Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Reazione artistica: differenze tra le versioni

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Durante i suoi ultimi giorni nel ghetto di Riga, si dice che lo storico ebreo Solomon Dubnow abbia raccomandato a tutti gli ebrei che incontrava: "Scrivilo. Registralo!"<ref>Israel Gutman, "Simon Dubnow", in ''[[w:Encyclopaedia Judaica|Encyclopaedia Judaica]]'', pp. 408-9.</ref> Quando gli artisti scelsero di creare per se stessi, fu principalmente a causa di una schiacciante necessità di testimoniare o registrare prove che avrebbero potuto poi essere fatte uscire di nascosto per avvisare il mondo. Come scrisse un osservatore nel ghetto di Lodz, nel luglio 1944:
{{q|Continuo a sognare, a sognare la sopravvivenza e a guadagnare fama per "raccontare" al mondo, "raccontare e protestare".<ref>Lapides & Adelson, ''The Lodz Ghetto'', p. 5.</ref>}}
Per molti, incluso Alexander Donat, la testimonianza diede "la forza di sopportare qualsiasi cosa" e un motivo per vivere.<ref>Des Pres, ''The Survivor'', p. 31.</ref> Poesie, scritti, fotografie, persino gli artisti stessi vennero portati fuori dai ghetti.<ref>Harshav, ''Abraham Sutzkever'', p. 20.</ref> La grande quantità di diari e frammenti di appunti scritti dagli abitanti del [[w:Ghetto di Łódź|ghetto di Lodz]], riprodotti da A. Adelson e R. Lapides nel loro ''The Lodz Ghetto'' testimoniano una forte necessità di registrare eventi anche se tale impresa minacciava la sopravvivenza. Ad esempio, [[w:Mendel Grossman|Mendel Grossman]] e [[w:Henryk Ross|Henryk Ross]] scattarono foto segrete delle prime deportazioni da Lodz con una macchina fotografica Leica nascosta in una valigetta.<ref>Lapides & Adelson, ''The Lodz Ghetto'', pp. 462-3.</ref> [[:en:w:Roman Vishniac|Roman Vishniac]], tornando in Europa, si travestì da nazista per fotografare ciò che stava accadendo: "Vivevo in Germania negli anni Trenta, e sapevo che Hitler aveva fatto sua missione di sterminare tutti gli ebrei, in particolare i bambini e le donne che potevano aver figli in futuro."<ref>''The Guardian'' (21 gennaio 1990). Per una raccolta di sue fotografie, si veda Roman Vishniac, ''A Vanished World'', prefazione di [[w:Elie Wiesel|Elie Wiesel]], Allen Lane, 1983.</ref>
 
Questo impulso documentativo e il suo equivalente artistico, il naturalismo, scavalcò qualsiasi altro sistema creativo o interpretativo. [https://www.jewishvirtuallibrary.org/ziva-amishai-maisels Ziva Amishai-Maisels], studiando l'arte grafica prodotta nei ghetti e nei campi, arrivò a una conclusione simile:
{{q|La maggior parte degli artisti, qualunque fosse il loro stile precedente, optò per descrizioni naturalistiche della vita da campo.<ref>Amishai-Maisels, "The Complexities of Witnessing", p. 25.</ref>}}
 
Le opere di [[:en:w:Alfred Kantor|Alfred Kantor]] che descrivono il suo tempo a Terezin sono sopravvissute intatte a differenza dei suoi originali di Auschwitz, le cui scene egli dovette disegnare rapidamente per imprimerle nella sua memoria e quindi distruggere l'originale prima di essere catturato.<ref>Alfred Kantor, ''The Book of Alfred Kantor. An Artist's Journal of the Holocaust'', prefazione di John Wykert, Piatkus, 1971.</ref> Dieci settimane dopo la liberazione, nel luglio del 1945, quando si stava riprendendo in un campo di sfollati a Deggendorf, in Baviera, chiese materiali per ricreare le opere distrutte dalla memoria. Non c'è alcuna differenza evidente nello stile tra gli originali di Terezin e le sue ricreazioni di Auschwitz realizzate a Deggendorf. La maggior parte dell'arte grafica prodotta nei ghetti e nei campi è naturalistica e il grosso degli scritti esistenti sono documentativi.
 
