Biografie cristologiche/Disposizioni e differenze: differenze tra le versioni

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Se Roma avesse veramente creduto, per errore o meno, che Gesù rappresentasse un qualche tipo di minaccia politica, molti oltre gesù sarebbero morti. Pilato non avrebbe mai rischiato o tollerato l'esistenza di quello che poteva considerare un gruppo rivoluzionario. Inoltre, la prima testimonianza cristiana, le lettere di Paolo scritte a metà secolo, raffigurano i discepoli comodamente stabiliti a Gerusalemme, a dirigere una missione nel Mediterraneo senza nessun indizio di restrizioni da parte di Roma — o anche dalla gerarchia sacerdotale gerosolimitana. Chiaramente, nessuno al potere si preoccupava troppo di questo movimento. Allora perché il suo capo morì in quel modo?<ref name="Paula">Paula Fredriksen, ''Jesus of Nazareth'', Macmillan, 1999, pp. 8-12.</ref>
 
Questa è un'anomalia cruciale. Poiché cerchiamo cause e connessioni tra eventi che possano spiegarli, modelli di significato nell'evidenza cvhe rimane, spesso corriamo il rischio di anacronismo: la nostra conoscenza di ciò che veramente accadde influenza i nostri sforzi di presentare in modo convincente l'esperienza di agenti antichi le cui azioni desideriamo capire e spiegare. Vediamo cause e assegnamo motivazioni con una chiarezza che i reali caratteri storici non possono assolutamente avere perché, a nostra differenza, non sapevano cosa riservava loro il futuro. Nella ricerca del Gesù storico, questo rischio professionale si esprime nella tendenza di molti studiosi ad assegnare a Gesù pensieri o azioni che spieghino, in maniera concreta, quello che infine diventò il Cristianesimo. Quando ci ritroviamo con la maggioranza dei testi che costituiscono il Nuovo Testamento — diciamo, a fine primo secolo o inizio del secondo — il Tempio di Gerusalemme non esisteva più, i Farisei stavano emergendo come i maggiori sopravvissuti della guerra tra ebrei e romani, e la base etnica del movimento cristiano iniziava un importante spostamento dai suoi inizi ebraici al suo futuro gentile. Di conseguenza, le antiche leggi e tradizioni ebraiche attuate presso il Tempio avevano ben poca applicazione pratica per la vita religiosa del tardo primo secolo, sia per ebrei sia (per quanto si possano distinguere le due comunità così presto) per cristiani. I Farisei, il gruppo più illeso del periodo dopo la distruzione, erano anche i più articolati nel conservare e presentare la propria particolare interpretazione della Torah. Ed i gentili, che fossero pagani o cristiani, non furono mai ritenuti da parte degli ebrei, ma anche da parte della maggioranza degli ebrei cristiani, come responsabili dei mandati della Legge (''Halakhah''). Ma ora, come cristiani, erano diventati adoratori del Dio di Israele. Qual' era quindi il loro rapporto coi Suoi insegnamenti trasmessi mediante la rivelazione biblica?<ref name="Paula"/><ref name="Croce"/>
 
Gli evangelisti incorporano queste problematiche postdistruzione nella loro raffigurazione di Gesù, la figura fondatrice/fondamentale delle loro comunità. Pertanto anche il loro Gesù esibisce una consapevolezza religiosa posttemplare; anche lui ha i suoi argomenti più accalorati coi Farisei; anche lui sembra allontanarsi del presente ebraico per rivolgersi verso un futuro gentile. E non c'è scampo: l'unica opzione per ricostruire Gesù è rivolgersi appunto agli evangelisti, perché rappresentano il migliore corpo probativo per ricostruirlo come figura storica. Ma dobbiamo essere consapevoli dei modi in cui il loro contesto storico, posto all'incirca verso l'ultima parte del primo secolo, modella la loro presentazione di Gesù e la sua stessa: la Galilea e la Giudea ebraiche nei giorni di una grande varietà settaria, orientata intorno al culto vibrante del tardo [[w:Secondo Tempio|Secondo Tempio]].<ref name="Croce"/>