Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Memoria e compimento: differenze tra le versioni

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''Arbeit Macht Frei'' impiegò tre anni per svilupparsi. Maayan e i suoi attori idearono la produzione da informazioni raccolte da musei, monumenti e storie familiari, o storie che avevano sentito o letto da sopravvissuti. Il dramma è un amalgama delle memorie degli attori e intende riflettere la coscienza collettiva della società israeliana:
{{q|''Arbeit Macht Frei'' è un dramma sui ricordi dell'Olocausto e il loro posto nella realtà israeliana. I suoi materiali sono la biografia collettiva dei suoi attori e dei loro spettatori, la maggior parte dei quali sono sopravvissuti dell'Olocausto di seconda generazione. Questa è il dramma più sperimentale mai eseguito sul palcoscenico israeliano.<ref>Dan Urian, "Arbeit Macht Frei in Toitland Europe (Work Through Freedom in the Deathland of Europe), Theatre Centre, Akko, Israel", in ''Theatre Forum'', Vol. 3 (1993), pp. 60-6, p. 61.</ref>}}
Durante lo spettacolo, che dura circa cinque ore e mezza, il pubblico è sommerso da immagini, canzoni, odori, ambienti in rapida evoluzione e rapporti contrastanti di "storia", "fatto" e "realtà" che attivano i sensi e stimolano l'intelletto. È deliberatamente frammentario e immaginarioimmaginifico.
 
''Arbeit Macht Frei'' è interpretato come un ''[[:de:w:stationendrama|stationendrama]]''. La produzione inizia in un museo dell'Olocausto, o museo di guerra, a seconda della produzione individuale. Ad Amburgo, ad esempio, il pubblico fu accompagnato in autobus al [[w:Campo di concentramento di Neuengamme|campo di Neuengamme]]. A Berlino, la produzione iniziò nella [[w:Conferenza di Wannsee|Villa Wannsee di Hitler]]. Momenti teatrali secondari si svolgono sul bus. Il fatto che questi momenti siano "teatrali" diventa evidente al pubblico solo in una fase successiva. Ad Akko la maggior parte della produzione si svolge in un complesso sotterraneo appositamente costruito in cui attori e pubblico si mescolano e si scambiano pensieri. È qui che inizia il dramma "vero e proprio", contrassegnato dalla raccolta dei biglietti all'ingresso. All'interno di questa catacomba simile all'[[w:Ade (regno)|Ade]], il pubblico assiste e partecipa a diverse scene mentre viene condotto in spazi sempre più limitati che ricordano le baracche di Auschwitz. Attraverso un percorso male illuminato e tortuoso all'interno del complesso, il pubblico è disorientato e "esplorato" dagli attori. È il pubblico che sta al centro di questa esperienza teatrale. Poiché la pièce riguarda la percezione israeliana dell'Olocausto e come è stato impiantato nella società israeliana, il pubblico, in quanto rappresentante di tale società, deve necessariamente essere messo al microscopio.
 
[[File:Aqueduct - amphi - Lochamey Hegetaot 2011-3.jpg|center|750px|thumb|[[:en:w:Lohamei HaGeta'ot|Lohamei HaGeta’ot]]: Museo dei Combattenti del Ghetto, visto dall'Acquedotto Ottomano del XVIII secolo]]
Nell'aprile 1996, io e altri ventidue spettatori ci siamo incontrati in un parcheggio ad Akko. Il pubblico era volutamente piccolo, non solo, come dovevamo scoprire, a causa dei confini dello spazio di scena, ma perché il discorso generato tra gli attori e gli spettatori e tra gli spettatori stessi è la parte più importante dello spettacolo. Cinque ore e mezza dopo sapevamo delle cose l'uno dell'altro che in condizioni normali non avremmo mai divulgato a totali estranei. Nel parcheggio fummo accolti da Moni Josef che ci accompagnò ad un autobus. Una guida ci informò che saremmo andati a '''[[:en:w:Lohamei HaGeta'ot|Lohamei HaGeta’ot (לוֹחֲמֵי הַגֵּיטָאוֹת, "Combattenti del Ghetto")]]''', un museo dell'Olocausto, istituito da un gruppo di sopravvissuti dell'Olocausto, molti dei quali furono leader della rivolta del ghetto di Varsavia. Tutti i temi esplorati in ''Arbeit Macht Frei'' sono stabiliti nel museo e ampliati nella seconda parte del dramma.
 
