Storia della letteratura italiana/Teatro del Seicento: differenze tra le versioni
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{{quote|la persistenza e dunque la profondità del mito pastorale in una società gerarchicamente ordinata e sostanzialmente immobile come quella italiana cinque-settecentesca.<ref>{{cita libro | autore=Alberto Asor Rosa | titolo= Storia europea della letteratura italiana | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2009 | vol=II. ''Dalla decadenza al Risorgimento'' | p=66 }}</ref>}}
Un mito che si può far risalire all<nowiki>'</nowiki>''Orfeo'' (1479-1480) di [[../Poliziano|Poliziano]] e all<nowiki>'</nowiki>''Arcadia'' (1480) di [[../Jacopo Sannazaro|Sannazaro]], che attraversa il Cinquecento e il Seicento con la favola pastorale e che arriva fino al Settecento e all'[[../Accademia dell'Arcadia|Accademia dell'Arcadia]]. Massimo rappresentante di questa linea nella letteratura italiana barocca è '''Guidubaldo Bonarelli della Rovere''' (Pesaro, 25 dicembre 1563 – Fano, 8 gennaio 1608). La sua opera più importante è la ''Filli di Sciro'', che
La ''Filli'' riprende fedelmente i modelli di Tasso e Guarini, seguendo il gusto barocco per quanto riguarda la ricerca del sorprendete e dell'artificioso. La materia pastorale viene qui trattata con grazia ed eleganza: ciò che conta non è la narrazione, ma piuttosto l'armonia e la raffinatezza dei versi e della composizione. In seguito Bonarelli, per rispondere alle critiche giunte alla ''Filli di Sciro'', pronuncia nel 1606 di fronte agli Intrepidi i ''Discorsi del sig. conte Guidubaldo Bonarelli, accademico intrepido, in difesa del doppio amore della sua Celia'', che saranno pubblicati postumi nel 1612.<ref>{{cita libro | autore=Alberto Asor Rosa | titolo= Storia europea della letteratura italiana | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2009 | vol=II. ''Dalla decadenza al Risorgimento'' | p=67-68 }}</ref>
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