Storia della letteratura italiana/Gabriele D'Annunzio: differenze tra le versioni

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GABRIELE D'ANNUNZIO
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A questa fase risale anche il ''Poema paradisiaco'' (1893). Qui, accanto al desiderio di tornare all'infanzia e alle cose semplici, sono presenti elementi più ambigui, provenienti dalla coeva letteratura francese.<ref name="Baldi5" /> I toni si fanno più delicati e smorzati, e il testo è dominato da una malinconia inquieta. Il ritorno a una sfera familiare risveglia nel poeta affetti più intimi e più buoni. Prevale in generale un ritmo lento, con largo uso di endecasillabi. Dalla lezione dei simbolisti, D'Annunzio apprende a riconoscere le segrete analogie tra le cose, alla ricerca di verità più profonde. Apparendo sazio dei piaceri che provengono dai sensi, D'Annunzio ripiega sulla propria interiorità, alla ricerca della propria primordiale innocenza.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=833 }}</ref>
 
== Il superomismo ==
[[File:Olde.jpg|thumb|Nietzsche ritratto da Hans Olde nel 1899]]
Quella della bontà è solo una fase provvisoria: l'estetismo e le sue contraddizioni saranno superati nei primi anni novanta con la lettura di Nietzsche. Il pensiero del filosofo tedesco viene colto da D'Annunzio solo in alcuni suoi aspetti, che vengono inseriti in un proprio sistema di concezioni. Vengono in particolare ripresi:<ref name="Baldi5" />
 
* il rifiuto del conformismo borghese, e conseguentemente il principio di uguaglianza tra tutte le persone;
* il rifiuto della tradizione cristiana e dei principi etici a essa collegati, come la pietà e l'altruismo;
* l'elemento dionisiaco, visto come esaltazione del vitalismo, libero dai vincoli della morale;
* la «volonta di potenza»;
* il mito del «superuomo».
 
Tutti questi aspetti sono esaltati in chiave antiborghese e reazionaria. Lo Stato borghese, con la sua democrazia e il suo parlamentarismo, corrode la bellezza e il gusto per l'azione eroica, gettando il paese nella mediocrità. Di contro a tutto questo, D'Annunzio prospetta l'instaurazione di una nuova aristocrazia, elevatasi grazie al culto del bello, che riesca a dominare le masse inferiori. In questo modo, la stirpe latina tornerà alla sua gloria: il «superuomo» è interpretato come colui che ha il diritto di essere al di sopra della morale comune e di guidare l'Italia e la sua stirpe verso una nuova era di potenza e dominio imperiale.<ref name="Baldi5" />
 
Il superuomo dannunziano non nega la figura dell'esteta, ma semmai la ingloba, dandole una nuova funzione. Nel processo di elevazione della stirpe latina il culto del bello ha un ruolo fondamentale: non più si tratta più di rifiutare la realtà, ma piuttosto di usare l'arte come strumento per dominare la realtà.<ref name="Baldi5" /> Poesia e azione quindi si fondono. Il superomismo è una risposta al declassamento dell'intellettuale, ma in questo caso all'arte viene assegnato un ruolo politico e l'artista si propone come "vate", guida per l'intero Stato. Il poeta si impegna affinché possa salire al potere una nuova élite, raffinata e violenta allo stesso tempo, che schiacci la società borghese e la sua mediocrità. Peraltro va fatto notare che, sebbene ferocemente antiborghese, la figura del superuomo si accorda con le tendenze in atto all'epoca, e in particolare con le politiche imperialiste e colonialiste portate avanti da molti Stati.<ref name="Baldi6">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=6 }}</ref>
 
