Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Transizione: differenze tra le versioni

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Tuttavia i cineasti tedeschi nella zona sovietica descrivevano i vari gruppi perseguitati come vittime uguali in quella che era definita una guerra di classe.<ref>Ironia della sorte, in URSS, l'antisemitismo aveva una lunga tradizione e doveva essere usato molte volte dopo il 1945 come mezzo d'oppressione politica o per generare isteria di massa.</ref> "L'obiettivo principale dei loro film sembra essere quello di glorificare il lavoratore socialista", scrivono Robert e Carol Reimer.<ref>Robert C. Reimer & Carol J. Reimer, ''Nazi-retro Film. How German Narrative Cinema Remembers the Past'', Macmillan International, 1992, p. 133.</ref> Secondo le storie di questi film, il proletariato tedesco era stato oppresso dai nazisti fascisti e la responsabilità dei campi di sterminio era condivisa dai "pochi" al potere. I fascisti erano stati sconfitti dai "veri" democratici, i comunisti. La popolazione tedesca stessa era stata vittima. La parola "liberati" divenne la pietra angolare della narrativa bellica comunista. I tedeschi non erano stati "sconfitti" ma salvati dai russi e, soprattutto, dalla loro stessa resistenza comunista. Molta importanza venne data all'attività anti-nazista tedesca e si cercò una continuità tra la resistenza comunista tedesca e le figure tedesche emergenti nell'arena politica del settore sovietico.<ref>Judith Ryan, ''The Uncompleted Past. Postwar Gennan Novels and the Third Reich'', Wayne State University Press 1983, p. 16.</ref> Nel settore orientale non ci fu quindi l'"Ora Zero". Fin dall'inizio si cercò di identificare il nuovo Stato emergente con la resistenza tedesca e il comunismo sovietico.
 
In ogni modo, in contrasto con questa emergente storiografia sovietica, alcuni film della Germania orientale si concentrarono sulla specifica catastrofe ebraica. L’''Affare Blum'', per esempio, si basava su un noto processo antisemita che ebbe luogo nella Germania provinciale negli anni ’20, dove un uomo d'affari ebreo fu incastrato per omicidio. ''[[:en:w:Marriage in the Shadows|Ehe im Schatten]]'' ("Matrimonio tra le ombre", 1947) del regista [[w:Kurt Maetzig|Kurt Maetzig]], racconta la storia dell'attore Joachim Gottschalk, e di sua moglie ebrea, Meta Wolff, che furono portati al suicidio dalla persecuzione nazista. Ma molti altri cineasti si concentrarono sulla classe operaia tedesca e, dove si faceva riferimento alle atrocità, personaggi polacchi o non specifici furono sostituiti agli ebrei. Per il pubblico della Germania orientale la tragedia ebraica cominciò a scomparire dal racconto di guerra.
 
Mentre i cineasti che lavoravano tramite il DEFA stavano tentando di venire a patti con il recente passato, gli americani inondavano la loro zona di film di guerra americani con i loro temi moralistici generalizzati e le rappresentazioni del normale soldato "bravo ragazzo" contrapposto a generali burocratici e disumani.<ref>Kaes, ''From Heimat to Hitler'', p. 17. Più della metà dei 244 film proiettati nella Germania Ovest tra la fine della guerra ed il 1959 furono americani.</ref> I teatri riaperti nella zona britannica sfornarono produzioni di [[w:John Boynton Priestley|J. B. Priestly]] e [[w:T. S. Eliot|T. S. Eliot]] mentre i francesi, nel complesso, davano la preferenza a classici come quelli di [[w:Molière|Molière]].<ref>Licht-Knight, ''Reconstruction in the West German Theatre'', p. 61. La'' Comédie-Française'', per esempio, andò in ''[[w:tournée|tournée]]'' subito dopo la guerra con ''[[w:Il Tartuffo|Il Tartuffo]]''.</ref>
 
