Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Italia 5: differenze tra le versioni

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I cannoni Ansaldo da 90/53 Mod 41 erano gli epigoni di alcune artiglierie pensate soprattutto per la Marina (erano i pezzi da 90/50 mm), armi leggermente più potenti degli 88 tedeschi (come del resto anche gli altri pezzi da 90 mm); assieme ai più leggeri pezzi Ansaldo da 75/46 mm tentarono di aggiornare l'artiglieria antiaerea italiana, ma non ci riuscirono mai del tutto. Avevano gittata contraerea fino a 12 e 8 km rispettivamente e un'alta velocità iniziale. Dall'inizio del '42 cominciarono anche ad arrivare appositi autocannoni su scafo di camion pesanti Lancia 3 Ro, SPA Dovunque 41, Breda 52. Usati efficacemente dal maggio '42 contro i carri del Commonwealth, inquadrati in gruppi su due batterie di quattro pezzi (2 gruppi e quindi 16 cannoni per divisione), erano armi contraerei, controcarri e all'occorrenza da campagna. Ma la combinazione con il grosso autocarro era troppo visibile, lenta e vulnerabile. La loro nascita era dovuta all'aver visto il successo degli '88 tedeschi su installazioni campali o su semicingolati, e al servizio di Bir el Gobi fatto da appena 3 autocannoni con i vecchi pezzi da 102/35, eppure più che sufficienti per dichiarare ben 15 carri britannici KO. Da El Alamein si salvarono solo 3 cannoni, che vennero aggregati al gruppo Cantaluppi. Le caratteristiche del cannone erno: peso proiettile 10,1 kg HE, ben 12,1 kg perforante (con nucleo metallico), v.iniziale (perforante) 758 m.sec, gittata max 14 km, quota max 12 km, cadenza 20 c.min, perforazione: 100 mm a 500 m (altre fonti dicono 1000) se con angolo a 90°, o 80 mm a 30°, il che significava prestazioni buone ma non eccezionali, forse per via delle munizioni. Infatti l'88 tedesco, invariabilmente comparato come 'inferiore' al 90 mm italiano (e balisticamente lo era), era capace di perforare 100-120 mm a 1000 m e 30°. A 1.500 m il pezzo italiano perforava 80 mm o 60 a 30°. Questo significa che era anche inferiore al pezzo americano M5 controcarri da 76 mm che arrivava a 84 mm a 1.840 m (Armi da guerra 46), per cui la mancata costruzione di una granata HEAT a causa della sufficiente capacità di quella perforante non è del tutto giustificabile. L'88 tedesco la possedeva, e in ogni caso non aveva problemi a perforare 100 mm a 1.830 m. Quindi la raccomandazione di tirare da forti distanze (almeno 1.500 m) non era poi così saggia, se anziché i Crusader c'era da vedersela con gli M4 Sherman (51 mm a 56° frontali, 76 mm torretta). Un ulteriore difetto del munizionamento (in parte risolto nel corso del conflitto e nel prototipo del 90/71 mai entrato in servizio) era la deficienza della granata antiaerea contro apparecchi metallici dotati di corazza, in effetti negli anni '30 aerei come il B-17 e il B-24 (ma anche i P-47) erano considerati quasi fantascienza, e quando i proiettili anti aerei furono progettati la maggior parte degli aerei da bombardamento era bimotore mentre i caccia erano di struttura mista legno-metallo. Il peso del complesso era di 11.500 kg.
 