Il superuomo dannunziano non nega la figura dell'esteta, ma semmai la ingloba, dandole una nuova funzione. Nel processo di elevazione della stirpe latina il culto del bello ha un ruolo fondamentale: non più si tratta più di rifiutare la realtà, ma piuttosto di usare l'arte come strumento per dominare la realtà.<ref name="Baldi5" /> Poesia e azione quindi si fondono. Il superomismo è una risposta al declassamento dell'intellettuale, ma in questo caso all'arte viene assegnato un ruolo politico e l'artista si propone come "vate", guida per l'intero Stato. Il poeta si impegna affinché possa salire al potere una nuova élite, raffinata e violenta allo stesso tempo, che schiacci la società borghese e la sua mediocrità. Peraltro va fatto notare che, sebbene ferocemente antiborghese, la figura del superuomo si accorda con le tendenze in atto all'epoca, e in particolare con le politiche imperialiste e colonialiste portate avanti da molti Stati.<ref name="Baldi6">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=6 }}</ref>
=== ''Il trionfo della morte'' ===
La transizione verso il superomismo inizia con il quarto romanzo di D'Annunzio, ''Il trionfo della morte'' (1894). L'opera ha una gestazione complessa. Iniziato nello stesso anno in cui è stato pubblicato ''Il Piacere'', è comparso a puntate sulla «Tribuna» a partire dal 1890, con il titolo ''L'Invincibile''. La pubblicazione viene però interrotta, e il romanzo sarà completato solo più tardi e con un nuovo titolo. A posteriori, viene poi ascritto al ciclo dei ''Romanzi della rosa'', insieme al ''Piacere'' e all<nowiki>'</nowiki>''Innocente''.<ref name="Baldi6" />
{{'''\\trama libro|Il\\ il protagonista Giorgio Aurispa è un esteta come Andrea Sperelli, roso da una malattia interiore che ne incrina la volontà e la creatività. È quindi alla ricerca di qualcosa che dia un senso alla vita e gli ridoni l'equilibrio. La crisi è però acuita dal ritorno nella casa familiare: qui viene trascinato nelle dispute e nelle nevrosi dei parenti, e torna a vivere il conflitto con il padre. I difficili rapporti con il genitore, uomo dal carattere forte ma di istinti abbietti, lo porta a riconoscersi in un'altra figura parterna, lo zio Demetrio, più simile a lui e morto suicida. Nella sua ricerca Giorgio si ritira con l'amante Ippolita Sanzio in un villaggio abruzzese, con l'intento di ricostruire l'origine dalla sua stirpe. Tuttavia il mondo primitivo che si trova davanti, segnato da superstizioni e costumi arcaici, lo disgusta e lo respinge. Trova una risposta solo nel «dionisiaco» nietzscheano, nell'immergersi nella vita nella sua pienezza. Giorgio però scopre di non essere ancora pronto per farlo. Le forze della sua psiche prendono forma in Ippolita, e sente di essere consumato dalla lussuria. Prevalgono così le forze negative, che lo portano a gettarsi da un dirupo insieme alla donna «nemica».}}
 
La malattia di Giorgio si riassume in una contrapposizione tra la volontà di vita e il fascino per la corruzione e la morte. Rispetto ad Andrea Sperelli, il protagonista del ''Trionfo della morte'' ha perso la capacità di conquista, ed è vittima di immagini che su di lui hanno un effetto inibente. I suoi turbamenti psicologici vengono analizzati con cura dal narratore, che ne mette in luce sia gli aspetti fisiologici sia le tare ereditarie.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=836 }}</ref>
{{trama libro|Il protagonista Giorgio Aurispa è un esteta come Andrea Sperelli, roso da una malattia interiore che ne incrina la volontà e la creatività. È quindi alla ricerca di qualcosa che dia un senso alla vita e gli ridoni l'equilibrio. La crisi è però acuita dal ritorno nella casa familiare: qui viene trascinato nelle dispute e nelle nevrosi dei parenti, e torna a vivere il conflitto con il padre. I difficili rapporti con il genitore, uomo dal carattere forte ma di istinti abbietti, lo porta a riconoscersi in un'altra figura parterna, lo zio Demetrio, più simile a lui e morto suicida. Nella sua ricerca Giorgio si ritira con l'amante Ippolita Sanzio in un villaggio abruzzese, con l'intento di ricostruire l'origine dalla sua stirpe. Tuttavia il mondo primitivo che si trova davanti, segnato da superstizioni e costumi arcaici, lo disgusta e lo respinge. Trova una risposta solo nel «dionisiaco» nietzscheano, nell'immergersi nella vita nella sua pienezza. Giorgio però scopre di non essere ancora pronto per farlo. Le forze della sua psiche prendono forma in Ippolita, e sente di essere consumato dalla lussuria. Prevalgono così le forze negative, che lo portano a gettarsi da un dirupo insieme alla donna «nemica».}}
D'Annunzio è consapevole dei progressi fatti, ma è ancora alla ricerca di un ruolo per l'intellettuale, che non può cadere nel vittismo e deve sottrarsi al peso della sconfitta. Il suicidio di Giorgio è come un sacrificio rituale, grazie al quale D'Annunzio si libera dalle problematiche negative che aveva fino ad allora affrontato. Ucciso questo suo alter ego, il poeta può ora incamminarsi sulla strada del superuomo.<ref name="Baldi6" />
 