Mentre gli alleati occidentali si stavano così dibattendo nel mare teatrale, i tedeschi stessi stavano tentando di riconciliarsi con il loro recente passato tramite film e drammi. ''[[:en:w:Morituri (1948 film)|Morituri]]'' (1946), diretto da [[:en:w:Artur Brauner|Arthur Brauner]], per esempio, fu ambientato in un campo di concentramento e ''[[:en:w:Long Is the Road (film)|Lang ist der Weg]]'' ("Lunga è la strada", 1947), diretto da [[:en:w:Herbert B. Fredersdorf|H. B. Fredersdorf]] e M. Goldstein, fu particolarmente popolare. Seguiva il destino della comunità ebraica a Berlino dal ghetto del 1939 fino alla sua fine nei campi:
{{q|Questo e altri film simili hanno fatto una forte impressione sul pubblico. Il sentimento di rimorso per ciò che è stato fatto dai tedeschi, il sentimento di vergogna e, talvolta, di colpa – emozioni considerate indispensabili per il recupero spirituale della Germania – sono state esposte nei cinema più che in qualsiasi altra occasione.<ref>Reimer, ''Nazi-retro Film'', p. 109, che cita Egon Larson in ''Sight and Sound'', 1947.</ref>}}
Emozioni simili furono mostrate anche al teatro. Sin dai tempi di Schiller, il palcoscenico ha svolto un servizio fondamentale nei paesi di lingua tedesca come forum di dibattito filosofico. Dopo il 1945, come sempre, le preoccupazioni del pubblico si fecero strada sul palcoscenico. Egbert Krispyn ha sostenuto che "dal 1945 al 1947 vi fu una stagnazione letteraria quasi totale".<ref>Krispyn, ''Anti-Nazi Writers in Exile'', p. 151.</ref> Eppure molti teatri, come il Munich Karnmerspiele, sopravvissero alle incursioni aeree e, come ha dimostrato L. Licht-Knight, questi teatri sopravvissuti ricevettero aiuti finanziari e materiali per rimettersi in piedi.<ref>Licht-Knight, ''Reconstruction in the West German Theatre'', p. 18. In 1946, per esempio, la English Shakespeare Society fece donativi di materiali di scena e costumi al Parktheater der Stadt Bochum.</ref> [[:en:w:Carl Ebert|Carl Ebert]], che lavorava per gli alleati, notò persone in fila per più di due ore sotto la pioggia battente per procurarsi i biglietti.<ref>Cecil W. Davies, ''Theatre for the People: The Story of the Volksbühne'', Manchester University Press, 1977, p. 117.</ref> Peter Brook in viaggio per la Germania nel 1946 notò:
{{q|Nella struttura bruciata dell'Opera di Amburgo era rimasto solo il palcoscenico stesso — ma un pubblico ci si radunò sopra mentre, contro la parete di fondo su un set traballante, i cantanti si arrampicavano su e giù per esibirsi nel ''Barbiere di Siviglia'', e nulla avrebbe impedito loro di farlo. In una piccola soffitta cinquanta persone si stiparono insieme, mentre nei pochi centimetri di spazio rimanente una manciata di attori importanti continuava risolutamente a praticare la propria arte. In una Düsseldorf in rovina, un Offenbach minore che trattava di trafficanti e banditi, riempiva il teatro di gioia. Non c'era nulla da discutere, niente da analizzare: in Germania quell'inverno, come a Londra qualche anno prima, il teatro stava reagendo alla fame.<ref>Peter Brook, ''The Empty Stage'', Pelican Books, 1972, p. 49.</ref>}}
Tuttavia, nuovi scritti erano scarsi. Gli autori più anziani (come Georg Kaiser) erano morti e gli esiliati di ritorno (come Thomas Mann) furono visti con sospetto.<ref>Gli esiliati di ritorno, desiderosi di ricominciare a lavorare, furono trattati con sospetto. Molti erano considerati traditori. Thomas Mann suscitò in particolare l'ira dei suoi connazionali. La sua serie di trasmissioni radiofoniche mensili ai tedeschi sulla BBC aveva provocato rabbia. Mann si era sforzato di far aprire gli occhi e i cuori della sua gente ai mali del nazismo, ma a quei tedeschi che erano rimasti il suo atteggiamento apparì solo vendicativo, ostili e ignorante.</ref> Inoltre, la situazione finanziaria era disperata. I gestori teatrali erano riluttanti a investire lo scarso denaro in imprese rischiose e autori sconosciuti. In effetti, solo tre nuove opere degne di nota, di drammaturghi indigeni, furono messe in scena prima del 1948.<ref>''[[w:Draußen vor der Tür|Draußen vor der Tür]]'' ("Fuori davanti alla porta") di [[w:Wolfgang Borchert|Wolfgang Borchert]]; ''Der öffentliche Ankläger'', 1949, di [[w:Fritz Hochwälder|Fritz Hochwälder]]; ''Die Verschwörung'' di [[:en:w:Walter Erich Schäfer|Walter Schafer]]. Un quarto è ''Primavera di promesse'' di H.J. Reyfish che ebbe la prima nel 1946.</ref>
 
