La prosa ultima di Thomas Bernhard/Ricezione critica: differenze tra le versioni

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Sebbene il riassunto della ricezione critica fatto da Höller sia diviso in undici brevi sezioni, il principale disaccordo sul testo era se si trattasse di una nuova offerta di Bernhard o di una rielaborazione prevedibile, quasi identica, di temi e stile narrativo precedenti. La maggior parte della critica reputò ''Auslöschung'' come una stanca ripetizione di lavori precedenti. Come scrisse Edwin Hartl: "Neu ist weder die Tendenz noch die Diktion, neu ist der Umfang des Buches".<ref>Edwin Hartl, "Bernhards Konzept", ''Die Furche'', 10 ottobre 1986.</ref> Anche Schultheiss non vede alcun reale sviluppo nell'approccio dello scrittore dalla prima prosa: "Thomas Bernhard ist um kein Gramm weniger giftig-gallig und bitter denn je."<ref>Schultheiss, "Wie überleben?"</ref> I suoi sentimenti riecheggiano in gran parte i commenti dannosi di Eberhard Falcke nella sua recensione su ''Der Spiegel'': "Der neue Bernhard ist nicht im mindesten neu."<ref>Eberhard Falcke, "Abschreiben: Eine Auflehnung", ''Der Spiegel'', 3 novembre 1986, pp. 256-60. Questo articolo è ristampato in: Höller e Heidelberger-Leonard, pp. 70-4 (p. 70).</ref> Si riferisce in modo peggiorativo a "dieser Bernhardschen sogenannten Neuerscheinung", ed è infuriato per l'audace "Wiederholungsinfamie" dell'autore.<ref>''Ibid.''</ref> La recensione sarcastica di Werner Thuswaldner, che conclude che Bernhard è un esibizionista e snob ("die Suche nach Exklusivität, nach Angeberei"), afferma che il libro suggerisce "[eine] Wiederbegegnung mit altbekannten Motiven [und] erweckt den Eindruck, als hätte man das alles schon einmal gelesen."<ref>WernerThuswaldner, "Möchtegern-Weltmann aus der Provinz", ''Salzburger Nachrichten'', 15 novembre 1986.</ref> Tutte queste recensioni presumono che ''Auslöschung'' non rappresenti solo il lavoro di uno scrittore interessato a scrivere lo stesso libro più volte, ma che si crogiola nella disperazione e nella negatività contenute nella sua narrazione: si basano su una visione stereotipata di Bernhard. Schachtsiek arriva addirittura a riassumere il libro come una "Verzweiflungsorgie".<ref>N. Schachtsiek, "Im Malstrom des Hasses", ''Kölnische Rundschau'', 19 novembre 1986.</ref> Heinz Schafroth rimane intorpidito e accecato da ciò che percepisce come l'uniformità dell'iperbole bernhardiana ("In Bernhards Superlativsprache und totalitärem Stil wird alles eingeebnet und plattgewalzt"), e la sua altisonante affermazione che ''Auslöschung'' è "Bernhards weitere Inszenierung des Untergangs des Abendlandes" individua inavvertitamente la fonte dei molti abbattimenti critici del testo.<ref>Heinz F. Schafroth, "Hauptwerk — oder doch nicht", ''Frankfurter Rundschau'', 4 ottobre 1986.</ref> Se inteso principalmente come un attacco alla moralità occidentale o addirittura come critica sociale generale, ''Auslöschung'' sarebbe davvero un testo ripetitivo e difettoso che esprime un pessimismo culturale che è troppo ampio per essere persuasivo ed è comunque vecchio cappello. Gli intensi conflitti psichici di Murau e le preferenze personali profondamente radicate non si prestano a specifici impegni storici e politici nella narrazione. Queste recensioni dell'opera attribuiscono alla lunga narrativa di Bernhard gli stessi tratti di nichilismo e impenetrabilità presenti nelle prime opere. Non hanno capito niente. Non riescono a spiegare gli sviluppi più umani, meno intransigenti e più calmi dopo l'autobiografia, come quelli già osservati in ''Beton'' — riconoscibili attraverso un'analisi attenta e paziente degli schemi narrativi.
 
Come in ''Beton'', il problema della disattenzione alla narrativa di ''Auslöschung'' è, in una certa misura, causato dalla conflazione di Bernhard e del suo protagonista in un gran numero di recensioni: "Murau alias Bernhard" (Hans Heinz Hahnl); "Bernhard, alias Murau" (Andrea Köhler); "[Franz-Josef Murau] Thomas Bernhards aktuellster Doppelgänger" (Helga Schultheiss); "Ci vuole poco per vedere Bernhard stesso nel protagonista del libro, Franz-Josef Murau" (Denis Staunton).<ref>Hans Heinz Hahnl, "Wunschträumer Thomas Bernhard", ''Arbeiter-Zeitung'', 4 ottobre 1986; Andrea Köhler, "Amoklauf in Verdunkelungsprosa", ''General-Anzeiger für Bonn'', 1 dicembre 1986; Schultheiss, "Wie überleben?"; Denis Staunton, "Extinction", ''The Observer'', 5 novembre 1995.</ref> Se osservato da queste prospettive, la narrazione di Murau può facilmente diventare principalmente o esclusivamente una parafrasi ripetitiva dell'insoddisfazione di Bernhard per le condizioni sociali e politiche in Austria attraverso un personaggio immaginario, e il testo diventa difficile da leggere senza soccombere alla noia — che è precisamente quello che i critici finiscono per considerare il libro: "ein endloser Satz-Rollteppich, auf dem der Frust einherlatscht" (Reinhold Tauber); "Leicht macht es Thomas Bernhard einem nie" (Roland Gross); "[In ''Auslöschung'' ist Bernhard] immer noch der Jammerpriester mit Syntaxdefekt [...]. [Ich habe mich] über sechshundertfiinfzig Seiten hindurchgelangweilt" (Eberhard Falcke); "[650 Seiten von Thomas Bernhard lesen] Welch Terror, Terror für Seele und Gedanken" (Hans-Jürgen Syberberg).<ref>Reinhold Tauber, "Das Leben, eine Komödie", ''Oberösterreichische Nachrichten'', 16 ottobre 1986; Roland Gross, "Familiäre Haus-Schlachtung", ''Rheinischer Merkur'', 3 ottobre 1986; Falcke, "Abschreiben: eine Auflehnung"; Hans-Jürgen Syberberg, "Dieses Schweigen zu übertönen mit wildem Reden", ''Die Tageszeitung'', 1 ottobre 1986.</ref>
 
