La prosa ultima di Thomas Bernhard/Conclusione 3: differenze tra le versioni

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== Stralcio ==
Concludo questo Capitolo dedicato a ''Auslöschung'' riportando lo stralcio finale della rispettiva versione italiana — ''Estinzione'' — nell'ottima traduzione della già citata Andreina Lavagetto (1996):
 
[[File:Leon Splliaert Selfportrait.jpg|650px|center|Estratto da "Estinzione"]]
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Ultimo fra i romanzi di Thomas Bernhard, ''Estinzione'' è anche quello dal respiro più vasto, dove l'orchestrazione sottile e ossessiva della sua prosa raggiunge l'esito supremo. Come se Barnhard avesse voluto riprendere, ''una volta per sempre'', tutto ciò che aveva oscuramente nutrito la sua «arte dell'esagerazione». E già nel titolo si può avvertire tale furia liquidatoria.<br/>
Dalla lontana specola di una Roma solare e felice, dove si è rifugiato per sottrarsi alla persecuzione, alla soffocazione familiare, il narratore getta uno sguardo esacerbato sulla tetra Wolfsegg, feudo avito nell'Austria superiore toccatogli in eredità in seguito all'improvvisa morte dei genitori e del fratello. «Roccaforte dell'ottusità», Wolfsegg è il luogo geometrico di quel «complesso dell'origine» che marchia a fuoco l'esistenza del protagonista. Stupidità del padre, incultura, ipocrisia della madre, supino opportunismo del fratello, beffardo disprezzo da parte delle sorelle, insofferenza per ciò che porta il segno dello spirito. Inoltre: complicità della famiglia con le SS, prima e dopo il Terzo Reich, in un inestricabile intreccio di risentimenti, di cattolicesimo bigotto e fanatico nazionalsocialismo: tutto questo significa l'origine. Come è possibile farne defluire il veleno? Anche il più drastico rifiuto finisce per innalzare fortezze e pinnacoli di parole che aspirano a sostituirsi, in una sorta di annientamento verbale, alla realtà dominante: «perché il mio resoconto è lì solo per esinguere ciò che in esso viene descritto, per estinguere tutto ciò che intendo con Wolfsegg, e tutto ciò che Wolfsegg è, tutto».<br/>
Ma ''Estinzione'' non sarebbe la meraviglia che è se non lo percorresse da cima a fondo quel gusto teatrale per il continuo rovesciamento ironico anche nel gesto o della frase in apparenza più radicali e inappellabili. Ancora una volta, l'elemento liberatorio è in una certa comicità sinistra che si sprigiona dalla cupezza, investendo grandiosamente figure come il «fabbricante di tappi per bottiglie da vino di Friburgo», cognato del protagonista, o le di lui sorelle, sfiorite marionette che fanno tutto, ma proprio tutto, insieme perché così vuole la mamma. Se è nel destino del romanzo essere soggetto a continue metamorfosi, quella a cui assistiamo con ''Estinzione'' rimarrà fra le più memorabili di questi ultimi anni.
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<smalldiv style="font-size: 0.7em;">''(Dal risvolto di copertina di ''Estinzione'', Adelphi Edizioni, 1996)''</smalldiv>
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<div style="color: teal; text-align: right; font-size: 0.8em;">⇒ '''''Qui di seguito un estratto delle ultime pagine del libro...'''''</div>
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