\\LE VERGINI DELLA CROCE\\
La malattia di Giorgio si riassume in una contrapposizione tra la volontà di vita e il fascino per la corruzione e la morte. Rispetto ad Andrea Sperelli, il protagonista del ''Trionfo della morte'' ha perso la capacità di conquista, ed è vittima di immagini che su di lui hanno un effetto inibente. I suoi turbamenti psicologici vengono analizzati con cura dal narratore, che ne mette in luce sia gli aspetti fisiologici sia le tare ereditarie.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=836 }}</ref>
Con ''Le vergini delle rocce'' (1895) avviene una vera e propria svolta ideologica. Il protagonista Claudio Cantelmo non è più un personaggio debole e tormentato, ma un uomo forte e sicuro di sé. Il romanzo inoltre espone compiutamente le nuove teorie aristocratiche e imperialistiche adottate da D'Annunzio,<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=6-7 }}</ref> ed è pervasa dal disgusto per tutto ciò che mediocre, volgare e borghese.
 
''Le vergini delle rocce'' avrebbe dovuto essere il primo di una nuova trilogia dei ''Romanzi del giglio'', e nei due libri successivi Claudio Cantelmo avrebbe dovuto raggiungere gli obiettivi che si era posto. È tuttavia significativo che questi ultimi non sono mai stati scritti. Come nel ''Trionfo della morte'', alla fine l'eroe dannunziano ricade ancora una volta nella sconfitta, subisce il fascino della morte e della corruzione, ed è incapace di tradurre in azione le proprie aspirazioni.<ref name="Baldi7" />
D'Annunzio è consapevole dei progressi fatti, ma è ancora alla ricerca di un ruolo per l'intellettuale, che non può cadere nel vittismo e deve sottrarsi al peso della sconfitta. Il suicidio di Giorgio è come un sacrificio rituale, grazie al quale D'Annunzio si libera dalle problematiche negative che aveva fino ad allora affrontato. Ucciso questo suo alter ego, il poeta può ora incamminarsi sulla strada del superuomo.<ref name="Baldi6" />
 
=== ''Le vergini delle rocce'' ===
Con ''Le vergini delle rocce'' (1895) avviene una vera e propria svolta ideologica. Il protagonista Claudio Cantelmo non è più un personaggio debole e tormentato, ma un uomo forte e sicuro di sé. Il romanzo inoltre espone compiutamente le nuove teorie aristocratiche e imperialistiche adottate da D'Annunzio,<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=6-7 }}</ref> ed è pervasa dal disgusto per tutto ciò che mediocre, volgare e borghese.
 
{{trama libro|Disgustato dallo Stato borghese e dal liberalismo che caratterizzano la politica italiana, Claudio Cantelmo vuole generare un «superuomo» che porti a compimento l'«ideal stirpe latina» e, come re di Roma, guidi il paese verso il suo destino imperiale. A questo scopo va alla ricerca di una donna degna, con la quale procreare questo figlio eccezionale. La scelta ricade su una delle tre figlie del principe Montaga, appartenente a una nobile famiglia dell'aristocrazia borbonica ormai decaduta, che vive isolata in un'antica villa cadente. Delle tre, Cantelmo sceglie Anatolia, che dimostra di avere la volontà di una regina. La fanciulla però non può seguire l'eroe: deve infatti rimanere in famiglia per badare alla madre demente, all'anziano padre, ai fratelli più deboli. Alla fine Cantelmo subisce il fascino di Violante, immagine della donna fatale.}}
 