Alcuni critici, meno aspri della succitata maggioranza, concepirono ''Auslöschung'' come una sintesi della ''œuvre'' di Bernhard, con la latente implicazione che Bernhard quasi sapesse che sarebbe stato il suo ultimo grande progetto in prosa. Rolf Michaelis, nella sua penetrante recensione in ''Die Zeit'', si riferisce ad ''Auslöschung'' come "die Summe des literarischen Werkes von Thomas Bernhard"; Hans Jansen lo definisce un "Kompendium all seiner bisherigen Schriften".<ref>Rolf Michaelis, "Vernichtungsjubel. Thomas Bernhards monumentales Prosawerk ''Auslöschung: Ein Zerfall'': Politisches Pamphlet und Roman der Trauer", ''Die Zeit'', 3 ottobre 1986; Hans Jansen, "Der Verdammte von Wolfsegg", ''Westdeutsche Allgemeine Zeitung'', 17 novembre 1986.</ref> Per Karl Birkenseer, è "die Summe [von Bernhards] bisherigen Schreibanstrengungen".<ref>Karl Birkenseer, "Der Tod erwischt den Helden im Zentrum der Welt", ''Mittelbayerische Zeitung'', 3 ottobre 1986.</ref>
 
Una terza categoria di opinione critica fu più avventurosa e vide qualcosa di nuovo in questo testo. Konrad Paul Liessmann, nella sua recensione, definisce Murau una "Novum für die Helden Bernhards".<ref>Konrad Paul Liessmann, "Gedämpfter Sarkasmus", ''Falter'', 25 settembre 1986.</ref> Harald Hartung rileva anche "neue Nuancen", un allontanamento dalle narrazioni precedenti, creato da uno "Stimme, [...] die alles auszulöschen scheint und doch alles erhält".<ref>Harald Hartung, 'Wolfsegg oder Die ''[sic]'' hohe Schule der Übertreibung', ''Der Tagesspiegel'', 26 October 1986.</ref> Persino Helga Schultheiss, sebbene con riluttanza, ammette che Murau, contrariamente ai suoi predecessori, è "viel gelöster, viel nuancenreicher und mit einer Menge mehr Zutrauen in Witz und Komik".<ref>Schultheiss, "Wie überleben?"</ref> Il desiderio di trovare nuove direzioni in questa prosa porta certamente a una o due interpretazioni insolite, non da ultimo l'affermazione di Schachtsiek che con ogni probabilità Murau si uccide, o l'affermazione di Lutz Florke secondo cui, tra le altre cose, Murau soffre di "Crisi della mezza età".<ref>Schachtsiek, "Im Malstrom des Masses"; Lutz Flörke, "Solange man redet, ist man nicht tot: Hermann Peter Piwitt, Thomas Bernhard und die Kunst des Schweigens", ''Die Tageszeitung'', 14 luglio 1987.</ref>
 
Per quanto riguarda questo nostro studio, la corrente più rilevante dell'opinione critica espressa nelle recensioni del libro riguarda i suoi elementi umani. Sebbene siano espressi nelle recensioni giornalistiche e nella letteratura critica quasi come un ripensamento e, dove menzionato, spesso solo di sfuggita, segnano un importante punto di partenza per l'esposizione in questo capitolo. Staunton si riferisce ad ''Auslöschung'' come "sia divertente che umano"; Höller attira l'attenzione su "sich in ''Auslöschung'' auf neue Weise artikulierende Lebensfreude"; Dietmar Kanthak è pieno di elogi per il successo di Bernhard con ''Auslöschung'' e lo chiama "sein [...] menschlichstes Buch"; anche Michaelis si concentra sugli elementi positivi sebbene trascuri il negativo e in qualche modo sopravvaluti la questione: "Bernhards Werk, das ''Auslöschung'' fordert, ist keineswegs «negativ» oder «pessimistisch», sondern verwandelt sich in einen Hymnus der Errettung, ja Erlösung".<ref>Staunton "Extinction"; Höller, "Rekonstruktion des Romans" in : Höller e Heidelberger-Leonard, p. 63; Dietmar Kanthak, "Übertreiben, urn zu überleben: Thomas Bernhards großer Roman ''Auslöschung''", ''General-Anzeiger für Bonn'', 3 febbraio 1987; Michaelis, "Vernichtungsjubel".</ref> Queste osservazioni critiche contengono i semi della linea di ricerca che questo nostro capitolo propone di perseguire. Nessuno dei suddetti critici, tuttavia, affronta come Murau sia diverso dai suoi predecessori; nessuno di loro fornisce esempi tratti dal testo che rivelino l'atteggiamento costantemente umano di Murau o Bernhard. Nessuno di loro collega questa umanità con uno sviluppo nascente e rintracciabile a partire dalla pentalogia autobiografica, in particolare in ''Beton''.
 
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