Quando l'entità delle atrocità dei campi di concentramento divenne nota, una combinazione di colpa, elusione e preoccupazioni materiali immediate rese discutibile se si potesse articolare una risposta adeguata così presto. Complice di questo sentimento fu la questione della "rappresentazione". La sensazione generale era che la vastità dell'Olocausto era tale che qualsiasi tentativo di descriverlo avrebbe ridotto e banalizzato l'evento. Nel 1947 il filosofo francese e membro della resistenza, [[w:David Rousset|David Rousset]], scrisse de l’''universe concentrationnaire'' (''l’universo concentrazionario'').<ref>David Rousset, ''The Other Kingdom'', trad. {{en}] Raymond Guthrie, Reynal & Hitchcock, 1947, pp. 101-2 (''L’universo concentrazionario''; traduzione di Lucia Lamberti; con un saggio di Giovanni De Luna, Baldini&Castoldi, 1997).</ref> Per lui, come commentò Rudolf Hoëss a Norimberga, Auschwitz fu "un altro pianeta". In quanto tale, era fuori dall'immaginazione di coloro che non l'avevano vissuto. Immaginarsi su un terreno del genere era impossibile.
 
Un sondaggio sul repertorio offerto nei teatri riaperti indica che la propensione iniziale era per i classici tedeschi, in particolare quelli dell'Illuminismo. Le opere di Lessing, Schiller e Goethe suscitarono particolare attenzione. L'interruzione dei servizi di stampa e dell'editoria aveva impedito la diffusione di opere teatrali nuove o relativamente sconosciute e fu mediante i classici tedeschi che la storia recente fu investigata. Ma l'attrazione più importante di questi testi era che incarnavano non solo l'apice della cultura tedesca, ma gli ideali della filosofia illuminista che erano radicati nella ricerca della verità morale. In un momento in cui i tedeschi erano costretti ad affrontare le testimonianze più dannose della loro capacità di depravazione, c'era una necessità di riscoprire ciò che era "buono" nel retaggio tedesco. La nazione doveva rivendicare se stessa e mettere in discussione la sua colpevolezza, ma da una distanza critica.
 
''[[w:Nathan il saggio|Nathan il saggio]]'' di Lessing fu dato al [[w:Deutsches Theater|Deutsches Theater]] di Berlino il 7 settembre 1945. Fu diretto da [[:de:w:Fritz Wisten|Fritz Wisten]], attore e regista ebreo-austriaco.<ref>Fritz Wisten era stato un membro del Jüdischer Kulturbund, poi internato in un campo di concentramento.</ref> La storia di un ebreo che perde la moglie e i sette figli in un pogrom cristiano al tempo delle Crociate in Terra Santa aveva evidenti parallelismi con la storia recente. Alcune settimane dopo la prima di Berlino, le produzioni di ''Nathan il saggio'' furono aperte a Bonn, Monaco, Mannheim, Gießen e Stoccarda. Il Deutches Theater conservò l'opera nel suo repertorio fino ai primi anni ’50 e fu il dramma classico più rappresentato per i primi cinque anni postbellici.
 
