La religione greca/La religione greca nel periodo arcaico e classico/La ''Teogonia'' di Esiodo: differenze tra le versioni

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[[File:Statue of Zeus (Hermitage) - Статуя Юпитера.jpg|200px|thumb|Statua di ''Iupiter'' alta circa 3 metri, risalente alla fine del I secolo d.C., ma restaurata nel XIX secolo. Proveniente dalla villa di Domiziano a Castel Gandolfo questa statua è oggi conservata presso il Museo statale Ermitage di San Pietroburgo. <br> La statua di ''Iupiter'' è probabilmente ispirata alla statua di Zeus, quest'ultima opera di Fidia (cfr. Pausania V, 10,2) e ospitata nell'omonimo tempio a Olimpia, ma andata poi perduta, probabilmente a seguito dell'incendio dello stesso provocato in base a un editto di Teodosio II<ref>Cfr. Salvatore Rizzo nota 2 p.485 e nota 1 p.491, in Pausania, ''Viaggio in Grecia'' (Libri V e VI). Milano, Rizzoli, 2001.</ref>. <br>Considerata una delle "Sette meraviglie"<ref>Cfr. Igino Astronomo, 223.</ref> ne resta la seguente descrizione di Pausania:{{quote|Il dio, fatto d'oro<ref>«Figlio di Zeus è l’oro, non lo intacca né tarma né tarlo» (Pindaro, fr. 222 M.). «Le statue dedicate a Zeus venivano ritualmente decorate con il prezioso metallo che, essendo l'unico materiale immutabile nel colore, nella lucentezza e nella resistenza veniva destinato in Grecia, come in tutto il Mediterraneo all'ambito del sacro.» Lia Luzzatto e Renata Pompas. ''Il significato dei colori nelle civiltà antiche''. Milano, Bompiani, 2005, p. 189.</ref> e d'avorio<ref>L'avorio è considerato "carne divina" e quindi destinato all'arte sacra, questo sia per la sua preziosità sia per il fatto che rappresentava meglio del "bianco" il fulgore divino (cfr. Valentina Manzelli. ''La policromia nella statuaria greca arcaica''. Roma, L'Erma di Bretschneider, 1994, p. 64; Lia Luzzatto e Renata Pompas. ''Il significato dei colori nelle civiltà antiche''. Milano, Bompiani, 2005, p. 108).</ref>, è seduto in trono. Gli sta sulla testa una corona lavorata in forma di ramoscelli d'ulivo. Nella mano destra regge una Nike, anch'essa criselefantina, con una benda e, sulla testa, una corona. Nella mano sinistra del dio è uno scettro ornato di ogni tipo di metallo, e l'uccello che sta posato sullo scettro è l'aquila<ref>Cfr. anche: {{quote|Sullo scettro di Zeus<br>l'aquila la regina degli uccelli<br> dorme calando l'una e l'altra<br>rapida ala [...]|Pindaro. ''Pitiche'' I, 11-4, ''Per Ierone e per Etna''. Traduzione di Enzo Mandruzzato. Pindaro ''Tutte le opere''. Milano, Bompiani, 2010, p.209}}</ref>. D'oro sono anche i calzari del dio e così pure il manto. Nel manto sono ricamate figurine di animali e fiori di giglio.|Pausania, ''Viaggio in Grecia'' (Libri V e VI), V, 11, 1-2. Traduzione di Salvatore Rizzo, Milano, Rizzoli, 2001, p.161.}}]]
 
[[File:Netuno19b.jpg|200px|thumb|Statua in bronzo di Posidone (o Poseidone), risalente al V secolo a.C., conservata nel Museo archeologico nazionale di Atene. Questa statua fu recuperata nel 1928 aal largo del mare di Artemisio, era parte del carico di una nave affondata a cavallo della nostra Era. Posidone era originariamente il dio dell'acqua (da cui il suo epiteto di Υαιήοχος, ''Gaiéokos'', "Possessore della terra" inteso come marito della Terra ovvero l'acqua che la feconda) e del terremoto (Ennosigeo, Ἐννοσίγαιον, Scuotitore della terra), solo successivamente fu associato al mare. Questo perché l'ambiente originario dei Greci fu dapprima continentale, fatto dimostrato dalla rarità di nomi greci dei pesci<ref>Cfr. Herbert Jennings Rose e Charles Martin Robertson, ''Oxford Classical Dictionary'' 1970; trad. it. ''Dizionario di antichità classiche''. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1709.</ref>.La distinzione iconografica tra Zeus e Posidone è piuttosto difficile essendo rappresentati spesso in modo molto simile. In questo caso, tuttavia, la disposizione della mano che lancia propende più per il tridente piuttosto che per il fulmine, questo solitamente impugnato con tutte le dita a differenza del primo impugnato con sole tre dita atte a calibrare il lancio (cfr. Stefania Ratto. ''Grecia''. Milano, Electa, 2006, p.95).]]
 
Intorno all' VIII-VII secolo a.C. è databile il testo ''Teogonia'' (Θεογονία) opera attribuibile al cantore Esiodo. Tale opera ci è stata consegnata dalla tradizione medievale bizantina<ref>Per mezzo di circa trenta papiri e cira sessanta manoscritti.</ref> unitamente ad altre due opere "esiodee", ''Opere e giorni'' (Ἔργα καὶ Ἡμέραι) e ''Scudo di Eracle'' (Ἀσπὶς Ἡρακλέους)<ref>Si ritiene che, pur di ispirazione "esiodea", lo ''Scudo di Eracle'' vada datato un secolo dopo il periodo in cui Esiodo compose, questo se si colloca tale periodo alla fine dell'VIII secolo (Cfr. ad es. Cesare Cassanmagnago p.14).</ref><ref>Le altre opere "esiodee" sono andate perdute, tranne il ''Catalogo delle donne'' ( γυναικῶν κατάλογος; anche ''Eoie'' Ἠοῖαι) che, grazie al recupero di numerosi papiri egiziani, è stato in parte ricostruito.</ref>.