thumb|Fiori di tamerice, la pianta da cui Pascoli trae il nome per la sua prima raccolta]]
La prima raccolta pubblicata da Pascoli è ''Myricae'' (1891). Compare in un'edizione fuori commercio e inizialmente comprende ventidue poesie dedicate alle nozze di due amici. Nelle edizioni successive la raccolta si è ampliata, e ha raggiunto la sua struttura definitiva a partire dalla quarta, nel 1897. Il titolo è una citazione dalla ''Bucolica'' IV, dove Virgilio afferma di volere innalzare il tono poetico, in quanto «non omnes arbusta iuvant, humilesque myricae» («non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici»).<ref name="Baldi115" /> Pascoli invece pone al centro della sua poesia le piccole cose, di cui le tamerici sono un simbolo. Si tratta per lo più di testi molto brevi, nei quali il poeta si sofferma su alcuni particolari che vengono caricati di mistero e suggestioni, e che sembrano rimandare a una realtà altra. La sintassi è frantumata e viene fatto un uso analogico del linguaggio; Pascoli ricorre a onomatopee e il suono delle parole assume a sua volta un valore simbolico. Riaffiora spesso il tema della morte e per la prima volta si affaccia il nodo centrale della poesia pascoliana, la necessità di riannodare i legami spezzati con la propria famiglia in seguito all'evento luttuoso della morte del padre.<ref name="Baldi116">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=116 }}</ref><ref name="Ferroni849">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=849 }}</ref>
 
=== I ''Poemetti'' ===
{{vedi source|Primi poemetti}}
{{vedi source|Nuovi poemetti}}
I ''Poemetti'' vengono pubblicati una prima volta nel 1897 e poi ripubblicati nel 1900. Nella loro struttura definitiva sono però divisi in due volumi intitolati ''Primi poemetti'' (1904) e ''Nuovi poemetti'' (1909). I componimenti sono più ampi rispetto a quelli di ''Myricae'' e hanno un taglio narrativo. Nelle due raccolte viene infatti descritta la vita di una famiglia rurale di Barga, della quale vengono ritratti alcuni momenti quotidiani. La narrazione si articola in diversi cicli, che corrispondono alle fasi dei lavori nei campi. Rispetto alle poesie del volume precedente, caratterizzate da versi brevi, vengono qui utilizzate le terzine dantesche raggruppate in sezioni. Diversamente dai [[../Verismo|veristi]], qui la vita contadina è vista da Pascoli in modo idealizzato ed è presentata come portatrice di valori autentici di bontà e generosità, in contrapposizione con la negatività della società contemporanea. Chiusa nel piccolo mondo degli affetti familiari e regolata dallo scorrere delle stagioni, la vita rurale appare al poeta più rassicurante rispetto all'incombere della realtà storica. Pascoli tralascia gli aspetti più duri della vita agreste, e traspone i suoi ideali nel passato e in un mondo che sta scomparendo. Oltre a questo ciclo georgico, le due raccolte contengono anche poesie che trattano temi più torbidi o oscuri, come per esempio ''Il vischio'' o la ''Digitale purpurea''.<ref name="Baldi116" />
 
=== ''Canti di Castelvecchio'' ===
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=== ''Poemi conviviali'' ===
{{vedi source|Poemi conviviali}}
Nei ''Poemi conviviali'' (1904) sono raccolti testi apparsi in precedenza, a partire dal 1895, sulla rivista ''Il Convito'' diretta da Adolfo De Bosis, la stessa su cui D'Annunzio avrebbe pubblicato ''Le vergini delle rocce''. Queste poesie sono dedicate a personaggi e temi ricavati dal mito e dalla storia antica. Si tratta però di una ricostruzione storica in cui il poeta fa sfoggio di erudizione e narra aneddoti e particolari poco noti o marginali. Viene inoltre utilizzato un linguaggio ricercato ed estetizzante, in linea con l'orientamento seguito dalla rivista su cui i componimenti sono stati pubblicati. Tuttavia anche qui riemergono elementi tipici della poetica pascoliana, e così il mondo classico non è un luogo di eterna e stabile perfezione come volevano i classicisti, ma è attraversato da tensioni e angosce tipicamente moderne.<ref name="Baldi117" />
 
=== Le altre raccolte ===
Nelle ultime raccolte Pascoli ha ormai assunto la funzione di "poeta ufficiale" della patria, che con i suoi componimenti ne elogia la grandezza e propaganda i valori civili e morali della nazione. Gli spunti per questo tipo di produzione provengono generalmente dall'attualità. Tutte le sue poesie di tipitipo civile saranno riunite nel 1906 nella raccolta ''Odi ed inni'', che verrà progressivamente ampliata fino al 1913.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | pp=848-849 }}</ref> Accanto a questa c'è anche una produzione di carattere storico, che riprende temi dalla storia medievale, rinascimentale e risorgimentale. Agli anni dell'insegnamento a Bologna risalgono i ''Poemi italici'' (1911-1914) e le ''Canzoni di re Enzio'' (1908-1909). A questa poesia di tipo storico sono riconducibili anche i ''Poemi del Risorgimento'' (1913).<ref name="Ferroni849" />
 