È discutibile fino a che punto produzioni come ''Nathan il saggio'' abbiano fornito un percorso per la catarsi nazionale. La distanza temporale permise una fuga dal confronto coi dettagli della realtà storica. Tuttavia è dubbio che i tedeschi potessero confrontarsi con realtà politiche così presto. L. Licht-Knight scrive che la produzione di Wisten evitò un riferimento specifico alla storia recente. La sua attenzione non era rivolta al tema dell'antisemitismo ma piuttosto alle qualità fiabesche della storia.<ref>Licht-Knight, ''Reconstruction in the West German Theatre'', capitolo 3.</ref> Wisten, era un ex detenuto dei campi e sembra quindi dubbio che egli fosse contrario a riproporre il passato recente. Sembra probabile che produzioni oblique come ''Nathan'' tendessero a trovare favore non solo perché il tema dell'antisemitismo era delicato ma perché le presentazioni sul palco, a differenza della letteratura, si basano sulle immagini visive e sulla natura collettiva di una reazione del pubblico. I tedeschi avevano visto le foto dei campi nei loro giornali, sui poster degli Alleati e nell'oscurità dei cinema. Non avevano bisogno di confrontarsi con le stesse immagini in un'arena pubblica che cercava una reazione pubblica.
 
Osservando l'esempio di ''Nathan il saggio'' e anche attenti alle attività sovietiche nella sfera culturale, gli alleati occidentali compresero il potenziale del teatro come mezzo educativo.<ref>''Ibid.'', p. 30-3. L'americano Benno D. Frank, dell'Information Cultural Division, presentò un rapporto nel marzo 1947: "Da secoli il popolo tedesco è stato addestrato a credere nel teatro come grande istituzione educativa paragonabile solo all'importanza delle università nel sistema di vita americano."</ref> Le opere di scrittori esilisti antinazisti vennero autorizzate nella convinzione che i messaggi antifascisti delle opere teatrali avrebbero aumentato il processo di rieducazione. Fondamentalmente, la maggior parte di questi spettacoli si riferiscono o si concentrano sul movimento della Resistenza tedesca. L'immagine di tedeschi con una mentalità etica faceva ovviamente appello alle forze di occupazione e alla sensibilità tedesca. Per le autorità i drammi erano illustrazioni di come i tedeschi avrebbero dovuto reagire alla "dittatura" fascista. Ai tedeschi offrivano una visione alternativa degli eventi alle nuove generazioni e al mondo esterno. La stagione invernale-estiva 1946/7 nella sola Berlino testimonia
la necessità di stabilire il movimento di resistenza come immagine preferenziale della Germania in tempo di guerra. ''Pastor Hall (Il pastore Hall)'' di [[w:Ernst Toller|Ernst Toller]], su un pastore protestante internato in un campo di concentramento, aprì a Berlino il 25 gennaio; il dramma di [[w:Lillian Hellman|Lilian Hellman]] del 1941, ''[[w:Quando il giorno verrà|Watch on the Rhine (Quando il giorno verrà)]]''<ref>Lilian Hellman, ''Watch on the Rhine'', in Lilian Hellman, ''6 Plays'', Vintage, 1979.</ref> su una famiglia americano-tedesca impegnata nella resistenza anti-nazista, fu inaugurato al Teatro Hebbel a febbraio; e a giugno ''Jacobowsky e il colonnello'' di Werfel ebbe la sua prima in Germania. Questa serie di opere teatrali continuò con la produzione di scene del dramma ''[[w:Terrore e miseria del Terzo Reich|Terrore e miseria del Terzo Reich]]'' di Brecht prodotte da [[:en:w:Wolfgang Langhoff|Wolfgang Langhoff]] al Deutsches Theater nel 1948.<ref>Langhoff era subentrato alla direzione del Deutsches Theater al suo ritorno in Germania nel 1945. Era uno degli attivisti anti-nazisti più visibili. Prima del 1933 era stato un attore a Düsseldorf fino a quando non era stato mandato nel campo di concentramento di Borgermoor per attività comuniste. Rilasciato nel 1934, fuggì in Svizzera dove divenne uno degli attori più importanti della Schauspielhaus di Zurigo. Fu lì che scrisse le sue memorie ''[[:en:w:Peat Bog Soldiers|Die Moorsoldaten]]: 13 Monate Konzentrationslager'' che fu pubblicato in Svizzera nel 1935 e successivamente tradotto in ventotto lingue.</ref> Ma il più ampiamente interpretato di tutti i drammi d'esilio fu ''[[w:Il generale del diavolo|Il generale del diavolo]]'' di Zuckmayer.