La prosa ultima di Thomas Bernhard/Valori personali: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
testo
testo
Riga 5:
Bernhard ha poca o nessuna reputazione critica come umanista. Come dimostrato ''supra'', i critici si sono focalizzati sulle diatribe critiche della sua prosa, concentrandosi su Bernhard come nichilista e iconoclasta. Tuttavia, sin dalla pentalogia, elementi maggiormente centrati sull'uomo, umani diciamo, della produzione in prosa sono sempre più evidenti: i successivi protagonisti bernhardiani hanno amici di vecchia data, si sentono più a loro agio in loro presenza e ne parlano in termini positivi più di qualsiasi dei loro predecessori del Anni ’60 e ’70. Il primo riferimento più significativo dei romanzi di Bernhard a questa concentrazione su ciò che Robert Vellusig chiama "die ''soziale (und pragmatische) Dimension'' des zwischenmenschlichen Austausches", si trova in un primo racconto intitolato "Jauregg" (1966).<ref>Robert Vellusig, "Thomas Bernhards Gesprächs-Kunst", in Schmidt-Dengler, Stevens e Wagner, pp. 25-46 (p. 31) [corsivo nell'originale].</ref> Sebbene sia un racconto delle speranze infrante di un giovane che va a lavorare nella cava di suo zio, il narratore-protagonista riconosce l'importanza del contatto sociale per la vita di tutti i giorni. Teme di essere risucchiato nelle conversazioni con i suoi colleghi ma aggiunge: "Aber um leben zu können, muß man mit Menschen zusammen sein."<ref>Thomas Bernhard, "Jauregg", in Thomas Bernhard, ''Prosa'' (Frankfurt: Suhrkamp, 1967), pp. 49-64 (pp. 49 e 61-2). Questa storia fu pubblicata originalmente in ''Literatur und Kritik'', 1 (1966), 18-25.</ref> Sebbene il tipico protagonista di Bernhard abbia un forte legame con la propria famiglia (Konrad e sua moglie, Roithamer e sua sorella, il narratore autobiografico e suo nonno, Rudolf e sua sorella), è solo nel 1985 in ''Alte Meister'' che questo tema diventa un punto focale in uno dei romanzi di Bernhard. Reger, come il protagonista di "Jauregg", riconosce il suo bisogno di persone ("Ich habe mich immer ausschließlich mit Menschen befaßt"),<ref>Bernhard, ''Alte Meister'', p. 102.</ref> ma a differenza del giovane ventenne prima di lui, differenzia le persone tra entità anonima o umanità come concetto e individui reali e vivi: "ich bin [...] ein Menschenfanatiker [...], kein Menschheitsfanatiker".<ref>''Ibid.''</ref> Reger è ossessionato dalle persone (e, nel complesso, non dall'umanità come concetto intellettuale) mentre il giovane ne è solo dolorosamente consapevole come un male necessario. Per Murau, le persone rappresentano un'ancora di salvezza nonostante tutte le sue critiche, e il suo racconto esprime e riscopre questo fondamentale pezzo di conoscenza di sé in diversi modi.
 
Uno dei modi principali in cui Bernhard trasmette ciò al lettore è attraverso l'atteggiamento del suo protagonista nei confronti dei temi spesso discussi nella prosa precedente. Ad esempio, il contrasto nell'atteggiamento tra Murau e figure passate nei confronti di attività intellettuali è marcato e informativo. Lo sviluppo da Rudolf (uno degli intellettuali più accomodanti di Bernhard) a Murau è evidenziato nei loro diversi atteggiamenti nei confronti del valore dello sforzo intellettuale. Laddove Rudolf, almeno inizialmente, poneva il suo presupposto lavoro su Mendelssohn prima di ogni altra cosa, Murau è in grado di ironizzare inequivocabilmente sulle sue pretese intellettuali a favore dell'esperienza personale vissuta:
{{q|Non sopporto la solitudine e ne parlo in continuazione, predico la solitudine e la odio dal profondo, perché rende infelici come nessun'altra cosa, come so, e già ora comincio ad accorgermene, predico la solitudine per esempio a Gambetti e so benissimo che la solitudine è il più tremendo dei castighi. Dico a Gambetti, Gambetti, ''il bene più alto è la solitudine'', perché mi atteggio a suo filosofo, ma so benissimo che ''la solitudine è il più
tremendo dei castighi''.<ref>In questa lunga sezione del mio studio, presento anche la traduzione italiana del testo bernhardiano, fatta da Andreina Lavagetto (''Estinzione'', Adelphi Edizioni, 1996), per facilitarne l'interpretazione più completa e profonda.</ref>|Bernhard, ''Auslöschung'', pp. 308-9, rr. 27-31 (p. 308) to r. 2 (p. 309) [corsivo nell'originale].|Ich ertrage das Alleinsein nicht und rede fortwährend davon, ich predige das Alleinsein und hasse es zutiefst, weil es wie nichts sonst unglücklich macht, wie ich weiß [...] Ich sage zu Gambetti, Gambetti, ''das Höchste ist das Alleinsein'', weil ich mich als sein Philosoph aufspiele, aber ich weiß ganz genau, daß ''Alleinsein die fürchterlichste aller Strafen'' ist.|lingua=de}}