Tuttavia, come sottolinea James E. Young, testimoniare era un comandamento biblico. Il Talmud istruisce che un evento ingiusto deve essere segnalato per legge in modo da informare gli altri.<ref>James E. Young, ''Writing and Re-writing the Holocaust. Narratives and Consequences of Interpretation'', Indiana University Press, 1988, p. 18.</ref> Poiché la testimonianza proviene da un imperativo biblico, occupa un'area grigia tra documentazione e rito religioso. Ad esempio, il 16 gennaio 1940, Chaim A. Kaplan scrisse: "Sto rispettando un obbligo nazionale, un obbligo storico che non sono libero di abbandonare".<ref>''The Warsaw Diary of Chaim A. Kaplan'', p. 103.</ref> Anche il suo collega, [[w:Emanuel Ringelblum|Emanuel Ringelblum]], teneva un diario nel ghetto di Varsavia nello stesso periodo.<ref>Emanuel Ringelblum, ''Notes from the Warsaw Ghetto'', trad. {{en}} Jacob Sloan, Schocken Books,
1974.</ref> Chaim A. Kaplan era un insegnante di ebraico ed Emanuel Ringelblum uno storico che aveva contribuito a creare la sezione storica dell'[[:en:w:YIVO|Istituto Scientifico Yiddish a Vilna (YIVO)]]. Mentre Kaplan scriveva da un punto di vista [[w:Ebraismo ortodosso|ortodosso]] e interpretava gli eventi in modo biblico, il diario di Ringelblum si legge come una registrazione documentaria di eventi quotidiani da una prospettiva secolare.
 
Molti scrivevano in modo che altri potessero interpretare ciò che loro stessi non potevano. Sia Ringelblum che Kaplan suggeriscono che i loro diari non fossero altro che "appunti" casuali ad uso di un futuro storico.<ref>Si veda, per esempio, ''The Warsaw Diary of Chaim A. Kaplan'', p. xxvii.</ref> Si ha l'impressione che molti di questi scrittori semplicemente non fossero in grado di interpretare ciò che stava accadendo alle loro comunità. "È al di là della mia penna descrivere la distruzione e la rovina", registrava Kaplan il 12 settembre 1939.<ref>''Ibid.'', p. 29.</ref> Sei settimane dopo scrisse: "Non ci sono abbastanza parole per descrivere la confusione nelle nostre menti."<ref>''Ibid.'', p. 56 (25 ottobre 1939).</ref> Le note di Janusz Korczak diventano sempre più schizofreniche, spostandosi rapidamente da un soggetto all'altro. Alla fine, la sintassi e la struttura sembrano essere state completamente abbandonate.
 
Il lavoro di molti artisti cambiò dopo la liberazione. Quando l'enormità dell'Olocausto divenne evidente, i sopravvissuti iniziarono a interpretare ciò che avevano vissuto. Negli ultimi mesi dell'incarcerazione di [[w:Zoran Mušič|Zoran Mušič]] a [[w: campo di concentramento di Dachau|Dachau]], egli realizzò una serie di schizzi naturalistici di cadaveri. Immediatamente dopo la liberazione ne rielaborò alcuni rendendoli più espressionisti.<ref>Amishai-Maishels, ''Art Confronts the Holocaust'', in ''After Auschwitz: Responses to the Holocaust in Contemporary Art'', Monica Bohm-Duchen, cur., Lund Humphries Publishers, 1995, p. 52.</ref> Esiste una differenza significativa tra l'arte dei sopravvissuti e quella creata ''in situ'' che non può essere sottovalutata. la prima è più autocosciente, consapevole del quadro completo e quindi interpretativa. Durante un trauma, l'artista sperimenta e registra ma non ha necessariamente la forza, il tempo o la capacità di riflettere. Solo in seguito, quando il loro pezzo di puzzle è stato integrato da altre testimonianze, l'individuo può riflettere e interpretare ciò che è accaduto. Molti sopravvissuti, nei primi anni del dopoguerra rimasero in silenzio riguardo alle loro esperienze. Alcuni impiegarono quasi cinquant'anni per parlare, riflettere e interpretare. Nel 1993, ad esempio, la [[w:British Library|British Library]] ha prodotto un libro parlante sui testamenti dei sopravvissuti. Per molti, questa era la prima volta che parlavano delle loro esperienze dopo la liberazione.<ref>''Voices of the Holocaust'', Londra: The British Library, 1993.</ref>
 