In ogni caso questi cannoni fecero del loro meglio e furono armi efficaci, anche se il munizionamento non le valorizzava come doveva. Spesso il tiro era eseguito con una centralina di tiro c.a. con la batteria al completo sia contro aerei che contro i carri armati<ref>Del Rosso A: ''Gli Autocannoni in A.S.'' Storia militare Dic 2005</ref>. Il Mod 41, derivato dai pezzi da 90/50 navali precedenti, sostituiva il meno potente Ansaldo Mod 34, arma moderna ma un po' superata al tempo stesso. Questo era nato nel '34, ma stranamente, pur avendo esattamente le stesse caratteristiche dimensionali del Pak 40 tedesco, mai venne adottato a compiti campali veri e propri. Solo pochi erano in servizio allo scoppio della guerra, pur con una rispettabile gittata di 8.500 m antiaerea, che superava quella dei vecchi cannoni da 75, 76 e 102 mm largamente usati. Nel '42 non ce n'erano che 226 e altri 45 del Mod. 40 da postazione fissa. Venne usato anche dai Tedeschi dopo l'Armistizio, nonché dagli Alleati. Ma nel frattempo era il Mod 41, del 1941, ad essere diventato il cannone più importante, tanto che circa 200 erano disponibili nel '42 e soprattutto 539 lo erano nel settembre del '43, a parte i 29 per autocarri e qualche superstite dei semoventi da 90. Le munizioni pesavano in tutto 17,7-18,7 kg l'una, e almeno 315 vennero usati dai Tedeschi come Flak 41(i) o con altre denominazioni. Dal' 52 in Italia cominciò a cedere il passo all'M1 americano, maggiormente automatizzato, mentre dal 1950 non era più in servizio l'88 tedesco, penalizzato dalla scarsità delle munizioni in quel calibro (ma in Yugoslavia l'arma è rimasta in servizio per decenni). L'esperimento del 90/70 mm postbellico non ebbe esito pratico ed operativo, anche se balisticamente era notevole, come del resto lo erano i precedenti 90/70 americano e 88/71 tedesco. Tra l'altro le granate di 90 mm erano accusate di frammentarsi in pezzi troppo piccoli per essere efficaci quanto dovevano contro i bombardieri pesanti e per questo venne pensata, per il 90/70, un "marchingengo infernale", ovvero una granata che conteneva al suo interno una sorta di mini cannoen a canne multiple da 30mm30 mm, quando la granata esplodeva i proiettili esplosivi da 30 mm venivano diretti in tutte le direzioni.
 
Un altro cannone che doveva sostituire, completando una vera e propria gamma, era il pezzo da 105/40, della OTO, approntato dopo lunghe e tribolate fasi di sviluppo, senza molta priorità. Esso era pesante, nella sua configurazione iniziale, circa 3.700 kg e tirava un proiettile da 17,5 kg a 16,5 km, ma soffriva di una rapida usura, solo nel 42-43 arrivarono miglioramenti tali da produrre una batteria sperimentale, e di questo elegante cannone, più volte rivisto, vennero ordinati ben 620 pezzi. Ma l'Armistizio pose fine alla speranza di averli, e nessuno della batteria sperimentale sopravvisse. Era un cannone dall'aria simile a quella dei pezzi tedeschi, con un freno di volata a spargisale, ruote stampate, canna piuttosto lunga. Piuttosto pesante per tirare, sia pure a 720 m.sec, una granata relativamente leggera (ma non per il calibro), analogamente a simili progetti tedeschi, non suscitò l'entusiasmo generale, se i primi, approntati nel '36, non avevano dato 7 anni dopo ancora luogo alla produzione in serie. Così il cannone di corpo d'armata rimase il vecchio 105/28 di progettazione francese, valida ma oramai piuttosto vecchia arma, ora se non altro affiancata dal pezzo OTO da 149 mm, che era ben superiore al vecchio obice da 149/13. Del 105/28 in Italia ce n'erano all'inizio della guerra oltre 900, ma la cifra è incerta. Ce n'erano quasi 600 (tra cui forse anche quelli di preda bellica francese e greca) nel tardo '42 e 27 gruppi d'artiglieria ancora nel giugno del '43, che equipaggiavano tutti i Corpi d'Armata, mentre altri erano usati come cannoni controcarri con granate EP. Le munizioni delle artiglierie italiane, grazie alla generazione Mod. 32 consentirono molti miglioramenti rispetto a quanto possibile con le vecchie armi, per esempio la Mod. 32 per il 105/28 arrivava a oltre 13,6 km con 2,3 kg di HE, anche se poi il tipo più usato arrivava a circa 12,8 km. Sempre meglio di quelli di vecchio tipo, ancora largamente in uso, da meno di 11 km. La granata perforante da 105/28 Mod. 43 EP pesava 14 kg, v.iniziale 602 m.sec, gittata max. teorica 12.360 m, 100 mm di corazza con impatto a 30°, per velocità inferiori a 500 m.sec. La direzione di appena 14 gradi, e la cadenza di appena 1-2 c.min, oltre al peso di quasi 2,2 t rendevano tuttavia piuttosto aleatorio l'uso dell'arma contro i carri armati nemici<ref>Pignato N: ''Il 105/28 nel Regio Esercito'', Storia militare nov 2008</ref>.