Accanto a questa c'è anche una produzione di carattere storico, che riprende temi dalla storia medievale, rinascimentale e risorgimentale. Agli anni dell'insegnamento a Bologna risalgono i ''Poemi italici'' (1911-1914) e le ''Canzoni di re Enzio'' (1908-1909). A questa poesia di tipi storico è sono riconducibili anche i ''Poemi del Risorgimento'' (1913).<ref name="Ferroni849" />
 
=== I ''Carmina'' ===
{{vedi source|autore=Scriptor:Giovanni Pascoli|la}}
AccantoOltre a questaalla produzione in italiano bisognadi infinecui si è parlato, bisogna ricordare anche i ''Carmina'' in latino, che comprendono trenta poemetti e settantuno poesie più brevi, testi che per la maggior parte sono stati scritti per il concorso di poesia latina di Amsterdam. La raccolta di questi componimenti è stata pubblicata postuma nel 1915, e Pascoli non ha mai avuto modo di organizzarli in maniera organica. I temi riprendono aspetti marginali della vita romana, e per lo più hanno per protagonisti personaggi umili che si riscattano grazie alla loro bontà. Il latino di Pascoli non è una semplice riproposizione di modelli classici, ma piuttosto è una lingua rivissuta, affine all'italiano da lui utilizzato nelle altre poesie.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=117-118 }}</ref> IlPer lui il latino è la lingua assoluta, pura perché non contaminata dalle deformazioni del presente. Allo stesso tempo, è anche un modo per tornare all'età prenatale, a una sorta di infanzia dell'umanità.<ref name="Ferroni849" />
 
=== Prose ===
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Il poeta ha lavorato anche a libri scolastici, tra cui alcune antologie di letteratura italiana e latina. In generale la prosa pascoliana, lontana dallo stile erudito diffuso all'epoca, ha un tono più pacato e colloquiale. Nei discorsi ufficiali ricorre invece a un tono più sostenuto e a una certa enfasi retorica. Tra questi ricordiamo ''La grande proletaria si è mossa''.<ref name="Baldi118">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=118 }}</ref>
 
== Il profilo letterario: la sua "rivoluzione poetica" di Pascoli ==
=== La formazione letteraria ===
Un momento cruciale nella formazione letteraria di Pascoli va fatta risalirerisale ai nove anni trascorsi a Bologna come studente alla facoltà di lettere (1873-1882)., Quidove fuè allievo di Carducci, che si accorseaccorge subito delle qualità del giovane. Nella cerchia ristretta dell'ambiente creatosi attorno al poeta, Pascoli vissevive gli anni più movimentati della sua vita. Protetto dal rapporto tra maestro e allievo, Pascoli non ebbeha bisogno di alzare barriere nei confronti della realtà, limitandosi a seguire gli indirizzi e i modelli del suo corso di studi: i classici, la filologia, la letteratura italiana. Nel 1875 perseperde la borsa di studio e con essa il suo unico mezzo di sostentamento. La frustrazione e i disagi materiali lo spinserospingono verso il movimento socialista in quella che fusarà una delle poche, brevi parentesi politiche della sua vita. Nel 1879 venneè arrestato e assolto dopo tre mesi di carcere. Il senso di ingiustizia e la delusione lo riportaronoriportano dal maestro Carducci e completòcompleta gli studi con una tesi sul poeta greco Alceo.
 
A margine degli studi veri e propri, comunque, condusseconduce una vasta esplorazione del mondo letterario e scientifico straniero. ScoprìScopre l'avanguardia simbolista attraverso riviste francesi specializzate, come la ''Revue des deux Mondes''. LesseLegge inoltre i testi scientifico-naturalistici di Jules Michelet, Jean-Henri Fabre e Maurice Maeterlinck. Tali testi utilizzavanoutilizzano la descrizione naturalistica - la vita degli insetti soprattutto, per quell'attrazione per il microcosmo così caratteristica del [[../Decadentismo|Romanticismo decadente]] di fine Ottocento - in chiave poetica; l'osservazione era aggiornata sulle più recenti acquisizioni scientifiche dovute al perfezionamento del microscopio e della sperimentazione di laboratorio, ma poi veniva filtrata letterariamente attraverso uno stile lirico in cui dominava il senso della meraviglia e della fantasia. Era un atteggiamento positivista "romanticheggiante" che tendeva a vedere nella natura l'aspetto pre-cosciente del mondo umano.
 
Coerente con questi interessi, c'è anche quello per la cosiddetta "filosofia dell'inconscio" del tedesco Karl Robert Eduard von Hartmann, l'opera che aprì quella linea di interpretazione della psicologia in senso anti-meccanicistico che sfociò nella psicanalisi freudiana. È evidente in queste letture - come in quella successiva dell'opera dell'inglese James Sully sulla "psicologia dei bambini" - un'attrazione di Pascoli verso il "mondo piccolo" dei fenomeni naturali e psicologicamente elementari che tanto fortemente caratterizzò tutta la sua poesia. E non solo la sua. Per tutto l'Ottocento la cultura europea aveva coltivato un particolare culto per il mondo dell'infanzia, dapprima, in un senso pedagogico e culturale più generico, poi, verso la fine del secolo, con un più accentuato intendimento psicologico. I romantici, sulla scia di Giambattista Vico e di Jean-Jacques Rousseau, avevano paragonato l'infanzia allo stato primordiale "di natura" dell'umanità, inteso come una sorta di età dell'oro.