=== Rinnovare la fede religiosa ===
Nel cuore della tradizionale comunità ortodossa del Ghetto di Lodz, Simcha Bunim Shayevitsh scrisse un poema epico, ''[[w:Lekh lekha|Lekh Lekha (Vai avanti)]]''.<ref>Lapides & Adelson, ''The Lodz Ghetto'', pp. 2 16-30.</ref> Completato il 23 febbraio 1942, alla vigilia della deportazione, il poema è indirizzato al figlio dell'autore, Blimele. Shayevitsh tenta di spiegare perché devono lasciare il ghetto e cosa li aspetta. Inizia così:
{{q|''Bambina mia, il mondo è sempre lo stesso,<br/>
''È quello che una volta disse un famoso saggio,<br/>
''E te l'ho detto una volta anch'io<br/>
''La storia dei [[:en:w:Cantonist|Cantonisti]]...''<ref>''Ibid.'', p. 122.</ref>}}
Per Shayevitsh la storia è ciclica, il suo riferimento ai Cantonisti – giovani uomini ebrei costretti ad arruolarsi nell'esercito russo sotto [[w:Nicola I di Russia|Nicola I]] – aveva lo scopo di mettere in parallelo la difficile situazione dei suoi contemporanei. Shayevitsh vede la storia ebraica come un catalogo di persecuzioni. Per lui, la sofferenza e la morte attuali, come quelle vissute dai martiri del passato, non saranno prive di significato. Shayevitsh termina la poesia:
{{q|''E sebbene sotto i nostri passi stia la morte,<br/>
''Sopra di noi c'è la divina presenza di Dio.<br/>
''Quindi bambina, vai avanti con nuova abnegazione<br/>
''E con l'antico "Ekhad", l'unità di Dio<br/>
''[[w:Shemà|Shema Yisrael]]'' (Ascolta O Israele) ''Il Signore è Uno.''}}
Parimenti, registrata sia nel diario di Abraham Lewin che in ''Yediot'' (una pubblicazione del movimento sotterraneo [[:en:w:Habonim Dror|Dror]] nel ghetto di Varsavia), è la storia di Shlomo Zhelokhovski, un Hasid che faceva parte di un gruppo di ebrei condannati a morte.<ref>[https://www.yadvashem.org/education/educational-videos/video-toolbox/hevt-lewin.html Abraham Lewin, ''A Cup of Tears - A Diary of the Warsaw Ghetto''], Anthony Polonsky, cur., trad. {{en}} Christopher Hutton, Basil Blackwell, 1988, p. 120.</ref> Mentre si scavavano le loro tombe, Zhelokovski sollevò gli spiriti di tutti ricordando loro d'essere molto onorati di morire come martiri. Sia Lewin che ''Yediot'' notarono che cantava, lodando Dio, fino al momento in cui gli spararono.
 
 
 
 
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Karel Svenk.jpg|[[:en:w:Karel Švenk|Karel Švenk]]
Gebirtig.jpg|[[:en:w:Mordechai Gebirtig|Mordechai Gebirtig]]
Mendel Grossman, selfie.jpg|[[w:Mendel Grossman|Mendel Grossman]] (prima ''[[w:selfie|selfie]]'' storica!)
Gideon Hausner questions witness Henryk Ross during Eichmann-Trial USHMM No 65274.jpg|[[w:Henryk Ross|Henryk Ross]] testimonia al processo di Eichmann (1961)
Deportation.JPG|<small>Donne, anziani e bambini del ghetto di Łódź avviati verso il [[w:campo di sterminio di Chełmno|campo di sterminio di Chełmno]]</small>
Vishniac.jpg|[[:en:w:Roman Vishniac|Roman Vishniac]]
EmanuelRingelblum 1900-1944.jpg|[[w:Emanuel Ringelblum|Emanuel Ringelblum]]
Zoran Mušič.jpg|[[w:Zoran Mušič|Zoran Mušič]]
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