Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Israele: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
mNessun oggetto della modifica
testo
Riga 11:
Questa situazione cambiò con la guerra del 1967. Gli israeliani si trovarono irrimediabilmente inferiori di numero e senza alleati militari. La minaccia di Nasser di buttare gli israeliani a mare e di renderlo rosso con il sangue ebraico ricordava la minaccia di sterminio di Hitler. Fino ad allora, i giovani israeliani si erano dissociati dal loro passato europeo. Ora, si trovarono in una situazione simile a quella degli ebrei europei sotto Hitler. Una raccolta di interviste fatte con soldati subito dopo la Guerra dei Sei Giorni da [[w:Abba Kovner|Abba Kovner]] e [[w:Amos Oz|Amos Oz]] descrivono come la generazione sabra improvvisamente sentì un'affinità per i loro cugini dell'Olocausto.<ref>Abba Kovner & Amos Oz, ''The Seventh Day: Soldiers Talk about The Six Day War'', André Deutsch, 1970.</ref> Lo yiddish tornò in voga e ci fu un improvviso interesse per il [[:en:w:Yiddish theatre|teatro yiddish]] che fu rinvigorito da un numero di attori polacchi che erano emigrati in Israele negli anni ’60. Istituendo piccoli gruppi itineranti, produssero rappresentazioni tipiche [[:en:w:Yiddish theatre|Shund]] e classici yiddish come ''Il libro di Ester'' basato su una poesia di Yitzik Manger.<ref>Kohansky, ''The Hebrew Theatre'', pp. 252-3.</ref> Inizialmente, il pubblico era relativamente di mezza età, ma nel 1967 l'età media dello spettatore diminuì.<ref>''Ibid.'', p.247.</ref> Mendel Kohansky osservò:
{{q|La lotta per l'istituzione dell'ebraico come lingua nazionale – una lotta che fu una delle principali forze che lavoravano a favore del teatro ebraico – era stata vinta da tempo, e lo yiddish, con il peculiare calore e arguzia del suo linguaggio, iniziò a esercitare un'attrazione per i giovani israeliani che avevano compreso l'essenziale radice della vita culturale nella moderna Israele. Giovani uomini e donne che una volta avevano disdegnato la lingua parlata dai loro genitori e per le strade, stavano cominciando a riempire i loro discorsi con espressioni yiddish, e i classici della letteratura yiddish nella traduzione ebraica stavano godendo di nuova popolarità.<ref>''Ibid.'', p. 253.</ref>}}
La generazione del dopoguerra guardò alla sua eredità europea e iniziò a cercare un'identità alternativa a quella stabilita dalla generazione pionieristica. Il catalizzatore fu il Processo Eichmann in cui la testimonianza dei sopravvissuti venne ascoltata per la prima volta da un pubblico di massa. Il processo aprì gli occhi a molti giovani sabra. Nella maggior parte dei romanzi e opere teatrali degli anni ’60, i protagonisti israeliani, cambiati dal loro contatto coi sopravvissuti, mettono in discussione le loro attitudini, storie e identità. Man mano che gli orrori del passato vengono raccolti, i problemi di ricordare e dimenticare diventano fondamentali. Come nella Germania occidentale, fu esaminato l'effetto paralizzante dell'amnesia storica volontaria, soprattutto per quanto riguarda i suoi effetti sui giovani. Generalmente la necessità di ricordare trionfò contro l'impulso di dimenticare. Lo si può vedere in ''The Heir (L’erede)'' (Teatro Municipale di Haifa, 1963) di [[w:Moshe Shamir|Moshe Shamir]]. Rispetto al suo precedente ''[[:en:w:He Walked Through the Fields|He Walked in the Fields]]'', ''The Heir'' è critico su dove l'ideologia sionista del dopoguerra abbia guidato il popolo ebraico. L'opera teatrale affronta il vuoto spirituale creato dimenticando il passato e abusando della memoria dei morti nella ricerca di fini materiali egoistici. Il personaggio centrale sfrutta il suo nome, Wolf Cohen, per chiedere riparazioni a causa di un altro Wolf Cohen, vittima dell'Olocausto. Grazie alla sua ricchezza appena acquisita, il sabra Cohen è in grado di vivere una vita di lusso. Tuttavia, rimane intrappolato nella sua identità. È il Processo Eichmann che mette Wolf in contatto con veri sopravvissuti dell'Olocausto e tramite loro scopre la sua povertà spirituale. Shamir, per analogia, stava criticando l'accettazione da parte di Israele del denaro di riparazione della Germania occidentale senza accettare la responsabilità morale del ricordare che ne deriva. Come disse Shamir:
{{q|Devo ammettere che ''The Heir'' rappresenta la comune mente israeliana... Tutti noi subiamo una spezzatura tra il significato materiale e quello spirituale della nostra eredità nazionale.<ref>Ben- Ami Feingold, "Hebrew Holocaust Drama as Modern Morality Play", in Ben-Zvi, ''Theatre in Israel'', pp. 269-83; p. 273, tradotto da ''Herut'' (6 dicembre 1963).</ref>}}
E
{{q|Dal punto di vista del nostro diritto morale... chi siamo?... come viviamo... qui vedo una dicotomia tra la realtà esterna e l'identità interiore. Il mio problema è la persona che si è impegnata ad accettare l'eredità senza accettarne le implicazioni riguardo alla sua identità.<ref>Glenda Abramson, ''Modern Hebrew Drama'', Weidenfeld & Nicolson, 1979, p. 34.</ref>}}
Il dramma creò scalpore nel 1963. Un critico, A. Ber Meir, scrisse che il dramma era "una profanazione della sacra memoria delle vittime dell'Olocausto e provoca repulsione allo spettatore".<ref>''Ibid.'', p. 35</ref>
 
 
Line 29 ⟶ 34:
<references/></div>
 
{{Avanzamento|2550%|218 febbraio 2020}}
[[Categoria:Interpretazione e scrittura dell'Olocausto|Israele]]