Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Introduzione: differenze tra le versioni

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In questo secolo, tuttavia, il concetto di società "progressista" è stato demolito. "La terra illuminata irradia trionfante disastro", hanno osservato i filosofi tedeschi [[w:Theodor W. Adorno|Theodor Adorno]] e [[w:Max Horkheimer|Max Horkheimer]] dopo la seconda guerra mondiale.<ref>Theodor Adorno e Max Horkheimer, ''Dialectic of Enlightenment'', Continuum, 1997, p. 3. (Pubblicato originalmente nel 1947).</ref> Il mondo conosciuto è diventato sempre più pluralista e frammentato e, dopo l'Olocausto, apparentemente più arbitrario, sempre più illogico e meno umano. Le conoscenze scientifiche e la civiltà "illuminata" non si sono necessariamente sviluppate di pari passo. "Ad Auschwitz", scrive [[w:Elie Wiesel|Elie Wiesel]], "non solo l'uomo morì, ma anche l'idea dell'uomo".<ref>Elie Wiesel, ''Legends of Our Time'', Schocken Books, 1986, p. 186.</ref> [[w:Jean-François Lyotard|Jean-François Lyotard]] scrive che Auschwitz non solo ha annunciato la fine del sogno illuminista (l'idea di una storia umana teleologica e progressiva) ma che ha costituito un evento consumatamente imprevedibile nello sviluppo della civiltà occidentale — da qui lo shock quando filmati sulla liberazione dei campi furono proiettati nei cinegiornali.<ref>Jean-François Lyotard, ''The Differend: Phrases in Dispute'', trad. {{en}} Georges Van Den Abbeele, University of Minnesota Press, 1988, p. 58. Anche David Feldman, "Was Modernity good for the Jews?" dato alla conferenza ''Modernity, Culture and "The Jew"'', University of London: Birkbeck College (12-14 maggio 1994).</ref> Intellettuali, come Lyotard e [[w:Karl Popper|Karl Raimund Popper]], hanno incorporato questa pluralità e caos nella loro lettura della realtà e hanno attaccato lo storicismo teleologico, in particolare, per la sua visione miope da tunnel. Come suggerisce Popper, l'innata imprevedibilità dell'Uomo assicura che lo storicismo teleologico hegeliano sia inevitabilmente destinato al fallimento.<ref>Karl Popper, ''The Poverty of Historicism'', Routledge, 1972 (ediz. ital. ''Miseria dello storicismo'' 1954/2008).</ref> Tuttavia, negli ultimi decenni, in particolare con la ricorrenza del genocidio nell'Europa orientale<ref>Tra cui il [[w:Massacro di Srebrenica|Massacro di Srebrenica]].</ref> e in [[w:Genocidio del Ruanda|Ruanda]], molti altri, in particolare scrittori e giornalisti, hanno più che mai puntato a dare forma (politica, religiosa o storica) all'imprevedibile vortice del mondo circostante.
 
L'attrazione di tracciare parallelismi storici (creando così un discorso storicista) rimane forte perché crea un senso di causa ed effetto che l'uomo è in grado di interpretare in questo mondo sempre più frammentato e caotico. Negli ultimi decenni, il conflitto nell'[[w:Guerra in Bosnia ed Erzegovina|ex-Jugoslavia]] è stato interpretato attraverso il prisma dell'Olocausto dai media di tutto il mondo e dai partecipanti alla guerra stessa. I film degli artisti Obala a Sarajevo, in tournée nell'ambito della mostra ''The Witnesses of Existence'', utilizzavano immagini e parole che avevano risonanze con la persecuzione ebraica. Allo stesso modo, le battute popolari a Sarajevo usavano anche lo stesso materiale di repertorio archetipico.<ref>''Witness of Existence'' diretto da Miro Purivatra. Il film della mostra è disponibile in formato VHS tramite l'Archivio Richard Demarco a Edimburgo.<br/>Le seguenti barzellette giravano all'epoca: "Qual' è la differenza tra Auschwitz e Sarajevo? Ad Auschwitz avevano il gas"; "Perché tagliarono il gas a Sarajevo? Perché non c'erano ebrei." Si veda: "Reports from the 21st Century: A Sarajevan Interview', Erika Munk, ''Theatre'', Vol. 24, No. 3, (1993), pp. 9-13.</ref> Per quelli al di fuori della guerra jugoslava, tali analogie fornivano un quadro morale semplicistico per una situazione tutt'altro che semplice. La rappresentazione mediatica dei serbi come "nazisti" e dei musulmani come "ebrei" venne utilizzata in un conflitto estremamente complicato, creando un falso ordine nel caos.<ref>Guy Westwell, "Reading Trnipolje Camp, Bosnia-Herzegovine, August 5, 1992", documento consegnato alla Glasgow University, febbraio 1998.</ref>
 
Tale interpretazione può avere un effetto riduttivo. Il pubblico viene rimosso dall'orrore immediato attraverso parallelismi inventati che si basano su verità universali. Gli storici, i politici, i media e gli artisti non presentano necessariamente al pubblico la "realtà" o il significato di un episodio contemporaneo ma, piuttosto, attraverso l'analogia, forniscono intuizioni inventate che impediscono una più genuina valutazione dell'episodio in discussione. Occasionalmente, le "lezioni" tratte da questi parallelismi non sono solo disoneste, ma motivate politicamente. Coloro che cercano di chiarire le attuali complessità inserendole in rigidi discorsi storicistici possono riuscire a creare analogie fatue. Tuttavia, paradossalmente, se usata con giudizio, l'analogia storica può essere un potente strumento per aiutare la comprensione. Il "successo" di queste analogie risiede spesso nelle intenzioni dell'utente. Impiegare l'Olocausto per far avanzare una causa politica totalmente separata dovrebbe essere considerato con sospetto se alcuni "fatti" sul passato sono manipolati o negati per sostenere uno storicismo particolare ed esclusivo. Questo è il pericolo di una struttura narrativa singola.