Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Reazione artistica: differenze tra le versioni

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{{q|Non esiste una descrizione adeguata di un momento nella musica in cui "Dies Jrae" e "Sanctus" furono cantati da un coro, tre quarti dei quali sapevano che sarebbero stati spediti in carri bestiame ad Auschwitz il giorno seguente. Questo concerto del ''Requiem'' penso che – più di tutti i giochi artificiali d'eroismo che erano più fittizi che veri – fu il massimo grido di protesta e il trionfo dello spirito umano e la sfida finale al nazismo: una sfida metafisica.<ref>Turma, Memories of Theresienstadt, p. 16.</ref>}}
Il diarista [[:en:w:Oskar Rosenfeld|Oscar Rosenfeld]] descrisse una Casa della Cultura che esisteva nel ghetto di Lodz con una capacità di 400 spettatori. Tra maggio e giugno 1942 furono prodotti una serie di concerti di Beethoven tra cui la sua [[w:Sinfonia n. 5 (Beethoven)|Quinta Sinfonia]]. Del terzo movimento in cui la "Morte" batte fragorosamente alla porta, Rosenfeld scrisse:
{{q|Il motivo della liberazione tuonava maestosamente durante tutta la grandine e il conduttore Ryder sembrava essere portatotrasportato via da questo finale. In quell'istante, la salvezza futura poteva quasi essere vissuta.<ref>R. Lapides e A. Adelson, curr., ''The Lodz Ghetto. Inside a Community Under Siege'', Viking Press, 1979, pp. 294-5.</ref>}}
Ancora una volta, l'ambiente immediato plasmava le possibilità pratiche e la potenziale ricezione del pubblico. Persone sull'orlo del collasso in un campo di sterminio ebbero la propria resistenza consumata al punto da considerare la sopravvivenza insignificante. [[:en:w:Charlotte Delbo|Charlotte Delbo]], una lavoratrice della Resistenza francese, incarcerata a Ravensbruck e poi ad Auschwitz, era stata una ''dramaturg'' con la compagnia parigina di Louis Jouvet prima della guerra. Durante un tour in Sud America nel 1941, lesse in un giornale di Buenos Aires che un suo amico era stato giustiziato a Parigi per atti di resistenza. Delbo decise di tornare immediatamente e fare ciò che poteva, insieme a suo marito che era anche nella Resistenza. In prigione e poi nei campi, Delbo recitava storie e frammenti di opere teatrali per sostenere gli spiriti delle persone. Ma a Birkenau, al limite della fame, dell'esaurimento mentale e fisico, la sua immaginazione morì:
 
{{q|Nel campo non si poteva mai fingere, mai rifugiarsi nell'immaginazione. Ricordo [[:en:w:Yvonne Picard|Yvonne Picard]], una mattina mentre trasportavamo mattoni dal cortile del demolitore. Due mattoni alla volta, da una pila all'altra. Camminavamo fianco a fianco [...] Quei mattoni erano pesanti e si facevano più pesanti col passare del giorno. Le nostre mani erano blu per il freddo, le nostre labbra screpolate. Yvonne mi disse:<br/>
 
"Perché non riesco a immaginare di trovarmi sul Boulevard Saint-Michel, camminando per andare a lezione con una manciata di libri?" E si mise i due mattoni sottobraccio, tenendoli come fanno gli studenti. "È impossibile." Non si può immaginare di essere qualcun altro o di essere altrove.<br/>
 
Provai a immaginare di essere altrove. Provavo a vedermi come qualcun altro, come un attore che fosse un altro. Ma no.<br/>
 
Ad Auschwitz, la realtà era così travolgente, la sofferenza, l'esaurimento, il freddo così estremo che non ci rimaneva energia per la finzione.<ref>Charlotte Delbo, ''La Mémoire et les Jours'', Berg International 1985, p. 12: "Au camp, on ne pouvait jamais faire semblant, jamais se réfuger dans l'imaginaire. Je me rappelle Yvonne Picart, un matin que nous portions des briques, sur un chantier de démolition. Porter deux briques a la fois, d’un tas à l’autre. Nous marchions a côte a côte... Lourdes, les briques s’alourdissaient à mesure qu’avançait le jour. Nos mains étaient bleues de froid, nos lèvres fendues par les gerçures. Yvonne me dit: 'Pourquoi ne puis-je m’imaginer que je suis boulevard Saint-Michel, que je me rends à mon cours, mes livres sur le bras?' et elle met ses deux briques sur son avant-bras, comme les étudiants portent leurs livres. 'C’est impossible. On ne peut s’imaginer, ni être autre, ni être ailleurs.'<br/>
Moi aussi, j’ai essayé souvent de m'imaginer que j’étais ailleurs. J’ai essayé de me voir autrement, comme lorsqu’on est transporté hors de soi, au théâtre, par exemple. Non.<br/>
A Auschwitz, la réalité était si écrasant, la souffrance, la fatigue, le froid si extrêmes, que nous n’avions aucune énergie de reste pour cet effort de dédoublement."</ref>}}
 
=== Teatro politico ===
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Abraham Sutzkever 1950.jpg|Abraham Sutzkever
Gideon Klein wiki.jpg|Gideon Klein
Charlotte Delbo.jpg|Charlotte Delbo, col tatuaggio del campo sul braccio sinistro
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