Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Appendice storica: differenze tra le versioni

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Tuttavia, si può sostenere che per gli anni Trenta tale retorica e la legislazione antisemita non furono né insolite né inattese. Né furono limitate alla Germania. "Senza dubbio gli ebrei non sono un popolo adorabile", commentò Chamberlain sulla difficile situazione degli ebrei tedeschi nel 1939, "Non piacciono neanche a me."<ref>Gilbert, ''The Holocaust'', p. 81.</ref> Gran parte del linguaggio di Hitler riguardo agli ebrei derivava da un'iperbole religiosa che aveva una lunga tradizione in Europa. [[w:Guenter Lewy|Günter Lewy]] ha documentato come l'antisemitismo fosse parte integrante della civiltà occidentale sin dall'arrivo del cristianesimo.<ref>Gunter Lewy, ''The Catholic Church and Nazi Germany'', Weidenfeld and Nicolson, 1964.</ref> L'ebraismo che continuava dopo la nascita di Cristo era una contraddizione diretta della validità del cristianesimo e una sfida alla preminenza sociale e culturale dei cristiani. L'unico modo in cui i cristiani potevano reagire era o di persuadere gli ebrei di essere stati fuorviati e convertirli o diffamarli come aveva fatto Martin Lutero.<ref>Uriel Tal, ''Christians and Jews in Germany'', trad. {{en}} Noah Jonathan Jacobs, Cornell University Press, 1975, pp. 150-1. Si veda anche Gilbert, ''The Holocaust'', p. 19.</ref> La soluzione definitiva al dilemma continuativo della Chiesa cristiana fu quello di rimuovere tutti gli ebrei. Da qui le espulsioni di massa di ebrei da molti paesi europei durante la prima parte del secondo millennio.<ref>Ian Bild, ''The Jews in Britain'', Batsford Academic and Educational Books, 1984, p. 8: Gli ebrei d'Inghilterra furono espulsi nel 1290; Richard David Barnett, ''The Jews of Spain and Portugal Before and After the Expulsion of 1492'', Valentine Mitchell, 1971: Gli ebrei sefarditi della Spagna furono espulsi in 1492 ed il Portogallo espulse i propri ebrei cinque anni dopo.</ref>
 
Ma gli storici funzionalisti, come [[:en:w:Christopher Browning|Christopher R. Browning]],<ref>Christopher R. Browning, ''The Final Solution and the German Foreign Office'', Holmes and Meier, 1978.</ref>sostengono che la "Soluzione Finale" fu concordata solo quando non fu disponibile nessun 'altra opzione per i nazisti nella loro ricerca di formare una Germania ''Judenrein''. Fino a quel momento, l'emigrazione e l'espulsione erano le armi principali per stabilire una patria puramente ariana. In altre parole, fino al 1941, il trattamento di Hitler nei confronti degli ebrei non era una novità nella storia europea:
{{q|La politica ebraica tedesca non fu il risultato di un complotto cospiratore nato nella mente di Hitler in seguito alla sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale e poi condotto con fine unico e paziente astuzia mediante lo strumento di una dittatura monolitica. Si evolse da una congiuntura di diversi fattori di cui l'antisemitismo di Hitler era solo uno. Negare l'esistenza di un modello hitleriano di lunga data per lo sterminio degli ebrei non nega la centralità dell'antisemitismo nell'ideologia sociale darwiniana di Hitler.<ref>Browning, ''The Final Solution'', p. 1.</ref>}}
Browning e [[:en:w:Karl Schleunes|Karl A. Schleunes]] sostengono che il percorso verso la Soluzione Finale fu una "strada contorta". Due caratteristiche del regime nazista contribuirono a questa graduale progressione nella politica e nell'applicazione. In primo luogo, il Terzo Reich non era uno stato monolitico in cui "ogni cosa veniva decisa al vertice e condotta tramite una catena di assoluta obbedienza che scendeva giù fino ai livelli più bassi". <ref>Browning, ''The Final Solution'', p. 2.</ref> Piuttosto, Hitler era un "monarca feudale" che sorvegliava i suoi "capi nazisti" mentre lottavano per il potere e cercavano di ingraziarsi con il loro Führer. In secondo luogo, poiché Hitler voleva un'Europa ''Judenrein'' sopra ogni altra cosa, la politica ebraica era un'area che i singoli nazisti potevano usare per far carriera. Browning cita la rivalità tra Goring e Goebbels che combatterono per la preminenza nel gestire il ''Judenfrage'' (la questione ebraica). "Date le dinamiche del sistema politico nazista", sostiene Browning, «le soluzioni finali» inevitabilmente diventarono le uniche degne di essere presentate al Führer, e non c'è da sorprendersi che alla fine prevalesse la soluzione più definitiva, lo sterminio."<ref>''Ibid.''</ref> Ma Browning sottolinea anche le considerazioni pragmatiche legate all'elaborazione della politica ebraica. Egli sostiene che i nazisti si concentrarono inizialmente sul rendere la vita il più insopportabile possibile per gli ebrei in Germania onde incoraggiare l'emigrazione.<ref>Tuttavia Hitler aveva anche reso molto difficile l'emigrazione per gli ebrei, limitando l'emissione dei visti di uscita e creando la tassa sull'emigrazione. Inoltre, alle famiglie ebree era permesso di prelevare dal paese solo un importo minimo di patrimoni finanziari.</ref> Quando ciò fallì, ricorsero all'espulsione. La serietà con cui i nazisti consideravano seriamente l'emigrazione può essere giudicata dalla loro partecipazione alla [[w:Conferenza di Evian|Conferenza di Evian]] del 1938. [[w:Hermann Göring|Göring]], capo del dipartimento per gli affari ebraici, mandò il ministro dell'economia, [[w:Hjalmar Schacht|Hjalmar Schacht]], a negoziare quello che in seguito divenne noto come il Piano Schacht-Rublee. La Conferenza di Evian fu un forum internazionale per esaminare il problema dei profughi europei e in particolare i profughi tedeschi. Tuttavia, il comitato esecutivo della Conferenza di Evian non riuscì a trovare né aree di insediamento per i profughi ebrei né le risorse monetarie per finanziare un simile insediamento, anche se i nazisti, ponendo una tassa di emigrazione sugli ebrei, speravano di generare parte delle risorse necessarie richiesto da altri paesi per facilitare l'insediamento.<ref>''Ibid.'', p. 4.</ref>