Cantelmo, nonostante la sicurezza di cui fa mostra, è anch'egli roso da incertezze e perplessità. È consapevole delle difficoltà che si pongono alla sua impresa, che infatti viene posta in un futuro remoto. Nel mentre, il protagonista sposta le sue intenzioni verso la letteratura e la composizione di un'opera d'arte perfetta. La morte e la decadenza, inoltre, non vengono eliminate dall'orizzonte di D'Annunzio, ma vengono ribaltate e diventano una spinta al vitalismo. L'eroe del romanzo ha raggiunto una tale pienezza vitalistica che ormai non deve più temere le forze oscure della sua interiorità, ma le deve sfruttare per affermarsi. La stessa decisione di cercare la propria moglie in un luogo desolato, i cui abitanti sono segnati dalla malattia e dalla follia, mostra l'attrazione di Cantelmo verso la corruzione e la putredine. L'eroe pensa di trarre vigore da questo inferno, e invece ne rimane imprigionato.<ref name="Baldi7">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=7 }}</ref>
 
''Le vergini delle rocce'' avrebbe dovuto essere il primo di una nuova trilogia dei ''Romanzi del giglio'', e nei due libri successivi Claudio Cantelmo avrebbe dovuto raggiungere gli obiettivi che si era posto. È tuttavia significativo che questi ultimi non sono mai stati scritti. Come nel ''Trionfo della morte'', alla fine l'eroe dannunziano ricade ancora una volta nella sconfitta, subisce il fascino della morte e della corruzione, ed è incapace di tradurre in azione le proprie aspirazioni.<ref name="Baldi7" />
 
=== ''Il fuoco'' e ''Forse che sì forse che no'' ===
[[File:Gabriele D'Annunzio az első ülésen.jpg|thumb|upright=1.3|D'AnnunzioAnnunzioi insiemensieme al pilota Natale Palli sul suo aereo nel 1918. La passione di D'Annunzio per l'aviazione è strettamente collegata alla sua ideologia del superuomo.]]
Il tema del superuomo ritorna anche nel successivo romanzo, ''Il fuoco'' (1900). Il nome del protagonista, Stelio Effrena, è altamente evocativo, poiché rimanda alle stelle e a una vitalità senza freni. Il suo scopo è quello di creare un'opera d'arte totale, che possa forgiare il carattere nazionale della stirpe latina, così come Wagner aveva fatto con il popolo tedesco. L'opera che vagheggia deve quindi essere fusione di gesto, parola e musica, attraverso le quali vuole dare vita a un nuovo teatro. Tuttavia a limitare l'azione del protagonista interviene anche qui una donna fatale, Foscarina Perdita, il cui nome allude all'oscurità e alla perdizione. Grande attrice di teatro che ha ormai raggiunto la maturità e il decadimento, la donna incarna ancora una volta l'attrazione verso la sensualità e la morte. Il senso di decadenza è dato anche dall'ambientazione del romanzo, una Venezia raffinata e decadente. Foscarina alla fine lascerà libero Stelio, smettendo di soffocarlo con il suo amore nevrotico. Tuttavia il protagonista non riuscirà a realizzare il suo progetto. Peraltro, anche ''Il fuoco'' doveva essere l'inizio di un ciclo, quello del ''Melograno'', che però non l'autore non ha mai proseguito.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=7-8 }}</ref><ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=838 }}</ref>
 
Prima che D'Annunzio pubblichi un nuovo romanzo passa circa un decennio, durante il quale si dedica al teatro e alle ''Laudi''. Questa pausa sarà interrotta da ''Forse che sì forse che no'' (1910), il suo ultimo romanzo. Qui però interviene una novità: il protagonista riversa i suoi impulsi eroici e superomistici nell'aviazione. D'Annunzio si propone come cantore di uno dei simboli della modernità, la macchina, e qui in particolare dell'aeroplano. Ma ancora una volta alle aspirazioni di Paolo Tarsis si oppone una donna nevrotica e perversa, Isabella Inghirami. Assalito dal senso di decadenza, l'eroe cerca la morte in un'impresa impossibile, ma quando la situazione sembra ormai disperata viene spinto dal suo vitalismo. Riesce così a compiere davvero una grande impresa.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=D'Annunzio e Pascoli | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=8 }}</ref>
 
== Le ''Laudi'' ==