Il primo tema riguarda l'illusione e la realtà, la narrativa e la contro-narrativa. "Il testo è organizzato come una serie di inganni", scrive Dan Urian, che attiva la vigilanza del pubblico. La percezione da parte del pubblico della realtà e della "verità" viene ripetutamente attaccata nel tentativo di stimolare domande su altre "verità" riguardanti la natura dell'Olocausto, i racconti storici e le percezioni politiche. Ad esempio, al museo il pubblico è stato accolto da "Selma", che ci fu comunicato essere una sopravvissuta dell'Olocausto. La sua identità iniziale fu confermata dal suo aspetto ma, mentre ci guidava nel museo, divenne evidente che era una donna molto più giovane di quanto avessimo immaginato e quindi un'attrice (il cui vero nome era Smadar Maayan).
 
Il secondo tema, simile a quello esplorato nel ''Biboff'' di Hadar, ruota attorno a quello che Anton Shammas chiamò "giudaismo tormentato": la tendenza sado-masochista a risvegliare il dolore dell'Olocausto nell'infliggere un analogo degrado legato alla razza dell'"altro". "Selma", una vittima dei nazisti, paradossalmente sembra ammirare i successi nazisti. Il suo fascino è feticista. Tocca e accarezza i reperti su cui i suoi occhi indugiano intensamente. Il suo atteggiamento è molto sensuale, persino sessuale. Si crogiola in immagini di morte e torture. Ad esempio, ad un certo punto il pubblico fu portato in un piccolo cinema per guardare un film polacco, ''Ambulans'' ("Ambulanza", [[:en:w:Janusz Morgenstern|Janusz Morgenstern]]; 1955). Raffigura un gruppo di bambini che camminano inconsapevolmente verso un furgone/camera a gas mobile. Mentre Selma parla del film, cammina davanti allo schermo e quindi lascia cadere su di sé le immagini proiettate dei bambini. Si crogiola nelle loro immagini, sempre in modo sensuale. Come scrive Freddie Rokem, è un atto di "scrittura sul corpo".<ref>Rokem, "Cultural Transformations of Evil and Pain", pp. 26-7.</ref> Il passato ha lasciato ben più di cicatrici. C'è stata una decisione volontaria di avere le ferite indelebilmente incise sulla pelle. Questo tema è sviluppato più avanti nel dramma, dalla rivelazione che il tatuaggio portato da Smadar nella parte di Selma in effetti è reale.
 
Il terzo tema ruota attorno a questo atto di iscrizione, in particolare allo scopo di preservare queste ferite infettanti, [[w:Prometeo|prometeiche]], piuttosto che "sanarle". Quando l'atto di ricordare dà fede alla vita e quando è autodistruttivo e esteriormente aggressivo? È possibile dare a queste domande delle risposte definitive? Ad esempio, Selma all'inizio indossa un fazzoletto attorno al polso per nascondere il tatuaggio del campo. Sceglie di non rimuovere questo marchio significativo del passato anche se ovviamente desidera nasconderlo. La sua relazione con il passato, che voglia ricordarlo o dimenticarlo, è molto ambigua. Come il personaggio di Yosel in ''Not of This Time, Not of This Place'' (1963) di [[w:Yehuda Amichai|Yehuda Amichai]], che sfoggia un tatuaggio di sirena per coprire quello inflitto ad Auschwitz, la situazione di Selma sul "ricordo" e il "lasciar perdere", come quella di Israele, è forse insolubile.
 
Temi del ricordare e del dimenticare inevitabilmente toccano la natura della narrazione.