Ebrei e Gentili/Digressione: differenze tra le versioni

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Prima di entrare in materia, è cruciale sottolineare una frase del precedente capitolo. Ho asserito che per Maimonide la chiave dell'immortalità (cioè, avere una porzione nel Mondo a venire) è l'accettazione intellettuale del contenuto dei primi cinque principi di fede (l'esistenza di Dio, la Sua unità, incorporeità e precedenza, e che Dio è l'unico oggetto permesso di adorazione).<ref>Nell'usare la parola "contenuto" non sto cercando di eludere un qualche problema fraseologico. Maimonide non si era cristallizzato su un linguaggio specifico per i suoi Tredici principi, e li esprimeva in modi differenti in punti differenti (vedi specialmente ''MT'' "Leggi del Pentimento", 3).</ref> In altre parole, sostengo che, quando Maimonide afferma che una persona che soltanto dubiti uno qualsiasi degli altri otto principi perde la sua porzione nel Mondo a venire, egli sta scrivendo persuasivamente, e non intende veramente ciò che dice.<ref>In questo Maimonide credeva di seguire la via di Dio. Si sarebbe tentati addirittura di scrivere: ''diber rambam kilshon elohim'' — Maimonide parlava la lingua di Dio.</ref>
 
Si cosa mi baso per questa affermazione? In primo luogo, come abbiamo visto ''supra'', Maimonide ripetutamente afferma o assume implicitamente la verità della dottrina dell'intelletto acquisito, secondo cui l'immortalità dipende dalla comprensione, in un modo o nell'altro, delle verità su Dio.<ref>Di nuvo faccio qui rtiferimento all'importante discussione di W.Z. Harvey in "R. Hasdai Crescas' Critique".</ref> In altre parole, egli non ha nessun meccanismo disponibile per cui possa escludere dal Mondo a venire coloro che capiscono e accettano gli insegnamenti inclusi nei Principi 1-5 mentre invece dubitano o addirittura rifiutano i Principi 6-13.
 
Secondo, ci sono una quantità di passi specifici nella ''Guida dei perplessi'' in cui Maimonide distingue il carattere "salvifico" del contenuto dei primi cinque principi dal contenuto dei rimanenti principi. Con ciò intendo che egli rende l'attualizzazione dell'intelletto (e quindi il guadagnarsi una porzione nel Mondo a venire) dipendente dalla conoscenza di Dio. Persino degli errori in buona fede riguardo a queste materie escludono uno dal Mondo a venire. Ciò non accade per errori in buona fede riguardo ad altre materie.
 
Pertanto, in ''Guida'' i.35, Maimonide implicitamente fa la distinzione qui postulata; poi la usa per distinguere tra errori accettabili e inaccettabili nel capitolo seguente. In i.34 Maimonide aveva spiegato che molte materie metafisiche devono essere mantenute nascoste alle masse, alle quali mancano gli strumenti per capirle. Poi apre i.35 con le seguenti parole (p. 79):
{{q|Non pensare che tutto quello che abbiamo esposto nel precedenti capitoli in merito alla grandezza e alla natura nascosta della materia, la difficoltà nell'apprenderla, e il doverla tenere nascosta alla moltitudine, si riferisca anche alla negazione della corporeità di Dio e alla negazione del Suo essere soggetto ad affetti. Non è così.}}
Proprio come anche ai bambini si deve insegnare che Dio è uno, Maimonide continua a spiegare, così bisogna loro insegnare che Dio non ha corpo e non è soggetto ad emozioni umane. Il punto viene sottolineato successivamente nel capitolo:
{{q|la negazione della dottrina della corporeità di Dio e la negazione del Suo avere somiglianza a cose create e del Suo essere soggetto ad affetti sono questioni che devono essere rese chiare e spiegate a tutti secondo le rispettive capacità e devono essere inculcate in virtù dell'autorità tradizionale in bambini, donne,<ref>Mi affretto a notare che, nonostante questa asserzione e altre simili, Maimonide fu uno delle poche figure medievali (in una qualsiasi delle tradizioni religiose occidentali) a sostenere che le donne erano create ad immagine di Dio tanto quanto gli uomini. Si vedano i relativi studi nella ''[[Serie maimonidea]]''.</ref> persone stupide, e coloro di diposizione naturale difettosa, proprio nello stesso modo in cui adottano la nozione che Dio è uno, che Egli è eterno, e solo Lui debba essere adorato. (p. 81)}}
Maimonide continua a spiegare che unità implica incorporeità e conclude il capitolo affermando fortemente che attribuire corporeità a Dio è sullo stesso piano d'essere atei o idolatri:
{{q|non è permissibile che la credenza nella corporeità di Dio o che Egli sia fornito di concomitanti del corpo<ref>Tali concomitanti, è importante specificare, includono le emozioni.</ref> si stabilisca nella mente di una persona quanto non è permissibile che si intrattenga la credenza nell'inesistenza della divinità, o che la si associ ad altri dei con Lui,<ref>Pines nota: "qui si impiega il solito termine arabo usato per il politeismo".</ref> o l'adorazione di altri oltre a Lui.}}
In ''Guida'' i.36 Maimonide usa i punti esposti in i.35 per distinguere quella che chiama infedeltà inscusabile ("credenza in una cosa che è differente da quello che la cosa è veramente", p. 83),<ref>Pines nota: "La parola usata per "infedeltà" è ''kufr'', termine il cui significato usuale è approssimativamente: incredulità in uno o più dogmi religiosi."</ref> da ignoranza scusabile ("ignoranza di ciò che è possibile conoscere"). Maimonide vuole dimostrare che, rispetto alla corporeità di Dio, non c'è differenza: ignoranza è infedeltà ed entrambe provocano univocamente l'ira di Dio. Le masse no devono certo diventare filosofi, ma devono trovare buoni insegnanti:
{{q|Di conseguenza non ci sono scuse per colui che non accetta l'autorità di uomini che ricercano la verità e si impegnano in speculazioni se egli stesso è incapace di impegnarsi in tali speculazioni. Non considero infedele colui che non può dimostrare che la corporeità di Dio deve essere negata. Ma ma invero considero infedele colui che non crede nella sua negazione. (p. 85)}}
Sono solo gli errori su Dio che costituiscono infedeltà. Se Maimonide fosse serio nelle sue asserzioni riguardo alla necessità salvifica di accettare tutti i principi, nessun errore che li riguardasse potrebbe essere tollerato.
 
La distinzione che sto cercando di dimostrare qui viene anche allusa in ''Guida'' iii.28 (p. 512):
{{q|...}}